Lightbox Effect

"HIGH MOUNTAIN UNIVERSITY" A scuola con Silvio "Gnaro" Mondinelli


Per me due sono le cose più importanti quando si va in montagna: la passione e la sicurezza. In altre parole, le persone, l’approccio mentale e gli strumenti.Per migliorare le nostre capacità di godere tutti i piaceri che ci può offrire la montagna è importantissimo trovare un’armonia fra le nostre abilità fisiche, intellettive, emotive e tecniche. Infatti noi in montagna andiamo con le nostre capacità, con il nostro pensiero, con le nostre emozioni e con persone amiche. Queste emozioni sono una risorsa, un patrimonio della nostra personalità. Nella mia carriera ho sempre cercato costantemente di migliorare le mie capacità, il mio modo di affrontare la montagna. Con la mia scuola, con tutti gli amici che mi stanno aiutando in questa nuova impresa, voglio trasmettervi quello che ho imparato in questi anni.

Silvio Mondinelli
eccovi il sito della High Mountain University


Chris Sharma al Flamignon

prima ascesa del Flamignon
by Chris Sharma


protagonista l'alpinismo, domani, su rai2; puntata dedicata a Manolo, Reinhold Messner e Marco Confortola

MILANO -- Alta quota protagonista domani mattina su Rai Due. Alle 10.50, andrà in onda una puntata di "Quello che..." dedicata a tre alpinisti italiani - Manolo, Reinhold Messner e Marco Confortola - e al progetto EvK2Cnr, punto di riferimento internazionale della ricerca in alta quota. Tutti i servizi saranno commentati da Agostino Da Polenza, anch'egli alpinista e presidente del Comitato EvK2Cnr.

"Quello che...", il nuovo settimanale di Rai Parlamento, in onda su Rai Due ogni sabato mattina, stavolta è tutto dedicato all'alpinismo. Il programma, che ogni settimana propone inchieste, storie, testimonianze per raccontare fatti d'attualità, scenari futuri e protagonisti della cronaca....La puntata di domani è stata infatti girata a Bergamo, direttamente nel "quartier generale" di uno dei più importanti enti di ricerca scientifica d'alta quota nel mondo: gli uffici del Comitato EvK2Cnr, che da vent'anni gestisce il Laboratorio Osservatorio Piramide a 5050 metri di quota sulle pendici dell'Everest e organizza progetti di ricerca e spedizioni alpinistico-scientifiche sulle montagne più alte del mondo.Agostino Da Polenza, alpinista e presidente del Comitato EvK2Cnr, parlerà di EvK2Cnr e commenterà i servizi dedicati ai tre alpinisti protagonisti della puntata. Uno sarà Maurizio Zanolla, in arte "Manolo": 51 anni, è soprannominato il "mago dell'arrampicata" ed è tuttora l'icona vivente di questo sport. Poi ci sarà Reinhold Messner, primo uomo a scalare tutti i 14 ottomila e di recente autore di due nuovi libri, uno dedicato al Nanga Parbat e uno al Cerro Torre. Infine, il valtellinese Marco Conofortola, scampato alla tragedia del K2 la scorsa estate, anche lui uscito di recente con un libro che racconta la vicenda.


La puntata andrà in replica domenica mattina presto su Rai Uno, alle ore 6


Devero Block 2009 - 13 e 14 giugno 2009

Nella cornice dell'Alpe Devero arriva l'edizione del Devero Block 2009. Una proposta del nostro amico Francesco Vaudo guida alpina e fotografo. Nel 2008 l'edizione del Devero Block fu abbastanza sfortunata, con un rinvio nel periodo autunnale per pioggia; ma purtroppo anche in autunno la pioggia annullò tutto.

Nel programma troviamo diverse iniziative che si affiancano alla scalata dei Boulder dell'Alpe Devero, perchè alla fine il Bouldering oltre che arrampicata è anche divertimento e compagnia.

Sabato 13
dalle ore 09,00 iscrizione all’evento con consegna del pacco gara presso il salone dell’ex Albergo Cervandone. Il sacchetto di carta riciclata include maglietta dell’evento con tutti gli sponsor, mappa dei massi segnati e puliti, cartina topografica della zona e un gadget. Si precisa che la gara non e’ competitiva ed e’ autocertificata da ogni partecipante. Durante la giornata avremo la possibilita’ di seguire la maestra yogi Elena Veronesi con dimostrazione pratica all’aperto dello yoga legato al gesto dell’arrampicata.Ore 21.00: Inizio della festa con proiezioni e premiazione delle foto scattate durante la giornata, musica dal vivo, birra “a caduta” e torte del Bar Ristorante Cistella.

Domenica 14
Ritrovo nella zona boulder, arrampicata e yoga , due discipline a confronto. Dimostrazione e divertimento tra i blocchi. Ore 14.30: incontro presso il salone dell’ex Albergo Cervandone per la premiazione dei vincitori con premi donati gentilmente dagli sponsor tecnici e molti altri premi a sorteggio.



Medicina e salute in montagna - Prevenzione, cura e alimentazione per chi pratica gli sport alpini

L'ambiente d'alta quota, le risposte dell'organismo al poco ossigeno e le prestazioni fisiche in altitudine. Il mal di montagna e le altre patologie, l'allenamento, l'alimentazione e una preparazione di base agli imprevisti che possono accadere. Arriva in libreria "Medicina e salute in montagna - Prevenzione, cura e alimentazione per chi pratica gli sport alpini", un vademecum essenziale per conoscere tutto quello che è utile sapere a chi ama andare per monti.

Come fare a valutare le condizioni del proprio organismo in alta quota? Cosa è meglio mangiare quando si va in montagna? Che tipo di escursioni e di sforzo fisico è indicato per i bambini, gli anziani o i malati di patologie croniche? "Medicina e salute in montagna - Prevenzione, cura e alimentazione per chi pratica gli sport alpini" risponde a centinaia di quesiti in modo preciso, scientifico ma al tempo stesso facile.
Il volume pubblicato da Hoepli e scritto da Annalisa Cogo - professore associato di Malattie respiratorie presso l'Università di Ferrara e ricercatrice del Comitato EvK2Cnr - spiega una volta per tutte quello che è bene sapere prima di avventurarsi in alta quota.
Non parla solo a livello teorico di cosa succede all'organismo quando si sale ad altitudini più alte. Dà anche preziosi consigli medici relativi a quesiti precisi. Per esempio cosa possono o non possono fare coloro che soffrono di malattie cardiovascolari, o patologie respiratorie croniche, o malattie del sangue, e di altro tipo? E le donne incinte? E gli anziani?
Ma al di là dei casi particolari il libro risponde anche a domande più generali che riguardano tutti. Come che tipo di allenamento è meglio seguire, o cosa fare in caso di punture di insetti, di zecche, o morsi di vipere. Come comportarsi in caso di lesioni agli arti, vesciche, disturbi del sonno o addirittura caduta di fulmini.
Medicina d'alta quota a 360 gradi insomma. In particolare il volume ha il merito di parlare un linguaggio comprensibile anche ai non addetti al lavoro, pur mantenendo una serietà e una puntualità da pubblicazione scientifica. Un vademecum indispensabile nel vostro bagaglio per la montagna.



"Cometa sull'Annapurna" Simone Moro racconta l'Annapurna

E' il 1997. Simone Moro è sull'Annapurna, con la spedizione costerà la vita il suo migliore amico, il celebre alpinista russo Anatoli Boukreev, e ad un altro compagno di cordata. Un dramma che trova il suo compimento nel giorno di Natale.

