Lightbox Effect

Mario Panzeri sulla middle dello Shisha: non mi arrendo!

news from LHASA, Tibet -- "Abbiamo fatto la cima middle. Un'altra volta". Ci sono delusione e stanchezza nella voce di Mario Panzeri, che ci ha chiamato poco fa dal campo base per annunciare che sullo Shisha Pangma, una vetta l'hanno fatta, ma purtroppo non è quella principale di 8.027 metri. "Il traverso era troppo pericoloso - racconta l'alpinista -. Ma non mi arrendo. Ritenterò tra 4 o 5 giorni. E da un'altra via".

Panzeri è rientrato poco fa al campo base, dopo quattro giorni sulla montagna. Partito dal campo base venerdì, come da programma ha tentato la cima domenica mattina, insieme all'americano Nick Rice, ai baschi Juanito Oiarzabal e Tolo Calafat, e ad un rumeno.

"Siamo partiti da campo 3 all'alba - racconta l'alpinista - siamo arrivati sulla middle e abbiamo provato ad attraversare verso la cima centrale. Ma non c'è stato verso. Le cornici erano enormi e pericolanti, il pendio sottostante non parliamone. Abbiamo manovrato un po' ma abbiamo dovuto tornare indietro".

"Eravamo convinti che la normale fosse in buone condizioni - prosegue Panzeri -. Andrew Lock, che è qui per raggiungere il 14esimo ottomila, era deciso a salire dalla via normale e assicurava che la cresta era percorribile. Ci siamo fidati, e invece quel tratto era impraticabile. Adesso lui, che era rimasto al base, domani riparte per andare in cima, ma vista la nostra esperienza proverà a salire dalla via di Inaki Ochoa".

Panzeri e compagni, al rientro, si sono fermati a campo 3 per la notte. Poi sono scesi al base e si sono salutati: Oiarzabal e il suo compagno di cordata hanno deciso di rientrare in Spagna. Panzeri e Rice, invece, non hanno nessuna intenzione di lasciar perdere. L'alpinista lecchese, d'altro canto, aveva già intascato la cima middle dello Shisha Pangma nel 2005 con Mario Merelli. Ed è ritornato qui deciso ad agguantare quella principale, per segnare così l'undicesimo ottomila ufficiale del suo curriculum.

Difatti, Panzeri non vuol sentir parlare di complimenti. "No, no, quali complimenti - protesta l'alpinista - anche qui me li fanno tutti, perchè la middle è più di 8000 metri. Invece no. Li voglio solo per la cima vera! Ci riproverò tra qualche giorno. Il tempo di riposarmi e poi con Nick proveremo a salire un'altra volta, stavolta anche noi dalla via di Ochoa. Non sarà facile, anche quella è piena di neve e, mentre gli austrialiani sono 4, noi saremo solo due. Ma ci proveremo".

Il video sottostante, girato proprio da Inaki Ochoa il giorno della sua cima sullo Shisha, mostra prima la vetta principale e poi la cima centrale della montagna. In mezzo, il pericoloso traverso carico di neve."L'unico problema è che continua a nevicare - conclude Panzeri -. Il mattino magari fa bello, poi il pomeriggio si chiude e mette giù quei 20 centimetri di neve che creano problemi. L'altro giorno per salire a campo 3 ci abbiamo messo 7 ore. Un'eternità, e solo perchè bisogna battere di nuovo tutta la traccia".

Ma ora, è tempo di recuperare le forze. Panzeri resterà al base per qualche giorno, poi non appena le previsioni chiameranno una finestra di bel tempo, si riorganizzerà per la nuova salita
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è vetta!! Cho Oyu in tasca per Merelli e Zaffaroni!

news from LHASA, Tibet -- Ce l'hanno fatta, Mario Merelli e Marco Zaffaroni. Sono arrivati sulla vetta del Cho Oyu, 8.201 metri, questa mattina alle 9.30 ora tibetana. I due alpinisti bergamaschi sono partiti prima dell'alba da campo 2, 7.200 metri di quota, nonostante le nubi. E dopo alcune ore di salita hanno toccato l'agognata cima, che per Merelli rappresenta il nono ottomila, e per Zaffaroni il secondo, dopo la middle dello Shisha Pangma e quattro sofferte spedizioni.

