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Mezzalama 2011

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Storia e leggenda
della sci-alpinistica più alta del mondo
Un buon sciatore fa un passo e arriva
Fin dove l'orecchio sente, ne fa un altro e
Arriva fin dove l'occhio vede
(da un'antica cronaca svedese)

Trofeo Mezzalama ovvero la maratona dei ghiacciai. Una maratona con gli sci, e per l’esattezza sci da alpinismo, quelli ad attacchi mobili che si usano per la discesa, ma anche e soprattutto per la salita incollando le “pelli di foca” sotto la soletta. I ghiacciai su cui si svolge la parte nevralgica del percorso, sopra i tremila metri e superando in due tratti del percorso perfino i quattromila, sono quelli valdostani che ammantano le vette del Monte Rosa, a monte di Cervinia, di Champoluc e di Gressoney.
È sempre stata una gara-evento essendo la prova di scialpinismo più alta delle Alpi poiché supera la vetta del Castore (m 4226) e il Passo del Naso dei Lyskamm (m 4150). È anche la gara più classica perché è nata nel 1933, nell’epoca in cui sorgevano le prime stazioni sciistiche e i primi impianti di risalita, ma il Trofeo Mezzalama è rimasto fedele all’autentico sci-avventura dei pionieri che allora come oggi affronta l’alta montagna senza alcun aiuto meccanico, il vero fuoripista sia in salita, sia in discesa.

Lo sviluppo dello scialpinismo dopo la Grande Guerra fu incoraggiato dall’intensa attività esplorativa del torinese Ottorino Mezzalamache all’inizio degli anni Trenta, un segmento dopo l’altro, era ormai riuscito a collaudare una grande haute-route dell’arco alpino, dalle Alpi Liguri al Brennero. Quando Mezzalama il 23 febbraio 1931 cadde vittima di una valanga presso Vipiteno, tra gli amici torinesi del Cai, dello Ski Club Torino e del Club Alpino Accademico balenò l’idea di ricordarlo e di tramandarne la passione con una gara internazionale in alta montagna, di impegno sportivo senza precedenti, aperta a cordate di tre elementi: il Trofeo Mezzalama.
La sua storia, piuttosto movimentata sia per il grosso onere organizzativo che comporta, sia per le dure e volubili condizioni meteo in alta quota, si divide in tre periodi separati da lunghe interruzioni.

Dal 1933 al 1938 si disputarono le prime sei edizioni consecutive che collaudarono il tracciato arditamente alpinistico per l’epoca. Allora si partiva dal Colle del Teodulo (m 3300) per raggiungere il traguardo all’Alpe Gabiet (m 2400), passando attraverso la vetta del Castore e il Passo del Naso. Dopo l’iniziale successo di guide di Valtournenche e di minatori di La Thuile, dal 1935 la gara fu regolarmente dominata dalle squadre della Scuola Militare Alpina di Aosta. Dotati di leggeri sci da fondo e scientificamente allenati, gli alpini vincitori del Mezzalama strapparono la medaglia d’oro ai favoriti scandinavi nell’analoga gara di pattuglia alle Olimpiadi di Garmisch del 1936. Dalla vigilia della seconda guerra mondiale la gara scompare.

Dopo un trentennio di interruzione il leggendario, indimenticabile Mezzalama rinasce per iniziativa del gressonaro Romano Cugnetto.Dal 1971 al 1978 si disputano quattro edizioni, in cui si ricalca lo stesso percorso anni Trenta. Vincono sempre le squadre militari, alpini e forestali. L’edizione del 1975 vale come 1° Campionato del mondo di scialpinismo. Nel 1981 il maltempo manda a monte ogni tentativo di far partire una nuova edizione, finché gli organizzatori sono costretti ad arrendersi.

