Lightbox Effect

"Golpe de estado" ripetuto da Ondra



La notizia si era diffusa a macchia d'olio in tutto il mondo dell'arrampicata: Adam Ondra ha ripetuto "Golpe de Estado", il capolavoro di Chris Sharma a Siurana. I motivi per cui questa notizia si distingue dalle altre sono molteplici, perché non è soltanto la via più difficile che il 17enne arrampicatore della Repubblica Ceca ha salito fino ad oggi - da segnalare quindi un ulteriore passo avanti nella qualità della sua scalata – ma è anche la prima volta che un 9b è stato ripetuto e confermato nella storia di questo sport.

Golpe de estado è stata liberata da Chris Sharma alla fine del 2008 e percorre la partenza diretta di Estado critico, la via liberata da Ramón Julián Puigblanque nel 2004. Ondra ha lavorato sodo per chiudere i conti con "Golpe"; il cattivo tempo e un lieve infortunio sicuramente non hanno contribuito ad alleviare l'incredibile difficoltà incredibile di questa via.

Infatti, Ondra ha avuto bisogno di 29 tentativi (per lui un numero sbalorditivo) per ripetere la linea, dimostrando che il salto dal 9a+ a 9b è immenso. "Per me è stato psicologicamente molto impegnativo provare una via per così tanto tempo” ha infatti detto Ondra “soprattutto perché sapevo che ero molto vicino a salirla già al secondo, terzo giorno. Ma i movimenti sul passaggio chiave sono molto aleatori, richiedono un'estrema precisione. Così ho continuato a cadere. Ci sono stati giorni in cui il vento soffiava così forte che ho smesso dopo il primo tentativo. Poi mi sono infortunato, e c'è voluto del tempo per tornare in forma. Poi ho avuto l'influenza. Poi ho dovuto riprendere la forma a Siurana. Poi ha nevicato e ho avuto solo pochi giorni a disposizione per salire la via... E 'stato davvero stressante. Ma questo fa parte della sfida."

Visto che si era rotta una presa, Ondra ha dovuto anche salire una sezione leggermente più difficile nella parte alta della via. Racconta Ondra: "Sì, una presa si è rotta nella parte superiore, dove la via è in comune con Estado Critico, ma il passaggio chiave è lo stesso che ha fatto Chris. Una volta c'era una tacca mediamente buona, da questa si prendeva un verticale e si faceva un lancio ad un buon buco. Ora devi andare direttamente al verticale facendo una grande lolotte, non sei mai messo bene per il lancio. Estado Critico è notevolmente più difficile ora, da 8c+ diventa 9a. Ma se anche Golpe de Estado è significativamente più difficile non è facile dirlo. Ero davvero preoccupato per questa sezione, considerandola l'unica dove sarei potuto cadere nella parte che hanno in comune le due vie. Infatti lassù sono caduto una volta, ma con mia sorpresa ero su terreno più facile, ero di ghisa e ho commesso un errore. Poi quando ho fatto questo passaggio in continuità mi è sembrato più facile che quando lo lavoravo. Direi che anche prima della rottura la via è probabilmente stata 9b (come proposto da Chris, anche se forse un 9b facile). Ma ora è al 100% 9b."

Alla domanda come mai ha deciso di investire così tanto tempo ed energie in questo via, Ondra ha risposto francamente: "Beh, questa è una domanda semplice - perché è 9b! Volevo sapere come era un 9b, quindi la cosa più ovvia era andare a ripetere una delle vie di Chris. Se poi vi chiedete come si sente un 9b? La risposta è: dannatamente difficile!"

Congratulazioni ovviamente ad Ondra, ma anche a Chris Sharma per questa incredibile salita del 2008 che, assieme al
Neanderthal 9b a Santa Linya e Jumbo Love 9b a Clark Mountain in California, dimostra perché l'americano continua ad essere in assoluto una delle forze trainanti che sta dietro alle più difficili vie del mondo.


nuova via di Hervè e Marco Barmasse alla parete sud del Cervino

immagine
Dopo 12 ore di scalata, usciamo all'Enjambée. Io e mio padre siamo felicissimi. Ci abbracciamo, mangiamo un po di frutta secca e ripartiamo in direzione della capanna Carrel che raggiungeremo all'una del mattino". E' così che Hervè Barmasse annuncia la nuova via aperta sulla parete sud del Cervino, pochissimi giorni fa, in cordata con il padre Marco.

"All'una del mattino scaldiamo due birre ghiacciate e mangiamo un pezzo di fontina - racconta Barmasse figlio -. L’atmosfera intorno a noi era di pace, e anche se non ci siamo detti niente di speciale, eravamo coscienti del fatto che questa salita era ed è la più bella fatta fino ad ora; la salita di un padre e di un figlio, e tutto il resto è solo contorno".

La via nuova della cordata Barmasse si snoda sulla Sud del Cervino (4.478 metri) per 1200 metri. Nella foto, scattata da Damiano Levati, ci sono Hervé e Marco Barmasse impeganti nell'apertura della via. Altri dettagli? Per stavolta vi lasciamo con un pò di suspance... Montagna.tv vi regalerà il racconto e le immagini dell'impresa tra qualche giorno.

Chi volesse un'anteprima, però, può recarsi a Chiari, in provincia di Torino, domani venerdì 26 marzo, dove Hervè Barmasse ha promesso di mostrare le prime immagini della salita, foto e video, durante la sua serata che avrà inizio alle ore 21 presso la Sala Conceria in Via Conceria, 2.


zaino contro l’ipotermia


Ha fatto freddo quest’inverno, secondo alcuni più del solito. E ora che sembra stia davvero arrivando la primavera, ecco spuntare uno zaino che avremmo tanto voluto avere due mesi fa. Grazie a dei pannelli solari, infatti, questo zaino produce calore e mantiene al calduccio chi lo indossa.
Realizzato dai designer Kim Jangwoon, Lee Youngmin, Jung Soonho e Namgung Mina, risolve il problema dell’ipotermia durante le escursioni in montagna o se siete costretti ad andare in giro per la città ricoperta di neve.