La tragedia lo vede "miracolosamente" sopravvissuto alla valanga che uccide gli altri e che lo fa volare per 800 metri.

Ma cosa porta un uomo ad avvicinarsi ad uno “sport” tanto pericoloso? Nel libro la ricerca della risposta. Simone Moro parte dalla sua infanzia e cerca di spiegare come mai ha fatto della montagna il suo mestiere, perché scalare è la sua vita, e che cosa significhi per lui raggiungere la vetta. Racconta le sue esperienze, le sue paure, i suoi dubbi e la grande amicizia tra lui e Anatoli Boukreev, l’alpinista russo morto sull'Annapurna.

Scrive: “Scalare le montagne del mondo è il mezzo per scoprire le culture, i popoli, i problemi del mondo, oltreché il mezzo per scoprire i propri limiti personali, tecnici e psicologici, nella consapevolezza che tali limiti si possono superare con la determinazione, la motivazione, l'allenamento”.

E ancora: "la corsa al massacro la odio e non insegna niente a nessuno". Tra le pagine del libro si legge la consapevolezza, maturata nel corso dell'esercizio ventennale di un'attività ad altissimo rischio, che il valore della vita propria e dei compagni è sempre superiore a qualsiasi azzardo tentato in funzione esclusiva del grande risultato alpinistico. E l’autore si interroga sul limite oltre il quale non è lecito andare.

Cometa sull’Annapurna è un libro piacevole e riflessivo che non può mancare alla lettura dei più appassionati. All’interno si trovano anche alcune fotografie che accompagnano il lettore nella comprensione degli sforzi, della fatica e del pericolo sulle pareti della montagna.

Della valanga che Moro e la sua spedizione dovette affrontare sull’Annapurna ha scritto: "Sono sopravvissuto a quella tragedia e ho goduto un privilegio unico nell'essere stato amico e compagno di Boukreev. Non permetterò mai che una valanga uccida anche i nostri sogni e i tanti progetti, e ancora meno che mi privi della solare esperienza di vita che sperimento ogni giorno tra le montagne e la sua gente".

Autore Simone Moro, Editore Corbaccio, 166 pp.
Prezzo 17,60 euro



riconversione architettonica ad Amsterdam a favore dell'arrampicata




Cosa fareste con tre silos per il trattamento delle acque di scolo abbandonati? Se siete ad Amsterdam, li convertite in incredibili torri per chi ama l’arrampicata. Questa decisione è il risultato di un contest organizzato per determinare il modo migliore per convertire l’uso di queste torri, vinto dallo studio NL Architects di Amsterdam stessa. Le torri, adesso, hanno superfici sulle quali ci si può arrampicare, sia all’interno che all’esterno, e aree multi uso, uffici, ristoranti e altri spazi commerciali. A me sembra un’idea geniale.


Climbing Campus

Sabato 6 Giugno 2009, per conoscere l'ambiente delle rocce e per imparare a rispettarlo e frequentarlo in sicurezza, i ragazzi potranno partecipare ai Climbing Campus, dove si alterneranno prove di arrampicata sui massi calcarei a lezioni sulla vita e il mondo delle rocce e su come muoversi in sicurezza su di esse.Il tutto naturalmente sotto la guida attenta e assolutamente competente di tecnici e professionisti dell'arrampicata e della montagna, esperti di botanica, geologia e zoologia.

Le lezioni:- la vita delle rocce / nascita e storia delle rocce su cui arrampichiamo- la vita sulle rocce / gli altri abitanti delle rocce, conoscerli e rispettarli- muoversi in sicurezza sulle rocce / conoscere gli elementari metodi di assicurazione- rispettare l’ambiente delle rocce
Le Categorie d'età.

"A": anni di nascita '99/98/97/96cat.
"B": anni di nascita 2004/2003/2002/2001/2000

TUTTO SUI CLIMBING CAMPUS QUANDO:

Sabato 6 Giugno 2009

DOVE: tra i blocchi calcarei ai piedi del Monte Colodri. (Arco - Lago di Garda - Trentino)

CHI: tutti i bambini e ragazzi dai 5 ai 13 anni, divisi in due categorie d'età

COSA SI FA: percorsi ludico-educativi con prove di arrampicata sui massi calcarei e brevi lezioni a tema sulla natura, l'ambiente e la sicurezza. I bambini e i ragazzi, divisi in gruppi di 20, percorreranno un itinerario attrezzato tra i blocchi calcarei ai piedi del Monte Colodri.

PER PARTECIPARE: basta registrarsi on-line su questo sito e confermare sabato 6 giugno al punto iscrizioni presso il Climbing Stadium.

TASSA ISCRIZIONE: Euro 10,00 da pagare Sabato 6 Giugno c/o il banco registrazione del Climbing Stadium

TERMINE ISCRIZIONE: Martedì 02 Giugno 2009.

ATTENZIONE: numero chiuso a 80 partecipanti.

MATERIALE: Per chi ne è sprovvisto, l'imbragatura sarà messa a disposizione dalla organizzazione.

PROGRAMMA - sabato 06.06.2009h 8.30 - 9.30 registrazione partecipanti 1° turno h 10.00 - 13.00 1° turno climbing campush 12.00 - 13.00 registrazione partecipanti 2° turno h 14.00 - 17.00 2° turno climbing campus

La massima sicurezza sarà garantita da: Scuola di Alpinismo Prealpi Trentine, Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, Centro Addestramento della Polizia di Moena, Soccorso Alpino della SAT, Accompagnatori di Alpinismo Giovanile della SAT.La Società Sportiva ARCO CLIMBING fornisce il supporto tecnico all'Associazione ROCK MASTER di ARCO nell'organizzazione dell'evento.www.arcoclimbing.it


trekking Dolomiti - Ferrata delle trincee

Partenza: Rif. E. Castiglioni
Arrivo: Idem
Dislivello: 700m
Tempo: 6h
Difficoltà: EEA
Cartografia: Tabacco

Dal rifugio E. Castiglioni subito dopo passo Fedaia si sale a Porta Vescovo seguendo il sentiero 698, da qui si arriva in pochi minuti all' attacco della ferrata seguendo le indicazioni. Ritorno dal Rif. Passo Padon (2478 m.) al rifugio Castiglioni in circa tre quarti ora per i prati del Padon senza seguire in costa il sentiero del CAI che sale fino a Porta Vescovo per poi scendere.

Dal Rif. Castiglioni (2044 m.) all'attacco della ferrata (2480) circa 1h 15' per 450 m. Il tempo di percorrenza della ferrata è circa 2h 30'- 3h l' altezza massima è quella del Sas de Mezdi (o Mesola) 2720m. Ritorno al Rif. Castiglioni da Passo Padon in 45'

La via ferrata delle trincee è un percorso nella sua interezza abbastanza lungo con bassi dislivelli ricco però di attrattive per il valore storico, passa infatti per trincee e gallerie e appostamenti della prima guerra, e per lo splendido paesaggio sul gruppo del Sella e sulla Marmolada ma che spazia anche sul resto delle Dolomiti. Risulta però faticosa per i passaggi esposti su pareti e lastroni a picco con pochi appoggi sulle rocce del Padon. La prima parte è la più impegnativa e supera la cima del Sas De Mezdi con passaggi molto aerei compreso un ponte sospeso di una decina di metri subito prima della cima. Tutti i passaggi sono comunque ben attrezzati con grosse funi. Dopo aver superato il Sas De Mezdì le cose si semplificano di molto. Un comodo sentiero ci conduce ai ruderi delle prima linea austriaca si continua il sentiero a volte attrezzato anche su semplici passaggi per pooi incontrare delle gallerie. Qui le scarse indicazioni possono portar fuori dal tracciato per un sentiero sotto la Mesolina come è successo al sottoscritto. Il resto del percorso attraverso gallerie e camminamenti porta al Bivacco Bontadini a 2550 m. da qui si arriva velocemente al Rif. Passo Padon.