Con la diffusione sportiva dello scialpinismo, è risorto anche il Mezzalama grazie a una fondazione sostenuta dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta che organizza la gara ogni due anni. A dispetto dei capricci meteo e dei grossi oneri organizzativi, grazie all’imponente staff di guide, maestri di sci, militari e volontari diretti dalla guida di Champoluc Adriano Favre, la gara moderna si è regolarmente disputata dal 1997 negli anni dispari per sei edizioni. Del Mezzalama storico rimangono le squadre di tre elementi in cordata, ma il percorso si è molto allungato in testa e in coda: la partenza è posta al fondo delle piste di Cervinia (m 2020) e il traguardo a Gressoney-la Trinité (m 1637). Dal 2001 il regolamento ha vietato gli sci da fondo, prediletti dalle squadre militari, imponendo a tutti gli sci larghi adottati nelle gare internazionali di scialpinismo.



Freeride in Lombardia

Copertina "Freeride in Lombardia"


MILANO — Livigno, Isolaccia, Bormio, Santa Caterina, Madesimo, Passo del Tonale. Gli angoli più selvaggi, incantati ed emozionanti delle Alpi lombarde sono oggi finalmente catalogati in una serie di itinerari di freeride che faranno la felicità di principianti ed esperti. Il prezioso lavoro di “Freeride in Lombardia”, firmato da Giuliano Bordoni e Paolo Marazzi, è edito da Versante Sud nella collana “Luoghi verticali”.

Una guida che non può mancare nella libreria degli amanti della neve fresca. Ecco cos’è “Freeride in lombardia”, che in 160 pagine raccoglie 50 tra i più spettacolari itinerari freeride delle Alpi lombarde, molti dei quali sono ancora sconosciuti anche se sorgono accanto a ben noti comprensori sciistici. Tutti descritti con schede bilingui, in italiano e inglese.

All’inizio, una ricca introduzione fornisce al lettore gli strumenti per comprendere a fondo il linguaggio usato per descrivere difficoltà pericoli, simbologia e dà una infarinatura sul materiale tecnico necessario, sull’ambiente e sulla mappatura gps, strumento sempre più utile per chi vuole vivere la montagna in sicurezza. Poi, si parte con le schede.

Da Morfeo al Pisgana, dal Rock degli stambecchi al Madonnone di Livigno, ogni discesa descritta nel libro è corredata da diverse fotografie e da una scheda dettagliata che, oltre a spiegare l’itinerario, ne indica l’orientamento, il dislivello in salita e discesa, i tempi, l’inclinazione, le difficoltà e i rischi in caso di caduta, la possibilità di usare lo snowboard in discesa e, se esistono dei tratti da percorrere a piedi, quanto sono lunghi e come sono percorribili.

Divertentissima l’idea degli autori – Bordoni, guida alpina, e Marazzi, esperto di telemark – di usare dei piccoli boccali di birra come indicatore della “bellezza” di ogni itinerario.

Ma al di là degli schemi, questo libro vuole essere una vera e propria fonte di ispirazione. “Freeride abbraccia uno stile di vita, una filosofia, un pensiero positivo. Freeride vuol dire sapere amare la montagna, volerla conoscere, imparare a rispettarla”. Quindi forza: correte in libreria e poi caricate gli sci in auto. Le montagne lombarde vi aspettano.
Titolo: “Freeride in Lombardia”

Autori: Giuliano Bordoni e Paolo Marazzi

Editore: Versante Sud

Pagine: 160

Prezzo di copertina: € 25,00


patentino per lo skialp?


"Anche chi fa immersioni o parapendio frequenta corsi e riceve un brevetto. Non servono ulteriori divieti, serve invece una costante formazione per chi pratica lo scialpinismo". Questa la posizione di Hans Kammerlander rispetto ai numerosi incidenti da valanga causati dagli amanti della neve fresca. L'unico modo per evitarli, sostiene il fortissimo alpinista altoatesino è quello di obbligare a un'adeguata preparazione.