La superficie dello zaino ha due pannelli solari: uno sulla schiena per cogliere i raggi diretti del sole e l’altro in basso. Entrambi convertono l’energia solare in calore che viene poi distribuito sui vestiti attraverso un condotto che li connette allo zaino.
In più, ha anche un bell’aspetto, cosa che non guasta. E speriamo che da qui al prossimo inverno i suoi ideatori trovino qualcuno disposto a produrlo.


trail autogestito "Le Finestre di Pietra"

Data tecnici: 37km 1900D+.

Caratteristiche: 50% sentiero, 50% sterrato, parte centrale del percorso innevata.

Dove: Cantalupo Ligure (AL).

Quando: 28/03/2010

Briefing: 8:45 AM

Ora partenza: 9:00 AM.

Durata prevista: veloci 4h30' lenti 6h30'.

INFO:

pietro.antonio.grassi@gmail.com

Il ritrovo e' alle ore 8:45 nella piazza principale di Cantalupo Ligure per un allenamento collettivo (Trail Autogestito) sul percorso delle Finestre di Pietra.

Il percorso e' quello ufficiale della gara del 15 Maggio 2010, per una lunghezza di circa 37km e 1900 di dislivello positivo. Molti Orsi accompagneranno il gruppo di trailer lungo tutto il percorso e l'allenamento sarà aperto a tutti quelli che vorranno cimentarsi per la prima volta in un corsa trail.

Unica incognita per il momento e' la neve sul percorso, soprattutto nella parte alta (circa 1100 mt s.l.m.) quindi vi terremo aggiornati sugli eventuali cambiamenti di programma. L'allenamento e' pensato per fare ammirare a tutti le bellezze della zona, per provare il percorso in vista della gara ufficiale e per lanciarsi nel trail running.

Sono necessarie delle scarpe adeguate (la prima parte del percorso si svolge quasi esclusivamente su sentieri con alcune rocce, mentre la seconda parte e' più scorrevole e facile), zainetto camel-bag o borracce piene (ci sono 3 punti acqua per rifornimenti, ma in inverno non sono garantiti) e abbigliamento adeguato per le basse temperature.

Il responsabile nonché promotore dell'evento è l'Orso Antonio, quindi per info: pietro.antonio.grassi@gmail.com

N.B. in base al livello dei partecipanti saranno oraganizzati più gruppi così nessuno si perde!!.Eventualmente organizzeremo un rientro da costa salata 20°km.


K2: la sfida con la morte dell'erede di Alison Hargraves

immagine
E' giunta l'ora di ripercorrere i tragici passi della madre per Tom Ballard. E' giunta l'ora del K2. Il figlio di Alison Hargreaves, una delle più celebri alpiniste inglesi e la prima donna a compiere la solitaria delle sei classiche pareti Nord delle Alpi, tra cui l'Eiger quand'era incinta di sei mesi, partirà quest'estate per salire il gigante pakistano dove la madre morì nel 1995.

Ballard aveva 6 anni quando la madre scomparve sul K2, travolta da una bufera dopo aver salito la cima senza ossigeno. Ora, a 21 anni, vuole ripercorrere i suoi passi, salendo quel gigante da solo: esattamente nello stile di sua madre.

"Non è per lei che scalo il K2 - ha detto il giovane Ballard alla stampa inglese - Ho bisogno di scalare queste montagne. E' una cosa che ho dentro. Sento che mia madre è lassù da qualche parte, ma è una cosa personale. Non credo ci sarebbe stata differenza se lei fosse morta in un incidente d'auto".

Ballard, che si trova da mesi sulle Alpi svizzere con il padre Jim e la sorella Kate per allenarsi in vista della spedizione, sarà seguito fino al campo base da un team di medici, cameraman e portatori. Ma da lì alla cima, dovrà farcela con le sue forze e senza ossigeno. Ha fatto sapere che girerà tutte le immagini con una telecamera da casco. La spedizione, infatti, diventerà un film.

La sua salita sarà documentata dal regista e documentarista Chris Terrill, lo stesso che pochi mesi dopo la morte della Hargraves filmò il trekking al K2 di Jim e dei due piccoli Tom e Kate producendo il documentario "Alison’s Last Mountain" per la Bbc. Un trekking che il padre volle fare a tutti i costi per ricordare la moglie e che diede adito a parecchie polemiche.

"Ogni genitore dovrebbe supportare i figli nelle loro ambizioni - ha detto Jim Ballard alla stampa inglese -. Io non ho mai spinto Tom a fare l'alpinista. Ma penso che Alison ne sarebbe davvero orgogliosa".

"La prima volta che l'ho filmato era lì, sotto il K2 a soli 6 anni, a dire addio alla madre - ha detto Terrill alla stampa -. Ma ora Tom è diventato un vero animale d'alta quota. La montagna ce l'ha nel sangue, in tutti i sensi. E' una storia avvincente quella di Tom e di questo suo ritorno al K2. Sopratutto perchè Alison è ancora lassù".

Il corpo della Hargraves, infatti, non venne mai ritrovato. "Forse sarebbe preoccupata per me - ha detto Tom Ballard - ma nel complesso orgogliosa e felice. Sto seguendo le sue orme, che sono già lassù: devo solo ripercorrerle e tener duro".