26-27-28 maggio 2009 Venite a provare la struttura artificiale per arrampicata del Politecnico di Torino (sede di Alessandria)

Desideri provare le emozioni di un'attività sportiva di grande fascino?
il 26-27-28 maggio 2009 potrai provare al Politecnico (sede di Alessandria) sulla struttura artificiale sotto la supervisione di istruttori CAI.
La struttura sarà accessibile liberamente agli studenti del politecnico e di altre università e scuole. Per i minorenni è richiesta autorizzazione scritta dei genitori e della scuola per attività in ambito scolastico.

Politecnico di Torino, sede di Alessandria, Via Teresa Michel, Alessandria (AL)

Per ulteriori informazioni massimiliano.avalle@polito.it

Gnaro: riparata la stazione meteorologica al colle sud dell'Everest

news from KATHMANDU, Nepal -- Missione compiuta a Colle Sud! I danni dell'inverno himalayano sulla stazione meteorologica più alta del mondo sono stati riparati. Un'operazione complessa e delicata, compiuta a 8000 metri, senza ossigeno e in condizioni estreme, da Silvio "Gnaro" Mondinelli, che nel giro di cinque giorni è salito due volte al Colle sud dell'Everest. Tutta l'operazione è stata coordinata via radio, in modo magistrale, da Giampietro Verza, responsabile delle stazioni meteo del Comitato Evk2Cnr, che ha saputo risolvere ogni emergenza in tempi record.

"Abbiamo cominciato a lavorare alle nove e abbiamo finito adesso dopo 4 ore - ha detto Mondinelli da Colle sud, pochi minuti dopo aver finito il lavoro sulla stazione -. Certo che vento... è più facile camminare che lavorare quassù! Ma siamo contenti. Fortunatamente ci hanno aiutato due sherpa, due "doctor" dell'Icefall, a portar su il materiale altrimenti non ce l'avremmo mai fatta".

"Voglio dire grazie al magico Giampietro - aggiunge l'alpinista - che come sempre ripete cinquanta volte le cose ma se non ci fosse lui qui riusciremmo solo a stringere i bulloni dell'ancoraggio. Adesso mettiamo le bandierine, guardiamo in alto quelli che scendono dall'Everest, e poi scendiamo". Come ci si sente dopo aver compiuto due volte una missione così a Colle Sud? "Di imprese non ne abbiamo fatte - si schermisce Mondinelli - siamo venuti a lavorare e abbiamo dato il massimo. Volevamo venire una volta invece siamo venuti due, ma va bene così. L'importante è che funzioni tutto. Ecco però adesso bisogna fare l'ultimo controllo perchè adesso non torno più su!!".

E tra uno scherzo e un sorriso, l'alpinista e finanziere di Alagna, che dopo aver scalato tutti i 14 ottomila senza ossigeno ha messo le sue straordinarie capacità alpinistiche e fisiche al servizio della scienza, dedicandosi con passione e determinazione ai progetti scientifici del Comitato EvK2Cnr, si è avviato verso la discesa. Intorno alle 16 nepalesi ha raggiunto campo 2, provato dalla dura giornata. "Non ho mangiato e bevuto niente in tutto il giorno - ha detto Mondinelli -. Ma è andata, finalmente abbiamo finito e funziona tutto. Adesso vado a mangiare dagli amici delle spedizioni commerciali e domani scendo al base".

Intanto, la stazione Aws South Col, che fa parte della rete di monitoraggio climatico e ambientale Share, ha ripreso a funzionare in modo impeccabile. Potete vederlo con i vostri occhi guardano la striscia continua di dati, verdi su neri, che passa qui sotto la testata del portale. Dove prima recitava "n.d.", ora c'è di nuovo il dato. Uno su tutti, quello del vento, che ora soffia a 7.8 metri al secondo. Qui in calce, la schermata con i primissimi dati ricevuti dalla Piramide dopo la sostituzione dei sensori.

E' stato un altro anno di duro lavoro sulla montagna più alta del mondo. Ma la scienza, la tecnologia e l'alpinismo italiani hanno dimostrato che in alta quota non hanno davvero rivali. La straordinaria missione Share Everest 2008, che aveva installato la stazione lo scorso maggio, aveva coinvolto migliaia di appassionati che l'avevano seguita in diretta dalle nostre pagine web. Ma quella di quest'anno però, era forse ancora più difficile.

Stavolta Mondinelli era da solo ad affrontare la bufera di Colle Sud. Da solo ad eseguire le delicate operazioni sulla stazione, a gestire i collegamenti radio, a testare i funzionamenti, sotto l'attenta guida di Verza. A supportarlo c'erano alcuni sherpa, che però, facendosi carico dei pesanti trasporti di ricambi e materiali fino ad ottomila metri, sono sempre arrivati al colle quando lui era già al lavoro da qualche ora. E, non ultimo, era da solo ad affrontare le emergenze, le lunghe attese e le difficoltà che sempre comporta una missione difficile come questa.

Perchè qui non si tratta soltanto di camminare verso una vetta. Ma di restare concentrati, eseguire operazioni minuziose, valutare problemi e testare ogni azione compiuta. E adeguarsi ai tempi, spesso molto lunghi, del meteo himalayano e delle operazioni scientifiche.

All'inizio sembrava che si dovesse operare soltanto la sostituzione dei sensori. Invece domenica, quando Mondinelli è arrivato per la prima volta al Colle, ha trovato ogni tipo di imprevisti. I tre sistemi di alimentazione della stazione, che da un anno funziona ininterrottamente fornendo in tempo reale preziosi dati meteo sul clima dell'Himalaya, erano quasi completamente saltati. Su due piedi, con le indicazioni di Verza, ne ha ripristinato uno in modo provvisorio e portato a valle un altro che doveva essere riparato.

Il tempo però stringeva e i rischi di non poter concludere la missione erano alti. I meteorologi prevedevano la finestra di bel tempo in chiusura dal 22 e ormai l'arrivo del monsone era imminente. Ma, come si dice: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.

In tempo record, sono stati recapitati i pezzi danneggiati al Laboratorio Piramide, che si trova a 5000 metri, a circa 5 ore di cammino dal campo base. Lì, Verza si è messo al lavoro con i tecnici nepalesi dello staff del Laboratorio e, lavorando anche di notte, ha messo a punto due nuovi sistemi di alimentazione da riportare a Colle Sud. Martedì mattina, tutto era pronto per una nuova missione a ottomila metri.

Mondinelli era reduce dall'impegnativa salita compiuta ovviamente senza ossigeno e soltanto due giorni prima. Ma non ha esitato. E' ripartito verso l'alto e grazie ad una forma strepitosa, è salito più velocemente della volta prima.

