Lightbox Effect

Mario Merelli VS. Lhotse

Il Lhotse, quarta montagna più alta della Terra, è composto da tre vette ed è collegato direttamente all'Everest tramite l'alta dorsale del Coplle Sud. I primi a raggiungerne la vetta furono gli svizzeri Fritz Luchsinger ed Ernest Reiss il 18 maggio1956 nella spedizione coordinata da Albert Eggler.Oltre alla cima principale di 8.516 metri, sono presenti altre due cime secondarie: il Lhotse Mig (Est),8.414 m ed il Lhotse Shar, 8.383 m.Il Lhotse è indicato con la sigla E1 dal servizio cartografico dell' Índia, in quanto la montagna non pare avere un nome ufficiale ne in tibetano, ne in nepalese. Nell'agosto del 1921, Howard Bury non trovando un nome locale che definisse la montagna propose: Lhotse che in tibetano vuol dire picco sud, in quanto la sua cima si trova a sud dell'Everest ed è unito ad esso tramite il colle sud.

"Ehh il Lhotse è grande, è stata dura, una sfatigata del'ostrega" racconta Mario, e lo si può intuire dal respiro un po’ pesante e dall’insolito intercalare tra le parole “Sono arrivato poco fa qui, al 2. Ho trascorso la notte al campo 3, ero sfinito, scendendo avevo pensato di proseguire per raggiungere il campo 2, ma appena sono entrato in tenda per sciogliere un po’ di neve sono crollato, mi sono addormentato…”


Chris Sharma alla falesia di Ceüse, Haute Alpes, Francia

■Allora Chris, ce l’hai fatta!
Si, è stato bello, sono molto felice, è stata dura, durissima. Ora posso partire soddisfatto, veramente soddisfatto, anche se già so che questa condizione durerà poco. Come ogni soddisfazione anche questa non può che essere passeggera, la vera felicità io la cercherò altrove.

■Ma vuoi descriverci bene come è andata la giornata, vuoi raccontare come sono andate le cose?
Al mattino era brutto, piovigginava ed era molto freddo, all’inizio non volevo nemmeno partire, ho aspettato un paio d’ore, poi mi sono detto, “andiamo a fare un giro, andiamo a vedere.” Così siamo saliti, piano piano, verso la falesia, gocciolava ancora. Sono salito con tutti gli amici che in questi giorni sono con me, presto il cielo si è aperto, ha smesso di piovere e si è alzata un po’ di aria che ha asciugato la roccia.Abbiamo cominciato a scaldarci, la roccia era ancora umida, ma si è asciugata completamente quando oramai mi sentivo a posto per un tentativo.

Come era l’atmosfera in quel momento ai piedi della falesia?
C’era un’aria veramente magica. Una specie di elettricità nell’aria, una energia incredibile, qualcosa di sottile e di potente al tempo stesso. L’avvertivo, molto potente, molto forte. Mi sentivo estremamente a mio agio anche per la scarsità di persone presenti, infatti vista la pioggia del mattino eravamo in pochissimi ad essere saliti ai piedi della falesia. Anche questo mi ha dato una grandissima forza, una pace interiore che mi ha aiutato nel mio intento.Sono contento se ci sono persone che assistono alle mie arrampicate incitandomi e partecipando emotivamente alle mie prestazioni.Queste persone mi danno un sostegno prezioso, il loro supporto, i loro incitamenti si diffondono nell’aria, mi raggiungono e mi infondono forza, non è sempre così, talvolta queste incitazioni si trasformano in una specie di ansia della prestazione che si riflette su di me.

■Cosa intendi, come hai affrontato questo aspetto? Come ti sei preparato concretamente?
Ho fatto degli esercizi di rilassamento, e di meditazione, visualizzando i movimenti della via uno ad uno, ripercorrendola immobile e concentrandomi sulle mie emozioni. Questi esercizi mi hanno aiutato moltissimo. Mia madre mi ha insegnato ad impostare gli esercizi di autoipnosi. Salire la via è stato un po’ come stare in una “dimensione parallela”, i movimenti si seguivano con una precisione limpida. Poi tutto è successo così velocemente...

■Accidenti un percorso lungo...
Si, una sessantina di movimenti, oramai la sequenza dei movimenti era ben memorizzata per la prima parte della via e anche per la seconda, si trattava di vincere il blocco, una specie di nodo, che mi veniva ogni volta che arrivavo al chiave. Grazie alla meditazione e alla visualizzazione sono riuscito a superare il blocco.


"Lady Geco" scala San Siro

"I tifosi devono imparare a conoscere il mio sport, che non ha nulla da invidiare al calcio in fatto di adrenalina e spettacolo". Queste le parole di Jenny Lavarda, campionessa di arrampicata e ice climbing, dopo l'incredibile scalata sulle torri di San Siro, compiuta nei giorni scorsi.