Non è la prima volta che Ballard ripercorre le scalate della madre. Tre anni fa ha tentato la Nord dell'Eiger lungo la via Heckmaier, e anche quell'impresa avrebbe dovuto essere filmata da Terrill, che purtroppo poi dovette rinunciare perchè venne ferito in Afghanistan.


Pucajirca Norte I - 6045 mt. - Perù

I Pucajircas fanno parte del massiccio montuoso chiamato Macizo de Santa Cruz, nella parte settentrionale della catena montuosa. Dal Pucajirca Central (6.014 m) partono due creste, una in direzione nord-nordovest e l'altra verso sudovest-ovest. Nella prima si alzano come denti il Pucajirca Norte I (6.045 m, la più alta del gruppo, della foto qui sotto), il Pucajirca Norte II (6.030 m) e il Pucajirca Norte III (5.919 m). Sull'altra cresta si alza il Pucajirca Sur (6.039 m) e, a continuazione, il Pucajirca Oeste I e il Pucajirca Oeste II, non quotati ufficialmente ma attorno ai 5.900 m.

Il nome, di cui esiste anche la grafia Pucahirca, deriva dalle parole quechua puca (rosso) e jirca (colle). Il significato del nome sarebbe dunque “colle rosso

il Pucajirca Norte I, fu salita il 12 giugno 1966 dai giapponesi Shigeo Nakagawa, Hiroshi Nakajima e Tamotsu Nakamura attraverso la cresta nord.


grazie all'amico Flemming per la foto ;)


Island Peak summit 6189 mt.


Annapurna: Edurne e gli altri sono già al campo 2

Salita lampo per i baschi di Al Filo de lo Imposible. In barba alle previsioni, secondo cui marzo sarebbe troppo presto per salire l'Annapurna, nel giro di tre giorni dall'arrivo al campo base EdurnePasaban e soci hanno già installato il primo e il secondo campo alto.

La Pasaban e i compagni sono saliti al campo 1 venerdì: una salita lenta, nella quale hanno raccolto filmati per la trasmissione Al Filo de Lo Imposible.

"Abbiamo dormito magnificamente lassù - racconta la Pasaban - e il giorno seguente siamo partiti alle 8.30 per raggiungere campo 2. Il ghiacciaio è aperto, ci è costato molto tempo trovare la strada e l'abbiamo segnata con bambu e bandierine. Salendo, sentivamo i "brrruummmm" delle valanghe, sono stati attimi di tensione".

Tutto però è andato bene. I baschi hanno attrezzato l'ultimo, complicato tratto di ghiaccio con 400 metri di corde e dopo 13 ore complessive di scalata hanno installato campo 2 a 5.600 metri. Poi sono rientrati al campo base dove per ora sono l'unica spedizione presente.

"Siamo soddisfatti del lavoro svolto - scrive la Pasaban - a poco a poco vediamo più da vicino la vetta. Ma siamo anche preoccupati. Sono incredibili le temperature miti di questi giorni, sembra estate. Abbiamo bisogno di bel tempo per la salita, ma non così caldo perchè sale il pericolo valanghe. Questo clima non è normale".

patentino per lo skialp?


"Anche chi fa immersioni o parapendio frequenta corsi e riceve un brevetto. Non servono ulteriori divieti, serve invece una costante formazione per chi pratica lo scialpinismo". Questa la posizione di Hans Kammerlander rispetto ai numerosi incidenti da valanga causati dagli amanti della neve fresca. L'unico modo per evitarli, sostiene il fortissimo alpinista altoatesino è quello di obbligare a un'adeguata preparazione.

Un patentino che imponga agli amanti dello scialpinismo e del fuori pista di imparare le norme di sicurezza per andare sui pendii di neve fresca e un'assicurazione contro gli infortuni. Questa la soluzione ipotizzata da Hans Kammerlander, intervistato nei giorni scorsi dal giornale L'Alto Adige riguardo ai numerosi incidenti da valanga capitati sulle Alpi durante le ultime settimane.

"Non servono ulteriori divieti - ha dichiarato infatti l'alpinista di Campo Tures -, ne abbiamo abbastanza nella vita quotidiana. Serve invece una costante formazione per chi pratica lo scialpinismo. Solo chi è in grado di riconoscere i pericoli, li può valutare ed evitare". Anche se, ammette Kammerlander, "le pecore nere" ci sono dappertutto, anche tra i più esperti.

"Anche chi fa immersioni o parapendio frequenta corsi e riceve un brevetto - continua Kammerlander facendo un paragone con altre attività sportive outdoor -. Negli ultimi dieci anni il numero di scialpinisti si è moltiplicato per dieci. Ognuno cerca per la discesa un pendio immacolato e così aumentano gli incidenti".

Un problema a cui è necessario porre rimedio, soprattutto perchè oltre alle persone che decidono più o meno consapevolmente di rischiare, vengono messi in situazioni di pericolo anche i soccorritori. Per questo, secondo l'alpinista, Raffael Kostner, direttore operativo dell'Aiut Alpin Dolomites, ha ragione quando dice che bisogna imparare a dire no a soccorsi troppo pericolosi.

Silvio "Gnaro" Mondinelli in partenza per la sua prima spedizione - Perù 1984



click the picture to enalrge it


360° dalla vetta dell' Ama Dablam (6856 mt.)


sopravvivere al K2: le confessioni di Wilco Van Rooijen

E’ il 2 agosto 2008, sul K2. Una serie di catastrofici crolli di ghiaccio uccide qualcosa come 12 alpinisti. E' allora che un puntino arancione viene individuato sulla montagna, fuori dal tracciato: si muove inesorabilmente in direzione del campo 3 della via Cesen. E' Wilco Van Rooijen. L'essere sopravvissuto lassù è stato a dir poco miracoloso. In uno straziante racconto da testimone oculare della tragedia, Van Rooijen descrive ora quei 3 giorni di “sequestro” nella zona della morte.