Ieri sera, a campo due, nevicava. E per un momento si è temuto che il lavoro dovesse essere rimandato. Ma nella notte il cielo si è schiarito e la squadra, composta dall'alpinista e finanziere di Alagna scortato da tre sherpa, è partita a mezzanotte verso il Colle con trenta chili di pezzi di ricambio. Mondinelli, il primo ad arrivare, era ad ottomila metri alle 8.30 ora locale, dopo solamente 7 ore di cammino, e si è messo a lavorare sulla stazione meteorologica con una temperatura di 15 gradi sottozero.

Nel giro di un paio d'ore aveva già perfezionato due sistemi di alimentazione e aveva iniziato la sostituzione dei due sensori di vento e umidità. "Il sistema di alimentazione della stazione è stato ripristinato sostituendo il regolatore - spiega Giampietro Verza, che dalla Piramide come due giorni fa segue tutta l'operazione via radio -. Il secondo sistema di alimentazione, ricostruito in Piramide in questi due giorni, è stato collegato, messo in funzione con il pannello e fissato. Poi, Gnaro e gli sherpa hanno sostituito i sensori di vento e umidità, che risultavano danneggiati da alcune settimane, e che ora funzionano perfettamente. Infine, hanno montato la terza batteria".

L'elenco e il racconto sembrano semplici. Ma compiere l'impresa non lo è stato per nulla. Anche se forse non è facile rendersene conto

"Continuo a pensare che sia un'impresa eccezionale - commenta Verza -. E parlo di tutta l'operazione Share Everest, dalla stazione a questa difficile operazione di manutenzione che stiamo portando a termine in pochissimi. Mi sono reso conto meglio anch'io della difficoltà operativa a Colle Sud dopo aver visto i danni alla stazione. Ma siamo riusciti a risolvere tutti gli impresvisti. E non erano pochi: basti pensare che solo nelle due ultime ore di lavoro abbiamo compiuto l'operazione di manutenzione che ci aspettavamo: tutto il resto era extra. Gnaro è stato eccezionale. Davvero. Pochi sarebbero riusciti in questa missione e se lo avessero fatto, credo che al suo posto si vanterebbero come pazzi. Invece lui si definisce uno svitabulloni".

La stazione di Colle sud si inserisce nella rete Share del Comitato Evk2Cnr, che da oltre vent’anni si occupa di ricerca scientifica in alta quota. SHARE - Stations at High Altitude for Research on the Environment - è una rete di osservatori per il monitoraggio climatico e ambientale in collaborazione con Unep, Wmo, Nasa, Esa e Iucn.


"L'ultimo abbraccio della montagna" Silke Unterkircher

SELVA DI VAL GARDENA, Bolzano -- Dopo il film "Karl", pluripremiato al Filmfestival di Trento, esce nelle librerie il libro scritto dalla moglie di Unterkircher, Silke, per ricordare l'alpinista e l'uomo scomparso tragicamente lo scorso 15 luglio in un crepaccio del Nanga Parbat. Il volume, fresco di stampa, si intitola "L'ultimo abbraccio della montagna" ed è nelle librerie da due giorni.

Il libro, che è stato presentato ufficialmente ieri in Val Gardena, promette di raccontare la storia di Karl Unterkircher e il suo indissolubile rapporto con le montagne: le Dolomiti, dove è nato e cresciuto, e con l'Himalaya, dove ha trovato il senso profondo dell'alpinismo estremo.

La voce narrante è quella di Silke Unterkircher, compagna di Karl per 12 anni, con il quale ha avuto tre bambini. Ma all'interno si trovano anche i ricordi di amici e compagni di cordata di Karl, oltre a stralci dei diari di spedizione dell'alpinista.

"Cosa ha portato Karl e la sua cordata a sfidare quelle pareti inespugnabili? - si legge nella presentazione del libro - Cosa spinge un uomo a cercare una sfida così audace? In questo tributo appassionato al padre dei suoi tre figli, Silke ci aiuta a capire che spesso dietro scelte così rischiose non si nasconde un desiderio di affermazione, ma un sentimento del tutto estraneo a chi non conosce la magia dell'esplorazione. Perché, come diceva Karl, non sono gli scalatori a cercare il rischio; è la montagna che chiama".

Il volume, edito da Rizzoli, è stato scritto a quattro mani con la giornalista Cristina Marrone del Corriere della Sera laureata in criminologia e specializzata in cronaca nera. Consta di 250 pagine ed è in vendita nelle librerie al prezzo di 18,50 euro.


trekking Dolomiti - Cimon del cavallo

Partenza: Col Indes, sopra Tambre
Arrivo: Idem

Dislivello: 1100m
Tempo: 5h
Difficoltà: E
Cartografia: Tabacco (Foglio 012)

Punto di partenza per questo giro è la "malga pian delle lastre"(1300m), situata poco sopra gli impianti di risalita di col Indes nel bosco del Consiglio. Dal grande prato sopra la malga parte il sentiero 926 (all'incrocio del primo filo spinato tenere la sinistra) che, dapprima immerso nel bosco e poi su tratti erbosi porta abbastanza ripidamente in quota sotto gli spalti di "cima delle vacche". Da qui il sentiero si presenta molto più dolce e in breve porta al "rifugio Semenza" (2020m) (ore 2).

Si sale in forcella e si prende a dx il sentiero 624 che, molto facilmente in una ventina di minuti, porta fino in "cima Laste" (2247m). Fino a questo punto il percorso non presenta alcuna difficoltà alpinistica particolare e quindi può essere affrontato da tutti con la soddisfazione finale di aver conquistato una cima. Da qui si scende leggermente e passata una stretta forcella in cresta si risale subito verso il "cimon del Cavallo" detto anche "cima Manera" (2251m). A ridosso della cima c'è un brevissimo salto di roccia attrezzato; una decina di metri per nulla esposti. La cima è la più alta del gruppo e gode di un'ottima visuale tutt'intorno. Il tratto di sentiero tra "cima Manera" e "cimon di Palantina" (2190m) è sicuramente il più impegnativo del giro. Si tratta di scendere fino alla "forcella del Cavallo" (2055m) e poi risalire fino alla cima percorrendo una ripida e stretta cresta a tratti esposta. Non ci si accorge della fatica perché questo tratto,evidentemente molto meno battuto del primo, è letteralmente ricoperto di stelle alpine. La cima è una splendida terrazza sul "Pian Cansiglio". La discesa non presenta difficoltà particolari. La prima parte più ripida è su prato e porta a "casera Palantina" (1508m) da dove, in sottobosco (sentiero C), si ritorna rapidamente al punto di partenza. E' un bel giro che si può affrontare anche in tarda stagione.

CLIMBING ADDICTED consiglia l'acquisto della cartografia escursionistica generale (cartografia Tabacco - foglio 12, Udine)

Tashi: il primo cane a tentare l'Everest

news from KATHMANDU, Nepal -- Scodinzola a tutti gli alpinisti che passano, adora le croste di formaggio e sembra trovarsi a perfetto agio a 6.400 metri di quota. Si chiama Tashi lo splendido cucciolotto nero che stamattina si aggira fra le tende di campo 2, lasciando attoniti tutti gli alpinisti che da diverse ore si domandano come abbia fatto a passare i crepacci e le scalette dell'Icefall.