Un patentino che imponga agli amanti dello scialpinismo e del fuori pista di imparare le norme di sicurezza per andare sui pendii di neve fresca e un'assicurazione contro gli infortuni. Questa la soluzione ipotizzata da Hans Kammerlander, intervistato nei giorni scorsi dal giornale L'Alto Adige riguardo ai numerosi incidenti da valanga capitati sulle Alpi durante le ultime settimane.

"Non servono ulteriori divieti - ha dichiarato infatti l'alpinista di Campo Tures -, ne abbiamo abbastanza nella vita quotidiana. Serve invece una costante formazione per chi pratica lo scialpinismo. Solo chi è in grado di riconoscere i pericoli, li può valutare ed evitare". Anche se, ammette Kammerlander, "le pecore nere" ci sono dappertutto, anche tra i più esperti.

"Anche chi fa immersioni o parapendio frequenta corsi e riceve un brevetto - continua Kammerlander facendo un paragone con altre attività sportive outdoor -. Negli ultimi dieci anni il numero di scialpinisti si è moltiplicato per dieci. Ognuno cerca per la discesa un pendio immacolato e così aumentano gli incidenti".

Un problema a cui è necessario porre rimedio, soprattutto perchè oltre alle persone che decidono più o meno consapevolmente di rischiare, vengono messi in situazioni di pericolo anche i soccorritori. Per questo, secondo l'alpinista, Raffael Kostner, direttore operativo dell'Aiut Alpin Dolomites, ha ragione quando dice che bisogna imparare a dire no a soccorsi troppo pericolosi.

tutto il gruppo del Monviso

Il nome Monviso deriverebbe dal latino Mons Vesulus. Il termine Vesulus deriverebbe a sua volta dalla radice vesindoeuropea usata per indicare un'altura; in definitiva il nome Mons Vesulus significa montagna ben visibile (che la rende sicuro punto di riferimento per il viaggiatore) ed isolata come per l'appunto è il Monviso.Infatti, guardandolo dalla parte italiana, la sua forma piramidale imponente si erge maestosa quasi dal 'nulla', rendendo il Monviso visibile e riconoscibile anche da grandi distanze.

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bel ëd matìn e brut ëd sèra.
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come evitare l'insidia dei crepacci nei fuori pista

Una storia vera. Quella di una donna che, sciando lungo un ghiacciaio che conosceva bene, è precipitata in un profondo crepaccio. E questo soltanto perchè, avvicinandosi ad un dosso, ha deciso di fermarsi per vedere meglio la discesa che l'attendeva. Inizia così il nuovo, impressionante video prodotto dalle guide di Chamonix per promuovere la sicurezza dello sci fuoripista su ghiacciaio e ridurre il numero delle cadute in crepaccio.

Silenzio, buio, battito accellerato del cuore. La donna si ritrova otto metri nel cuore del ghiaccio senza sapere se riuscirà a tornare in superficie. Sciare su ghiacciaio è una delle cose più belle del mondo, ma è necessario essere consapevoli dei pericoli che comporta, per saperli evitare.

Ecco come è nato questo video, prodotto a Chamonix da Offpisteskiing e la Compagnie du Mont Blanc in collaborazione con la guida alpina e istruttore di sci Andy Perkins. L'obiettivo è di ridurre il numero di sciatori che cadono in un crepaccio. Un problema molto sentito ai piedi del Bianco, dove si trova uno dei fuoripista più celebri e frequentati del mondo, quello della Vallèe Blanche.

In sette minuti, il video spiega come riconoscere i crepacci, quale materiale alpinistico bisogna avere su ghiacciaio, l'utilità delle radio, come comportarsi in gruppo durante la discesa e cosa fare in caso di incidente. Per tutto l'inverno, questo video verrà proiettato sugli schermi dei comprensori dell'Aiguille du Midi e del Grands Montets.


SKI ALPINISM meet SNOWSHOES - Rocco & Carlitos up on the snow



una grande giornata in grande compagnia