Wilco Van Rooijen si racconta in un libro, Surviving K2, pubblicato in olandese nel 2008 e ora disponibile anche in lingua inglese. E si racconta in questa intervista di Amanda Padoan, scrittrice americana autrice di "Buried in the sky", il libro-inchiesta sulla tragedia del K2 scritto dal punto di vista dei portatori e degli sherpa. Ecco la sua intervista, condotta per ExplorersWeb.

Wilco,è stato difficile scrivere questo libro?
Molto difficile. E’ dura scrivere un libro su 11 uomini morti, specialmente quando li conoscevi tutti. Abbiamo trascorso così tanto tempo insieme al campo base, aspettando che il meteo migliorasse. Il mio obiettivo era quello di spiegare come questo disastro è accaduto e come Gerard McDonnell, il mio caro amico e partner di arrampicata, è stato ucciso.
C’è voluto molto lavoro. Ho dovuto verificare tutte le informazioni, separare i fatti dalla finzione, e parlare con tutti gli altri sopravvissuti. Per la mia esperienza personale, ho usato i miei ricordi, le note scritte nel mio diario e i dati del mio Polar Outdoor Sportswatch. C’è stato un momento in cui ho passato il limite – ero allucinato e in stato di alterazione di coscienza - non sapevo distinguere il giorno dalla notte né tantomeno la mia posizione. Ma per fortuna, l’orologio ha registrato la quota ogni 15 minuti, così quando ho raggiunto il Campo Base, dopo 3 giorni nella zona della morte, ho scaricato l'intera serie di informazioni per capire cosa mi era successo.


Il libro comprende pagine del diario di tua moglie mentre aspettava notizie della vostra sopravvivenza - o della vostra morte. Come ti sei sentito la prima volta che l'ha letto?
Mi ha toccata nell’anima, e lo fa ancora. Non aveva notizie da 36 ore. Aspettava, giorno e notte, con il nostro bambino Teun, che aveva 7 mesi quando sono partito per il K2. Quando tornai a casa – o meglio quando ritornai dal regno dei morti, in un certo senso - ho letto la pagina in cui lei mi diceva addio. Mi ha fatto rabbrividire.

Tu descrivi il K2 come "l'altra donna" nel vostro matrimonio. Cosa c'è di così seducente in lei?
Sono stato innamorato di K2 da quando avevo 27 anni. Ma mia moglie capisce cosa sia K2 per me, capisce quando dico "Scalo perché voglio sentirmi vivo." Il K2 ha ancora una forte attrazione su di me. E’ una delle montagne più belle e magiche della terra.

Quante volte hai tentato K2?
Tre. Nel 1995, ho subito un grave infortunio, una roccia mi ha colpito sulla testa. Ho aspettato 11 anni e sono tornato nel 2006, salendo con Ger McDonnell, un compagno di cordata di cui mi potevo fidare al 200%. E nel 2008 abbiamo finalmente raggiunto la cima insieme. Sento ancora Ger che urla di gioia: "Siamo alla vetta del K2 !!!!!!" Che cosa è successo nella discesa è letteralmente incredibile. Tutte le corde erano lì ... e improvvisamente erano scomparse.

La vostra decisione di salire in vetta al K2 così tardi nel pomeriggio è stata contestata. Puoi giustificarla?
Abbiamo raggiunto la cima alle 6:39 del pomeriggio. Eravamo fiduciosi nella discesa al buio, perché avevamo fissato le corde pensato di seguirle fino al campo 4. Il problema è stato il crollo del seracco che ha spazzato via le nostre corde fisse. Sembrava impossibile, quasi illogico, che pezzi di ghiaccio crollassero alle 9 di sera quando la temperatura è in diminuzione. Normalmente, se i seracchi sono instabili i crolli avvengono durante la calura del giorno. Durante il periodo di acclimatazione avevamo studiato molto il seracco strapiombante, a distanza, con un teleobiettivo. Eravamo tutti convinti che i seracchi non erano meno stabili rispetto agli anni precedenti.

Avete discusso del tempo di salita, di un’ora limite alla quale tornare indietro?
Ne avevamo parlato, ma in quel momento abbiamo ritenuto sicura la nostra decisione di continuare. Sul K2 è diverso che sull’Everest, dove i leader della spedizione devono fornire ai loro clienti un tempo preciso al quale scendere prima che si esauriscano le bombole di ossigeno. Sul K2, la mia squadra stava salendo senza ossigeno.
Ma devo ammettere che la nostra velocità media di salita è stata troppo lenta perché la via era troppo affollata. La velocità è tutto per l'alpinismo d'alta quota. D'altra parte, cosa sarebbe successo se fossimo stati più veloci e fossimo scesi nel pomeriggio con il sole che picchiava sui seracchi? Non sarebbe stato considerato anche più rischioso questo? A mio parere, la soluzione migliore sarebbe stata quella di attendere l'oscurità in ogni caso, quando la temperatura scende, e fare la discesa nella relativa sicurezza del freddo notturno.


Le ultime ore di Ger McDonnell occupano una parte importante del tuo libro. Sulla base della tua ricerca, cosa gli è successo?
Nel mio libro, ho descritto, prove alla mano, il salvataggio che Gerard ha compiuto di almeno due uomini, che erano intrappolati nelle corde fisse. Marco Confortola ha contribuito al soccorso, ma poi ha dovuto scendere. Più tardi, Big Pasang Bhote, un portatore che assisteva i soccorsi, ha visto Gerard vivo che scendeva con i sopravvissuti. Big Pasang lo ha detto via radio a Pemba Gyaljie, che stava recuperando Marco in quel momento. Abbiamo le prove fotografiche che Ger ha continuato il soccorso. Il suo eroismo inizialmente è passato inosservato, anche perchè nessuno è sopravvissuto per raccontare la storia: Big Pasang, Ger e tutti gli altri sono rimasti uccisi da un nuovo crollo di ghiaccio in discesa.