"C'è un cane qui a campo due! - ha esordito Silvio Mondinelli questa mattina al telefono satellitare - Nessuno sa come abbia fatto ad arrivare qui, a passare le scalette dell'Icefall, ma ormai è diventato la nostra mascotte... l'abbiamo chiamato Tashi, ed è il primo cane che tenta l'Everest! Un vero fenomeno, sembra far dispetto a tutti quelli che salgono con l'ossigeno".

Mondinelli è arrivato a campo due stamattina molto presto, intorno alle nove del mattino. E poco dopo si è trovato davanti il cane scodinzolante, che lo guardava con occhioni spalancati. "Sono rimasto di sasso - racconta l'alpinista - poi gli ho dato qualcosa da mangiare. Le barrette e le vitamine gli fanno schifo, le sputa. Invece gli piace il formaggio: divora le croste in un baleno".

Dopo la colazione da Mondinelli, Tashi è ripartito ed ha ricominciato il giro tra le tende del campo, che in questi giorni di tentativi di vetta brulica di persone. "Appena arrivato sono stato invitato a mangiare il porridge dai miei vicini di tenda - racconta Mondinelli -. Non è molto buono, veramente... Poi un'altra spedizione commerciale mi ha invitato a pranzo. Oggi è così qui a campo 2, in fondo è bello anche per questo! L'unica cosa che non capisco è perchè adesso mi chiamano tutti Silvio, fino all'anno scorso ero solamente "Gnaro". Mah, sarà contenta mia mamma!".


Manaslu: è vetta per Mario Panzeri

LECCO -- "E' cima, è cima finalmente dopo questa tortura di due mesi!". Scoppia di gioia la moglie di Mario Panzeri, che stamattina ha telefonato con il satellitare per annunciare la vetta del Manaslu, il suo decimo ottomila salito senza ossigeno. L'alpinista lecchese, partito da campo 4 questa notte con diverse persone, ha staccato il gruppo dopo qualche ora di cammino ed è arrivato in cima da solo. Ora, è già in discesa verso il campo base.

Il tentativo di cima era previsto per la giornata di ieri, ma domenica sulle pendici del Manaslu si è alzato un vento infernale che ha costretto gli alpinisti a rimanere un giorno in più al campo 3. Ieri, fortunatamente, la bufera si è calmata e il gruppo si è portato a campo 4 da dove stanotte è partito l'attacco alla vetta, 8.163 metri. A provarci, circa una ventina di alpinisti.

"Mario è partito all'una e mezza di notte dalla tenda insieme alle ragazze andaluse e all'americano Nick Rice - racconta la moglie -. Poi nel buio il gruppo si è staccato. Mario era in testa con una spagnola e uno sherpa, poi la spagnola si è fermata per aspettare gli altri e Mario ha proseguito. E' arrivato sulla cima principale, ha fatto le foto e poi è sceso".

L'attesa telefonata è arrivata alle 7 di stamattina, le 11 circa in Nepal. "Mario mi ha chiamato quando era già sceso sull'anticima - racconta ancora la moglie -. Il tempo era splendido. Mi ha detto che proseguiva per il campo 4, dove si fermava a bere, e poi procedeva direttamente verso il campo base".

Panzeri è riuscito a toccare la cima del Manaslu dopo quasi due mesi di "corteggiamento". Era infatti il 23 marzo quando l'alpinista è partito dall'Italia con la spedizione di Mario Merelli, insieme a Marco Rusconi, Giuseppe Antonelli, Marco Zaffaroni e Roberto Manni, che purtroppo aveva abbandonato il campo base dopo pochi giorni per dei dolori alla schiena.

Lo scorso 28 aprile la spedizione aveva tentato di raggiungere la vetta insieme a quella spagnola di Carlos Pauner, riuscendo ad arrivare a cento metri di distanza. Il vento, però, che aveva continuato a imperversare per tutta la salita, alla fine è diventato così forte che ha costretto tutti a rinunciare. La salita era stata molto dura, perchè il gruppo era partito da un campo 3 installato a 7.100 metri sotto un difficile e ripido tratto ghiacciato tutto da attrezzare.

In discesa, due alpinisti del gruppo si sono sentiti male. Uno, Antonelli, ha fatto dietro front poco dopo essere partito dal campo e purtroppo è deceduto, sembra per cause naturali, una volta arrivato a campo 2 nonostante le cure e l'ossigeno ricevuti da una spedizione giapponese. L'altro, Rusconi, ha accusato una forte debolezza il giorno successivo al tentativo di vetta ma è riuscito a completare la discesa assistito dai compagni.

Qualche giorno dopo, Merelli ha deciso di rientrare in Italia con Rusconi e Zaffaroni. Panzeri, invece, ha deciso rimanere al campo base e riprovare la salita. La scelta è stata difficile e l'attesa lunga e stressante, perchè nelle scorse settimane nevicate e maltempo non sembravano voler dar tregua e continuavano a seppellire le tende dei campi alti. Ma alla fine, l'agognata vetta è arrivata.

Oggi Mario Panzeri, 45 anni, originario del lecchese, ha nel curriculum 10 ottomila tutti saliti senza l'ausilio di ossigeno.

Vai Mario! Vai così!


ricordando Dan Osman

California, una parete di roccia verticale conosciuta come Lover’s Leap di 400 piedi scalata in 4 minuti e 25 secondi. Daniel Eugene Osman (11 febbraio 1963 - 23 novembre 1998) era un arrampicatore e praticante di sport estremi.Era conosciuto per il pericoloso sport di "free soloing" (arrampicata senza corde o altro sistema di sicurezza) e "controlled free-falling" (salto nel vuoto con l'uso di una normale corda semielastica da arrampicata come sistema di sicurezza) con il quale ha stabilito il record di 305 metri. Conduceva un stile di vita libero e anticonformista, non ebbe mai un lavoro fisso e viveva per mesi in una capanna in mezzo agli alberi. Era la star di vari video di arrampicata con i quali portò il "free soloing" al grande pubblico. Morì il 23 novembre del 1998 all'età di 35 anni, dopo che la sua corda si spezzò mentre tentava di battere il record (di free-falling stabilito da lui stesso pochi giorni prima) dalla Leaning Tower, formazione rocciosa alta 700 metri situata nel parco nazionale dello Yosemite. Le cause esatte della rottura della corda sono tuttora sconosciute, ma potrebbero essere imputate alla fornitura di una corda usata oppure al cambio della zona di lancio con il conseguente cambiamento della parabola di decelerazione.


A dir poco impressionante! Dan era pazzo da legare, Osman era di origine Indiane, o per meglio dire un nativo Americano.
Doveva essere una persona incredibile, pieno di passione per il suo amore più grande, nato per morire arrampicandosi.


trekking al Kilimanjaro

Il grande Kilimanjaro, la "montagna che brilla"


1°giorno:
Machame gate (1490 mt) Machame camp (2980 mt)
Trekking: 7 ore - Distanza: 18 km La scalata di oggi comincia a Machame gate (1490 mt) per raggiungere Machame camp (2980 mt). Ambiente foresta di montagna

2° giorno:
Machame camp (2980 mt) Shira camp (3840 mt) Trekking: 6 ore - Distanza: 9 km Scalata di circa un’ora per raggiungere la cima della foresta, poi per altre due ore su un percorso meno ripido. Dopo un periodo di riposo, si riprende la scalata su per una salita rocciosa fino alla piana di Shira (3840 mt).