Un altro sopravvissuto, Marco Confortola, non è d'accordo con questa versione sulle ultime ore di Gerard McDonnell. Perché c’è differenza tra il vostro racconto e il suo?
Marco non è assolutamente disonesto. E voglio sottolinearlo. Basandosi sulla sua memoria degli eventi, ha spiegato la sua verità. Come poteva, chiunque, essere lucido e analitico appena prima di perdere i sensi? Dopo la vetta del K2 salita senza ossigeno! Dopo un bivacco con me nella zona della morte! Dopo una discesa in libera dal collo di bottiglia con solo un bastoncino da sci! Naturalmente, Marco pensa di aver visto le cose chiaramente. Nessuno può sopravvivere la zona di morte per più di pochi giorni. Più a lungo ci resti, peggio è. Il giudizio diventa impossibile, è compromesso in partenza. Non si sa nemmeno dove si inizia ad avere le allucinazioni. Marco era incosciente. Per fortuna, Pemba ha potuto salvarlo con l'ossigeno e portarlo fuori dalla zona della valanga letale.

Come ti senti circa l'attenzione dei media dopo il K2?
E’ triste che i media abbiano scritto di alpinismo per la maggior parte del tempo, quando delle persone sono rimaste uccise. Io scalavo per sensibilizzare sulla pulizia e la conservazione dell’acqua con il mio sponsor, Norit. Noi cerchiamo di portare consapevolezza circa la sostenibilità di risorse preziose come l'acqua pulita. Poi è arrivata la tragedia, e nessuno ha chiesto nulla sul nostro messaggio. Tutto ciò che è stato detto in tutto il mondo dai media è stato puro sensazionalismo.

Chi sono gli eroi non celebrati?
Gerard McDonnell è un eroe. Ha combattuto per la vita dei tre stranieri. E Pemba Gyalje avuto il coraggio di salire, quando tutti gli altri andavano giù. Pemba, con Cas Van Gevel, ha intrapreso una missione impossibile e sono riusciti a salvare sia me che Marco.

Hai subito gravi congelamenti sul K2. Come è stato il tuo recupero?
Perdere tutte le dita dei piedi è orribile. Ho perso tutte le falangi su un piede. Scalare, arrampicare con il piede sinistro ora mi è molto difficile perché non riesco a fare pressione sul lato anteriore. L’arrampicata su ghiaccio è ancora più difficile. Voglio riprovare con il ghiaccio ma l'anno prossimo. Quando devi usare le punta frontali dei ramponi, è molto difficile, se non hai le falangi perchè non puoi più fare pressione. Nelle spedizioni, non penso di avere problemi grazie alla suola in carbonio mie scarpe. Se la pianta è completamente rigida e non devo piegare, non c'è nessun problema, si può controllare l'equilibrio anche senza l’alluce. La cosa più importante è di non guardare indietro, ma guardare al futuro. E non dare nulla per scontato, mai più.

Vuoi tornare sugli 8000?
Questo è sicuro. Quest'anno finirò le 7 summits. Ho scalato l'Everest senza ossigeno supplementare nel 2004. Ora mi mancano due montagne, la Carstensz Piramid e il Monte Vinson, per diventare il primo olandese a scalare le 7 summits “by fair means” senza ossigeno. Dopo il 2010, ho altre belle montagne impegnative sulla mia lista. Il Kanchenjunga mi sta guardando.


tutto il gruppo del Monviso

Il nome Monviso deriverebbe dal latino Mons Vesulus. Il termine Vesulus deriverebbe a sua volta dalla radice vesindoeuropea usata per indicare un'altura; in definitiva il nome Mons Vesulus significa montagna ben visibile (che la rende sicuro punto di riferimento per il viaggiatore) ed isolata come per l'appunto è il Monviso.Infatti, guardandolo dalla parte italiana, la sua forma piramidale imponente si erge maestosa quasi dal 'nulla', rendendo il Monviso visibile e riconoscibile anche da grandi distanze.

clicca sull'immagine per ingrandirla


« Quanda Viso a l'ha la spiumasera:
bel ëd matìn e brut ëd sèra.
»


fermento verso l'Annapurna

immagine
news from KATHMANDU, Nepal -- C'è fermento, in Nepal, per l'inizio della stagione alpinistica. Nei giorni scorsi a Kathmandu, infatti, sono sbarcati diversi team diretti all'Annapurna: la prima è Edurne Pasaban con la squadra di Al filo de lo Imposible, poi la coreana Oh Eun Sun alla caccia del primato femminile sugli ottomila, e infine Joao Garcia, intenzionato a diventare il primo portoghese ad aver salito i 14 ottomila. Proseguono, invece, le incertezze sui permessi di ingresso sul fronte tibetano.

La Pasaban e compagni, sbarcati in Nepal venerdì, sono già volati a Pokhara da dove hanno iniziato il trekking di avvicinamento. "Siamo saliti a 2.800 metri di quota per allenarci - racconta la Pasaban - abbiamo visto che non c'è molta neve sulle cime, un buon segno. C'è stato un inverno molto secco ed è caduta molta meno neve, a quanto pare, degli anni precedenti. Speriamo che anche i passi non siano carichi di neve e i portatori ce la possano fare fino al campo base. Altrimenti dovremo ricorrere all'elicottero".

La Pasaban, a quest'ora, avrebbe dovuto essere ai piedi dello Shisha Pangma, in Tibet, l'altro ottomila che manca alla sua collezione. La settimana scorsa, però, da Pechino è arrivato l'ordine di non far entrare nessuno in Tibet prima di aprile, perciò i piani baschi, precedentemente concordati con la Tibet/China Mountaineering association, sono saltati.