3°giorno:
Shira camp (3840 mt) Lawa Tower (4630 mt) Barranco Camp (3950 mt) Trekking: 7 ore - Distanza: 15 km Il percorso di oggi porta verso est in un paesaggio semi desertico e roccioso fino a Lawa Tower (4630 mt). Dopo cinque ore di cammino, sosta per il pranzo e per riposare. Occorreranno altre due ore per scendere a Barranco Camp (3950 mt) dando la possibilità all’organismo di acclimatarsi gradualmente.

4°giorno:
Barranco Camp (3950 mt) Barafu Camp (4550 mt)
Trekking: 7 ore - Distanza: 13 km A questa altezza si può apprezzare la bellezza del Kilimanjaro. Il percorso ora scende leggermente attraverso la Karanga Valley per poi risalire sulla Mwenka route fino alla Barafu hut: in swahili Barafu significa ghiaccio, non c’è più acqua corrente da questo punto, solo ghiaccio.

5° giorno:
Barafu Camp (4550 mt) Uhuru Peak (5895 mt) Mweka camp (3100 mt)
Trekking: 13 ore Distanza: 7 km di salita e 23 Km di discesa Sveglia appena poco prima di mezzanotte, colazione e partenza per raggiungere la cima verso Stella Point (5685 mt). Occorreranno otto ore di cammino. Sosta per riposare, rifocillarsi ed ammirare l’alba. Altre due ore di cammino per raggiungere l’agognato Uhuru Peak (5895 mt), ambita meta e premio per tante fatiche. Discesa verso Barafu di circa tre ore, giù fino a Mweka Camp (3100 mt) immerso nella foresta pluviale.

6°giorno:
Mweka camp (3100 mt) Mweka gate (1980 mt)Trekking: 3 ore - Distanza: 15 km In tre ore si raggiunge il cancello del parco. Al cancello a chiunque abbia raggiunto Stella Point viene consegnato un certificato, bordato d’oro per chi ha raggiunto Uhuru Peak.

Viaggio impegnativo e di impronta sportiva. È necessario essere in buona salute ed in forma fisica, ed essere allenati per una marcia lenta, con molte soste, ma prolungata di circa 15 km al giorno per sei giorni di trekking. Essendo una scalata "non tecnica" (non occorre arrampicarsi con corde, chiodi etc), può essere fatta da chiunque, ma bisogna essere fisicamente e mentalmente preparati per scalare il Kilimanjaro e certo occorrono determinazione e forza di volontà.


Ricordatevi che una quota alta, raggiunta con l'aiuto delle bombole d'ossigeno, è una mancanza di rispetto nei confronti della montagna che state scalando.


e sono 14 anche per Denis!

news from KATHMANDU, Nepal -- Quattordici! Denis Urubko ha conquistato il suo 14esimo ottomila senza ossigeno, aprendo una via nuova in stile alpino sulla parete sud est del Cho Oyu. Il fuoriclasse kazako, insieme al connazionale Boris Dedeshko, ha vinto la difficile sfida sul colosso nepalese e adesso è già sceso al campo base.

La notizia è di pochi minuti fa e ancora non si conoscono i dettagli della salita. Quello che si sa però è che Denis Urubko è entrato ufficialmente nel novero dei pochi grandi al mondo ad aver scalato tutti i 14 ottomila senza ossigeno. Un nuovo sigillo che si aggiunge a un curriculum già straordinario.

Urubko, che il 29 luglio di quest'anno spegnerà la sua 36esima candelina, ha iniziato la sua corsa agli ottomila nel 2000, quando ha scalato l'Everest dal versante sud. Poi nel 2001 ha intascato il Lhotse, il GI e il GII, quest'ultimo in velocità. L'anno dopo ha toccato la vetta dello Shisha Pangma, la principale e la centrale, poi il Kangchenjunga. E sempre nel 2002 ha vinto la salita in velocità al Peak Lenin, la montagna di 7.134 metri al confine tra Tajikistan e Kyrgyzstan.

Il 2003 è la volta del del Broad Peak, del Nanga Parbat e del primo tentativo al K2. L'anno seguente ha conquistato l'Annapurna e poi di nuovo il Peak Lenin d'inverno.
Nel 2005 ha compiuto la prima salita in stile alpino dell'inviolata parete sud ovest del Broad Peak e ancora nel 2006 ha portato a casa la prima ascensione assoluta della parete nord est del Manaslu.

Nel 2007 ha conquistato in solitaria il Daulaghiri, dove ha rinuciato al tentativo del record di velocità per aiutare Boris Korshunov, in difficoltà sotto campo 3. Soprattutto il 9 agosto è arrivato in vetta al K2 dal versante nord: erano 11 anni che nessuno riusciva a salire da questo lato della montagna.

Nel 2008 ha scalato il Makalu, che quest'anno ha conquistato ancora a febbraio con Simone Moro nella prima salita invernale della storia. E adesso, a distanza di 3 mesi dall'ultima vittoria, arriva anche l'en plein degli ottomila, con l'unico mancante, il Cho Oyu, salito in stile alpino sulla parete sud est e per una via nuova.

Urubko aveva attaccato la montagna con il compagno Boris Dedeshk il 7 maggio, ma poi i movimenti dei due sono rimasti sconosciuti fintanto che non hanno fatto ritorno al campo base, dal momento che non avevano con loro un telefono satellitare. Come previsto quindi, in circa una settimana il duo kazako ha concluso l'eccezionale impresa.


ciao Achille

Aosta, muore Achille Compagnoni.

Si è spento ieri mattina all'ospedale di Aosta uno dei più grandi pionieri della storia dell'alpinismo. E' Achille Compagnoni, che il 31 luglio 1954 compì, insieme a Lino Lacedelli, la prima ascensione assoluta del K2, la seconda montagna più alta del mondo con i suoi 8.611 metri. L'impresa italiana, una delle più ardue della memoria alpinistica, venne compiuta all'interno della grande spedizione organizzata da Ardito Desio.

Compagnoni, monumento vivente della storia dell'alpinismo, era ricoverato all'ospedale di Aosta da alcuni giorni per diversi problemi di salute e si è spento questa notte. Aveva 94 anni. Guida alpina, per 18 anni militare nel 5° reggimento alpini, Compagnoni era nato il 26 settembre 1914 a Santa Caterina Valfurva, in Valtellina, dove è cresciuto. Ha passato gli ultimi anni della sua vita a Cervinia, in Valle d'Aosta, dove aveva un piccolo albergo.

Era il 1953 quando venne convocato da Ardito Desio per la grande spedizione italiana diretta al K2, della quale fu poi uno degli uomini di punta. Fu lui, infatti, a toccare per primo la vetta del gigante pakistano, insieme a Lacedelli, dopo averlo salito dal cosiddetto "Sperone Abruzzi". Il K2, ancor oggi, è considerato l'ottomila più difficile della Terra.

"La conquista del K2 fu dell'Italia intera" ripeteva l'alpinista ai giornalisti che gli chiedevano per l'ennesima volta di raccontare i dettagli sulla salita e di spiegare le polemiche nate negli anni successivi con Walter Bonatti riguardo il trasporto e l'uso delle bombole d'ossigeno durante l'ultimo girno di salita.

"Per un mese dopo la conquista, non divulgammo le foto scattate in vetta - raccontava Compagnoni alla stampa -. Lo facemmo per evitare che l’attenzione del pubblico si concentrasse solo su chi era salito. Poi, non a caso, Desio decise di mostrare la foto della sola bandiera italiana in vetta. E' vero, io e Lino eravamo sulla cima, ma a passare quei 70 giorni in quota eravamo in quattordici, senza contare i pakistani. Mario Puchoz lassù è morto. Ognuno ha fatto la sua parte".