I confini tibetani sono chiusi da venerdì scorso a tutti i turisti e secondo quanto riferisce Explorersweb, non è chiaro quando riapriranno. Si parla del 10 aprile, ma in realtà nessuno sa cosa aspettarsi perchè le autorità cinesi non hanno fornito spiegazioni ufficiali per questa chiusura. Pare, comunque, c'entri l'anniversario della rivolta tibetana che cade il 10 marzo.

Anche Miss Oh, la coreana a cui manca solo un ottomila per completare il cerchio, si trova già in Nepal. Ma non raggiungerà immediatamente l'Annapurna: resterà nelle valli circostanti ad acclimatarsi fino a metà aprile. Poi tenterà la salita con due sherpa.

Da Lisbona è arrivato in Nepal anche Joao Garcia, 13 ottomila saliti senza ossigeno, che vuole chiudere i conti con l'Annapurna e diventare il primo portoghese ad averli saliti tutti e 14. Garcia insegue da anni questo sogno, e ha salito, finora, tutti i suoi ottomila senza ossigeno, purtroppo subendo diverse amputazioni a causa dei congelamenti.


snowshoes & slope - up on Rocca Nera 2318 mt.


Carlitos & Barchilson in una grande giornata ai pedi del Monviso per l'ascesa alla Rocca Nera 2318 mt; tempo ottimo, caldo becco durante l'ascesa, e pendenze (volute) importanti.



quota di partenza (m.): 1328
quota del summit (m.): 2318
dislivello complessivo (m.): 990
difficoltà: MR :: (medio racchettatore)
esposizione: Est
partenza: Frazione Porcili - Oncino (CN)
tempo salita: ore 3:30
tempo discesa: ore 2.00



ecco il team della grande sfida al Gasherbrum I

immagine
Silvio Gnaro Mondinelli, Daniele Bernasconi, Mario Panzeri, Soro Dorotei, Michele Compagnoni ed Hervé Barmasse. Ecco il dream team di guide alpine che la prossima estate sfideranno l'ultimo sogno himalayano, l'ultima parete completamente inviolata di un ottomila. La Nord del Gasherbrum I. I nomi dei protagonisti, che saranno guidati da Agostino da Polenza, sono trapelati alla stampa alcune ore fa. Ma sul programma della spedizione, che verrà presentata soltanto tra una settimana a Bergamo, c'è ancora massima segretezza.

"Questa spedizione segnerà la fine delle pareti vergini degli 8000 - si legge nel breve annuncio di lancio della spedizione -. Dopo quest'avventura, tra i colossi himalayani non ci sarà più nessuna parete interamente inesplorata nulla di intentato, nulla di simile da raccontare. La spedizione alla Nord del GI è già storia".

L'imminente spedizione alla Nord del Gasherbrum I era stata annunciata da Agostino da Polenza lo scorso ottobre a Bergamo, durante una serata dedicata all'amico scomparso Karl Unterkircher, che aveva realizzato con Bernasconi e Compagnoni la prima salita alla Nord del Gasherbrum II nel luglio 2007, in stile alpino. Le due Nord dei Gasherbrum, che cadono sul versante cinese della catena del Karakorum, sono state per decenni il sogno nel cassetto di Da Polenza e Kurt Diemberger: un sogno che adesso è ora di realizzare completamente.

Da Polenza, che sarà il capospedizione, aveva consegnato ad ottobre il compito di realizzarlo nelle mani di due alpinisti considerati indiscutibilmente tra i più forti del mondo: Mondinelli, 52 anni e 14 ottomila senza ossigeno, e Bernasconi, 39 anni Ragno di Lecco con una storia d'eccellenza tra arrampicata e alpinismo in quota. Oggi la squadra che tenterà quell'incredibile e mitica parete è stata completata con i nomi di Michele Compagnoni, 38 anni, valtellinese; Mario Panzeri, 46 anni, lecchese, Hervè Barmasse, 32 anni, valdostano, e Soro Dorotei, 59 anni, veneto. Una squadra di professionisti senza precedenti per l'eccezionale mix di esperienza, abilità, coraggio e fair play.

Programma di salita, tempi, impressioni dei protagonisti, via da seguire? Nulla di tutto questo è ancora dato a sapersi. La bocca dei protagonisti è cucita, e tutti i segreti della spedizione verranno svelati soltanto il prossimo 19 marzo, ad una selezionata schiera di giornalisti.

Arrampicata: Federazione entra nel Cio

immagine
VANCOUVER, Canada -- La Federazione Internazionale dell'arrampicata è stata riconosciuta ufficialmente nei giorni scorsi in Canada, dalla sessione plenaria del Comitato Internazionale Olimpico. Un passo importante per l'Ifsc, che mira a diventare disciplina olimpica. "I nostri atleti e il lavoro fatto negli ultimi anni hanno conquistato una medaglia d'oro qui a Vancouver", ha dichiarato il presidente della Federazione Marco Scolaris.


L'arrampicata non è ancora disciplina olimpica, ma un primo passo per diventarlo è stato fatto proprio nei giorni scorsi a Vancouver. Si è riunita infatti la Cio, il Comitato Internazionale Olimpico, che con sessione plenaria ha ratificato ufficialmente l'International Federation of Sport Climbing (IFSC).

Il primo atto in questa direzione, era già stato fatto nel 2007 con il riconoscimento dell'arrampicata da parte del CIO. Poi sono seguiti, come da protocollo, due anni di osservazione, che hanno portato a questo secondo atto ufficiale, un passo fondamentale per diventare disciplina olimpica.