Compagnoni aderì con entusiasmo anche alla spedizione "K2 2004 Cinquant'anni dopo" organizzata da Agostino Da Polenza e dal Comitato EvK2Cnr, progetto di ricerca scientifica in alta quota fondato proprio da Desio, per il cinquantenario della prima salita del K2.

"Mi era simpatico e lo stimavo come uomo di montagna - racconta Da Polenza -. Non potevo non pensare, tutte le volte che lo incontravo, al fatto che lui era stato il primo, con Lino Lacedelli, sulla cima di quella montagna fantastica che è il K2. Lo conobbi attorno all'83 quando salii il K2 dal versante nord. Ci salutavamo con affetto quando ci incontravamo nel corso di cerimonie e pranzi che celebravano noi freschi di vetta e loro vecchi ed eroici conquistatori della montagna".

"Per anni il 31 luglio - continua Da Polenza -, giorno della loro e della mia salita in vetta, ci siamo scritti facendoci gli auguri per quello che consideravamo il giorno più importante da ricordare. Era una guida alpina e maestro di sci, un signore che la montagna la viveva per passione e per lavoro. Fino in fondo. Certo la bega con Bonatti non fu una bella pagina, ma a maggior ragione ora, è bene annoverarla tra le debolezze e le tristi cocciutaggini che l'umana specie a volte riesce e far emergere, ancor più delle più belle montagne dalla pianura".

La grande spedizione del K2 2004 riportò in vetta, senza ossigeno, un gruppo di alpinisti italiani, tra i quali c'era anche Michele Compagnoni, di Bormio, pronipote di Achille, alla sua prima esperienza sugli ottomila.

Achille Compagnoni, nominato Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2003, era stato insignito anche della Medaglia d'oro al valor civile per l'impresa compiuta sul K2.


soccorsi e nevicate al Manaslu

news from KATHMANDU, Nepal -- Forti nevicate ed evacuazioni in elicottero. Non promette bene la situazione al Manaslu, dove un'alpinista della spedizione andalusa è stata portata via dal base con diversi problemi di salute. Nei giorni scorsi è andato a monte anche un nuovo tentativo di vetta dell'italiano Mario Panzeri e dello spagnolo Carlos Pauner, che è rimasto letteralmente seppellito nella sua tenda di campo 2 durante una nevicata notturna.

"La notte scorsa ha messo mezzo metro di neve - racconta Pauner -. Oggi continua, prevedono 4 giorni di forti precipitazioni. Aspetteremo fino a giovedì, sperando in un miglioramento del meteo: se si avvicinerà una nuova finestra di bel tempo, tenteremo un ultimo attacco alla vetta. L'ideale sarebbe avere almeno 4 giorni di sole, cosa che però non è mai accaduta finora in 40 giorni di spedizione".

Pauner, Panzeri e l'americano Nick Rice hanno provato ad attaccare la cima anche la settimana scorsa, ma hanno dovuto fare dietrofront venerdì 8 maggio a causa delle forti nevicate. "Ha iniziato a nevicare in serata a campo 2 - racconta Pauner - e dopo poche ore, toccando le pareti della tenda, ho sentito che io e Pemba eravamo circondati da muri di neve. Completamente sepolti. Abbiamo picchiato da un lato, si è fatto un po' di spazio per respirare, ma la tenda stava cedendo. Abbiamo gridato, sono venuti dei giapponesi ad aiutarci, per fortuna siamo riusciti a saltare fuori. Ho provato a salvare gli scarponi, le macchine fotografiche, gli occhiali, ma è crollato tutto. Impossibile proseguire con quelle condizioni".

Non era migliore la situazione trovata dalla spedizione femminile andalusa di Lina Quesada che sabato è riuscita a raggiungere campo 3. La Quesada, insieme alla compagna Ana, è rimasta lassù per due notti di bufera di neve. Un'esperienza che ha messo a dura prova entrambe le alpiniste, che hanno iniziato a soffrire di mal di montagna e sono velocemente tornate al base.

La Quesada si è velocemente ripresa e, secondo quanto riferito da Explorersweb, sarebbe già pronta per provare di nuovo a raggiungere la cima. La sua compagna, invece, è stata recuperata in elicottero e ricoverata a Kathmandu con una emorragia ad un occhio
"C'è stato chi ha avuto problemi respiratori - racconta Pauner - c'è chi deve fare i conti con l'ansia e con la perdita dell'udito. Sembriamo oramai un esercito sconfitto, espulso dal regno del Manaslu. Guardo la montagna, bevo un sorso di caffè e mi chiedo se ci sarà ancora un po' di tempo per provare o se, al contrario, i giochi sono chiusi. Ma continuo a sperare".

Nei giorni scorsi, Pauner ha pubblicato sul suo sito web il video del tentativo di cima del 28 aprile, che ha coinvolto tutte le spedizioni presenti sulla montagna. CLMBING ADDICTED ve lo ripropone.



Street Boulder Contest 2009 - 15 maggio 2009

Lo STREET BOULDER CONTEST è una gara di arrampicata sportiva a carattere competitivo il cui luogo di svolgimento è la città, i muri, le colonne, i lampioni e tutto ciò che è arrampicabile. La sicurezza è garantita dalle modeste altezze raggiunte (non più di 4 metri) e da materassi appositamente costruiti dalle aziende del settore.

Una sera di maggio, nel centro storico di Genova… Per la sua seconda edizione genovese, lo Street Boulder Contest si insinua nel cuore della città e nei suoi vicoli. Un’appuntamento che si inserisce nella cornice particolare di un progetto di riqualificazione cittadina, per fare riscoprire e apprezzare quelle zone che, a dispetto della loro bellezza, sono da anni abbandonate a se stesse.

In un mondo statico come l’arrampicata lo STREET BOULDER CONTEST è un faro, una lenza a cui sempre più pesciolini stanno abboccando felici di essere pescati.

Urubko verso la parete sud est del Cho Oyu

news from KATHMANDU, Nepal -- Denis Urubko e il campagno di spedizione Boris Dedeshko hanno attaccato la parete sud est del Cho Oyu. Il duo, che ha intenzione di aprire una nuova via in stile alpino sul colosso himalyano, è partito ieri dal campo base con viveri sufficienti a una settimana.

Denis Urubko e Boris Dedeshk erano arrivati il 4 aprile al campo base del Cho Oyu, posto a 5.300 metri di quota. Ieri hanno attaccato la parete sud est, sulla quale vorrebbero aprire una nuova via in stile alpino, un progetto che Urubko cova dal 2001.

I due hanno portato con loro viveri e gas sufficienti a trascorrere una settimana sulla montagna. Non hanno con loro il satellitare, per cui sapremo dell'esito del loro tentativo solo a cose fatte, una volta che faranno ritorno al base.

Il Cho Oyu, 8201 metri d'altezza, è l'unico dei 14 ottomila che manca al fuoriclasse kazako. Urubko infatti, voleva già scalarlo l'estate scorsa dalla via normale, ma poi le chiusure cinesi glielo avevano impedito. Quest'anno finalmente ha potuto raggiungere la montagna, con questo nuovo progetto sul versante nepalese.