Grande quindi la soddisfazione dei vertici dell'International Federation of Sport Climbing. "I nostri atleti e il lavoro fatto negli ultimi anni - ha dichiarato infatti sul sito della Federazione il presidente Marco Scolaris - hanno conquistato una medaglia d'oro qui a Vancouver: il pieno riconoscimento da parte del Cio"


Stupire e morire: Alison Hargraves

"Ero incinta, non malata". Così rispondeva Alison Hargraves a chi la criticava per aver salito in solitaria la Nord dell'Eiger quand'era incinta di 6 mesi. L'alpinista inglese, una delle figure più contradditorie ed eccezionali degli anni Ottanta, fu una ribelle sin dall'adolescenza e compì, da sola, salite che fino ad allora erano incredibili anche per gli uomini, come quella dell'Everest senza ossigeno, senza compagni e senza sherpa. Tentò di fare lo stesso sul K2, ma morì in discesa, a soli 33 anni, portata via da una violenta bufera che uccise sette alpinisti e che scatenò una delle polemiche più furiose di tutti i tempi.

Intrepida alpinista e madre affettuosa. E' così che potrebbe essere presentata, in quattro parole, Alison Hargraves.

Alison nasce in una famiglia borghese di Belper, nel Derbyshire. E' una studentessa brillante, destinata a laurearsi ad Oxford, in una delle più prestigiose università d'Inghilterra. Ma l'arrampicata, che conosce durante l'adolescenza grazie a Hillary Collins, la moglie del fuoriclasse inglese Pete Boardman, cambia la sua vita. A 18 anni interrompe gli studi per dedicarsi all'alpinismo e se ne va di casa per convivere con James Ballard, il proprietario di un negozio di articoli sportivi, che ha 16 anni più di lei. Otto anni dopo si sposano e hanno due figli: Tom e Kate.

Chi ha conosciuto Alison Hargraves, una piccola furia alpinistica (era alta meno di un metro e sessanta), la ricorda per lo straordinario talento naturale e per l'incredibile entusiasmo e determinazione con cui ha saputo insistere nelle sue ambizioni, ignorando i tabù dell'epoca e affermandosi già negli anni Ottanta come uno dei personaggi alpinistici più in vista a livello internazionale.

La Hargraves passa in fretta dalle pareti rocciose del Derbyshire alle vertiginose pareti alpine, e poi all'Himalaya. La sua prima spedizione extraeuropea è sul Kantega, una difficile cima di 6.779 metri in Nepal, quando ha 24 anni. Fa squadra con tre americani, Jeff Lowe, Tom Frost e Marc Twight, con i quali apre una via nuova, molto tecnica, sulla montagna. Un'impresa che stupisce il mondo alpinistico, e che le fa per la prima volta sognare un ottomila.

Nel 1988, però, rimane incinta. Ha 26 anni. Rinuncia temporaneamente all'Himalaya, ma non all'alpinismo: a 6 mesi di gravidanza, scala la nord dell'Eiger in solitaria. La nascita di Tom, il bimbo che portava in grembo e, e due anni dopo quella di Kate, non fermano l'alpinismo di Alison Hargraves. In quel periodo, non lascia l'Europa ma non rinuncia a scalare: nel 1993, accompagnata dalla famiglia, compie un memorabile viaggio sulle Alpi durante il quale completa le 6 le classiche Nord in solitaria: Eiger, Cervino, Aiguille Dru, Pizzo Badile, Grandes Jorasses e Cima Grande di Lavaredo. Un viaggio dal quale nasce "A Hard Day's Summer", il suo libro che ha però ben poco successo.

In quegli anni, poche donne sono impegnate nell'alpinismo, nessuna a questi livelli. La cosa da un lato à fastidio a molti, dall'altro le guadagna stima e ammirazione da parte di molti uomini e molte donne che oggi la considerano un'icona dell'indipendenza femminile. Per lei, comunque, la carriera alpinistica inizia a diventare un problema anche economico e così decide di ritornare in Himalaya, sperando di trovare sponsor più importanti.

Nel 1994, a 32 anni, tenta per la prima volta l'Everest: da sola e senza ossigeno. Ma deve rinunciare sopra Colle Sud, perchè si accorge di un principio di congelamento agli alluci che, continuando, avrebbe potuto solo peggiorare. Pochi mesi dopo, nella primavera 1995 ci riprova, dal versante nord. Con una salita veloce, raggiunge la cima il 13 maggio, in completa autonomia nonostante i molti alpinisti che operavano sulla montagna: Alison trasporta sulle spalle i suoi materiali, si installa i campi da sola e non fa mai uso di bombole.

E' un successo nazionale. La Heargraves è la prima donna inglese a salire senza ossigeno la montagna più alta del mondo. E la prima nella storia a salire in completa autonomia. Ed ecco che nasce in lei il sogno di salire le tre montagne più alte della terra - Everest, K2 e Kanchenjunga - da sola e senza ossigeno. Rientra in Inghilterra per qualche giorno e riparte subito per il K2, che vuole raggiungere nella stessa stagione.

Incredibile ma vero. Ci riesce, dopo due mesi di estenuante attesa di una finestra di bel tempo al campo base. Purtroppo, però, non fa ritorno. Alison Heargraves scompare in discesa, il 13 agosto 1995, nel mezzo di una tremenda bufera di neve che uccide anche tutti gli alpinisti saliti in vetta con lei: Javier Olivar, Rob Slater, Javier Escartín, Lorenzo Ortíz, Jeff Lakes e Bruce Grant.