Bside Best Trick 2009 - 15 maggio 2009

1999. Il Bside era poco più di un garage con un muro d'arrampicata, ma il nuovo movimento boulder stava prendendo forma con con tutte quelle situazioni e quegli eventi che oramai sono parte integrante di questa scena. La necessità di trasmettere la passione che tra le mura del Bside si alimentava giorno per giorno, ci portò ad organizzare uno dei primi raduni ad autocertificazione come oramai ne sono ricche molte realtà dell’arrampicata. La prima edizione del Blocco mentale è una storia di cui ancora si parla. Quell’anno il vincitore della categoria amatori fu un ''pischello'' di nome Gabriele Moroni, e nella categoria Top i nomi erano in testa alle classifiche di coppa del mondo: Christian Core, Francois Lombard, Jerome MeJer, Arnaud Petit, Francois Petit, Flavio Crespi Cristian Brenna, Alberto Gnerro, Mauro Calibani.

Nel 2007, In occasione del decennale della nostra fondazione, ancora una volta la partecipazione fu enorme e lo spettacolo unico. Mauro Calibani fece ancora una volta vibrare tutto il pubblico e ci scaldò con l'energia che pochi sanno trasmettere quando stringono gli appigli.

Nel 1999 sperimentammo una nuova formula di gara. 10 anni dopo, vogliamo regalarvi un vero e proprio show dell’arrampicata con alcuni dei più importanti nomi della scena Boulder attuale Best Trick: la "manovra migliore" di un pugno di atleti selezionati. Questo è il concetto della nuova forma di spettacolo

Venerdi 15 maggio a partire dal primo pomeriggio, 5 tra i migliori boulderisti saranno al Bside per tracciare il loro blocco più duro. Solo nella serata, quando tutti gli atleti si confronteranno reciprocamente sui blocchi, verrà decretato il vincitore.

Per la prima volta i climber saranno anche tracciatori, esprimendo il loro concetto di arrampicata e difficoltà portata ai limiti. Cinque specialisti e il loro best trik, in uno spettacolo dove la musica sarà ancora una volta in primo piano. Dopo la gara, Un live concert sonorizzerà la serata la premiazione e le bolle della birra...

Per la prima volta i climber saranno anche tracciatori, esprimendo il loro concetto di arrampicata e difficoltà portata ai limiti. Cinque specialisti e il loro best trik, in uno spettacolo dove la musica sarà ancora una volta in primo piano. Dopo la gara, Un live concert sonorizzerà la serata la premiazione e le bolle della birra...Se venerdi sera vi siete surriscaldati quanto basta, sabato potrete scaricare le braccia e stimolare la motivazione a Chiomonte con la giornata test delle Nuove Speedster di La Sportiva e assistere alla seconda serata di proiezione Italiana del video The pure. La proiezione sarà ospitata nel BB Le Garbin dove sarà possibile cenare con carne e buon vino a costi di “Pizza e birra ” Se la meteo ci consentirà i lavorare adeguatamente, per l’occasione vi daremo in pasto un nuovo settore ideale per le giornate più calde...work in progress...

Manaslu: Merelli torna a casa mentre Panzeri rietenta

news from KATHMANDU, Nepal -- Strade divise per i Super Marios. Mario Merelli e Mario Panzeri infatti, dopo il tentativo di vetta andato male della settimana scorsa, si sono separati pochi giorni fa. L'alpinista bergamasco con tutta la squadra al seguito, ha fatto ritorno a Kathmandu, da dove prenderà il volo di rientro per l'Italia. Panzeri invece è rimasto al campo base del Manaslu per provare nuovamente la cima insieme a Carlos Pauner.

La squadra si è divisa qualche giorno fa, dopo il tentativo di vetta di inizio settimana scorsa. Martedì 28 aprile infatti, la spedizione italiana, insieme a quella spagnola di Pauner, aveva provato a salire in cima al Manaslu. Ma dopo ore ed ore estenuanti di lotta contro neve e vento, avevano tutti rinunciato.

Mentre i compagni provavano la vetta, Giuseppe Antonelli, l'alpinista della Val di Non che si era aggiunto al gruppo degli italiani, aveva perso la vita per un edema polmonare, mentre scendeva da campo 3 a campo 2.

Poi una volta al base, il gruppo ha ripreso le forze, soprattutto Marco Rusconi, che si era sentito male durante la discesa e che grazie alle cure del medico della spedizione spagnola si è ripreso rapidamente. Dopo che le consuete e dolorose pratiche burocratiche sono state assolte, la salma di Antonelli è stata rinviata in Italia. Gli alpinisti hanno quindi deciso di dividersi: Merelli, Zaffaroni e gli altri hanno lasciato la montagna per tornare a casa, mentre Panzeri è rimasto al campo base.

"Il compagno di spedizione di Carlos ha un principio di congelamento - spiega Panzeri al satellitare -, così abbiamo deciso di unire la forze e di salire insieme. Ora la cosa importante è il tempo: saranno 3 giorni duri, vogliamo fare tappa a campo 2, poi a campo 3 e poi tentare subito la vetta".

"Stiamo tenendo d'occhio le previsioni meteo - continua l'alpinista lecchese -. Fino a ieri davano 3 giorni di bel tempo a partire da sabato, ma oggi il bollettino è cambiato, annuncia neve. E in effetti, ieri ha fatto 30 centimetri di neve fresca, ora nevischia. Comunque c'è ancora tempo prima dell'arrivo dei monsoni".

"Con me al momento c'è uno Sherpa - conclude Panzeri -, che mi ha messo a disposizione Alberto Magliano. Mi aiuterà a salire e a montare i campi alti che avevamo smontato nei giorni scorsi. Verrà con me fino a campo 3 per darmi una mano a portare il materiale, poi in vetta andrò con Carlos".

Nel frattempo Merelli e compagni dovrebbero esseri in dirittura d'arrivo a Kathmandu proprio oggi. Nei giorni scorsi hanno percorso il trekking di discesa, incontrando alcuni rallentamenti dovuti a vari disordini. E' probabile che faranno rientro in Italia a breve.



"Giorni di ghiaccio" Marco Confortola racconta il suo K2

SANTA CATERINA VALFURVA, Sondrio -- E' nelle librerie da un paio di giorni l'atteso racconto di Marco Confortola sulle tragiche vicende del K2, dove lo scorso agosto l'alpinista è sopravvissuto ai tragici crolli dei seracchi che hanno causato la morte di 11 persone. Il volume si intitola "Giorni di Ghiaccio".

"C’è un silenzio irreale al campo base - si legge nel libro -. Sento gli occhi di tutti puntati su di me. Non dico niente. Mi avvicino al Chorten – il tipico monumento votivo buddhista – e m’inginocchio. In questo momento sono solo. Parlo alla montagna e le chiedo: “Perché l’hai fatto?” Una lacrima mi riga il viso. “Dove sono le altre tende?” domando a Roberto, “dove sono gli altri?”. “Sono morti.”

Edito da Baldini Castoldi Dalai, il libro ripercorre i fatti dello scorso agosto attraverso i ricordi dell'alpinista che, si legge nel libro, "dopo aver conquistato la cima, da cacciatore di ottomila è diventato preda del gigante himalayano e impotente spettatore dell’atroce destino dei suoi compagni di scalata".


Qui sotto: Marco Confortola da Daria Bignardi a "L'era glaciale"



Chris Sharma allo Squamish, BC, Canada