Il gruppo arriva in vetta molto tardi, alle 6.45 del pomeriggio, dopo 12 ore di scalata. Una chiamata via radio dalla cima annuncia il successo e un cielo incredibilmente limpido, mentre dal basso la cima risulta già coperata di nubi. "Li ho visti tutti superare il Traverso, poi sono scomparsi nelle nubi" avrebbe poi raccontato Peter Hillary, il figlio di Sir Hillary, che li osservava con il binocolo. Hillary aveva iniziato la salita con la Heargraves e gli altri, ma poi era tornato indietro temendo un cambiamento del meteo.

Nel giro di un'ora dall'annuncio della cima, sulla parte alta della montagna si alzano raffiche a 140 chilometri orari che distruggono le tende. Secondo quanto riferito dalla rivista Outside, qualcuno dal campo base vede con il binocolo degli alpinisti letteralmente portati via da vento. Nessuna chiamata radio arrivò più da lassù, e nessun corpo viene più ritrovato. Solo Jeff Lakes riesce a scampare a quell'orrore, ma muore al campo 2 di sfinimento.

La tragedia finisce su tutti i giornali e si scatenano le polemiche sulla scelta degli alpinisti di proseguire verso la cima, nonostante l'ora tarda e le previsioni meteo. A tener banco, però, sono le scelte di questa donna, madre di due bambini piccoli, che volle insistere per tentare la cima nonostante le proteste dell'ufficiale di collegamento Fawad Khan. "Le dissi che era un suicidio, perchè aveva nevicato per dieci giorni - raccontò Fhan alla stampa -. Tutti gli alpinisti presenti decisero di desistere. Ma d'improvviso lei cambiò idea e disse "io vado". Pensai che fosse impazzita. Ma la sua decisione convinse altri a ritentare".

Dopo la tragedia, i più la accusarono di essere un'esaltata e un'egoista. Di aver provocato altre morti a causa della sua follia. Di aver voluto tentare ancora solo per gli sponsor, di cui lei aveva bisogno per mantenere la famiglia. Molti scavarono nella sua vita privata mettendo in piazza presunti problemi familiari e i dissapori tra il marito e la sua famiglia d'origine, che non ha mai digerito la fuga della figlia a 18 anni. Insomma, le parole si sprecarono e ovviamente, le polemiche non ottennero alcuna risposta.

Oggi, però, i più ricordano la Hargraves come un'icona dell'alpinismo femminile. Che ottenne risultati straordinari e che diede uno storico esempio di emancipazione nell'inseguire le sue aspirazioni. Una vita vissuta all'insegna del suo proverbio preferito: "Un giorno da leoni è meglio di cento giorni da pecora", che è fonte di continua ispirazione anche per i suoi figli: Tom, che segue le sue orme in campo alpinistico e quest'estate tenterà il K2, e Kate, che lavora come maestra di sci in Svizzera.



Christian Core - "Gioia" sit start 8c+


no Shisha, subito Annapurna: la Cina blocca la Pasaban


immagine
"Nessuna spedizione avrà permessi alpinistici fino ad aprile. Siete pregati di rimandare la vostra spedizione allo Shisha Pangma fino a quella data". E' con questo messaggio che la Cina Tibet Mountaineering Association ha mandato in frantumi i piani, e forse anche i sogni di gloria, di Edurne Pasaban. L'alpinista basca, sul piede di partenza per il Tibet, era decisa a salire presto lo Shisha per poi passare all'Annapurna e magari battere sul tempo la coreana Miss Oh nella corsa alla prima donna alla conquista dei 14 ottomila. Ma ora, nonostante il repentino adeguamento dei piani, la cosa si fa molto difficile.

Sarà dura ora - ha confessato la Pasaban ad Explorersweb -. Il mio obiettivo principale è completare i 14 ottomila, ma onestamente, non avevo rinunciato a sperare di essere la prima. I giochi sono ancora aperti, perchè non provarci? Ma ora è difficile. Dovevamo partire ieri e solo 20 ore prima è arrivato il messaggio dalla China/Tibet Mountaineering Association".

La Pasaban voleva salire lo Shisha, 8.027 metri, in Tibet, prima della metà di aprile salendo dalla via normale con la variante Inaki Ochoa. Poi, passare direttamente all'Annpurna, 8.091 metri, già acclimatata e pronta ad un tentativo veloce per provare a battere sul tempo la coreana, alla quale manca solo l'Annapurna per competare il cerchio dei 14 ottomila e che sarà ai piedi della montagna da metà aprile.

Per questo i baschi avevano chiesto ai cinesi di anticipare il tentativo allo Shisha. Avevano concordato un permesso di salita che partisse dal 16 marzo, ma ora, il giorno prima della partenza, la Cina ha mette il veto. Che fare dunque?

I bidoni erano pronti, gli alpinisti pure. La decisione è stata repentina, la Pasaban e compagni partono per l'Annapurna. Non sarà facile, in condizioni invernali su quella parete pericolosa e incline alle valanghe. Al campo base non ci sarà nessuno e la squadra dovrà preparare la salita completamente in autonomia.

"All'Annapurna avrebbe dovuto essere una salita veloce, toccata e fuga - ha detto la Pasaban - in poche ore invece è diventata una mega-spedizione pronta a fissare corde e installare campi. Sarà un lavoro di settimane. Ma nonostante questo, mi sento alla grande. Partiremo tra qualche giorno e con noi ci sarà Nacho Orviz, che ha salito 4 ottomila".

Il resto della squadra è formato dai fedelissimi Alex Chicon, Asier Izaguirre, Ferran Latorre con il medico Pablo Munio.

Daniel Woods on "The Game"

Daniel Woods on "The Game"


Mt. Kantega - 6.783 mt. - Khumbu Valley - Nepal



Mt. Kantega - 6.783 mt. - Khumbu Valley - Nepal
Foto scattata durante il percorso dell'Everest B.C. trekking. (dic 09 - gen 10)