"Mario e Zaffa mi hanno chiamato dalla cima - annuncia raggiante Mireia Giralt, fidanzata di Merelli, dal campo base -. Stanno benissimo, ora stanno scendendo. Quando sono partiti era nuvoloso ma poi è uscita una giornata bellissima. Ora sulla cima si era fatta un po' di nebbia, ma il tempo è sereno".

Merelli e Zaffaroni puntano a campo 1. Vogliono riuscire a scendere fino a quell'altezza in giornata e dormire lì. "Mario mi ha chiesto dove ero - racconta Mireia -, ma oggi non sono salita fino al primo campo. Era brutto tempo e pensavamo che non fossero partiti. Qui ormai è una settimana che di notte è brutto, ma poi di giorno escono giornate splendide. Per fortuna ne hanno approfittato".

Domani, sarà tempo di festeggiamenti al campo base. Dopo la sofferta spedizione primaverile al Manaslu, segnata da mille difficoltà e dalla perdita di un compagno, Zaffaroni finalmente ha realizzato il suo sogno, e Merelli ha messo la "ciliegina sulla torta" di un periodo che pare essere splendido sotto tutti i punti di vista.

Questa "luna di miele" al Cho Oyu, infatti, pare proprio non potesse andare meglio, anche per la Giralt. "E' vero - dice Mireia -. Ieri ero un po' così così, ero preoccupata. Ma oggi... oggi, dopo che mi hanno telefonato... è bellissimo, non vedo l'ora che arrivino qui domani!".

Domani, però. Oggi c'è ancora la discesa a cui pensare. I due alpinisti sono in cammino da molte ore e ormai non dovrebbe mancare molto al campo 1. Appena sapremo del loro arrivo, ve ne daremo notizia. Continuate a seguirci!


Juan Vallejo, Alberto Inurrategi e Mikel Zabalza: video salita al Colle Nord dell'Everest



Angela Eiter su Schattenkrieger



Angela Eiter su Schattenkrieger
Foto Bernhard Ruech


Merelli e Zaffaroni tenteranno ad ore...

news from LHASA, Tibet -- Due giorni di ritardo a causa del tempo instabile. Ma sembra essere arrivata l'ora di tentare la cima anche per Mario Merelli e Marco Zaffaroni, che attualmente si trovano a 7.200 metri, sulla via normale del Cho Oyu. I due alpinisti, se perdurerà il bel tempo, partiranno questa notte.

Merelli e Zaffaroni sono partiti sabato dal campo base. Hanno raggiunto campo 1 e ieri sono saliti a campo 2. Il tentativo era fissato per questa mattina, ma uscendo dalla tenda i due alpinisti hanno visto delle nubi circondare la cima e hanno preferito rimandare di 24 ore la partenza.

"Stamattina era arrivata notizia di 6 alpinisti in salita - ci racconta dal campo base Mireia Giralt, fidanzata di Merelli - pensavo che anche loro fossero partiti per la cima. Invece poi mi hanno fatto sapere che erano fermi a campo 2 e tenteranno stanotte. Il tempo non era il massimo e non si sono fidati. E' un peccato perchè poi è uscito un giorno davvero bello, ma dovrebbe essere così anche domani".

Le previsioni meteo sulle cime himalayane, negli ultimi giorni, non sono state molto affidabili. Una finestra di bel tempo per sabato e domenica ha indotto molti alpinisti a tentare la vetta, ma nubi e nevicate hanno mandato all'aria molti piani.

"Sono giorni che divento matta con le previsioni - prosegue la Giralt -. Vado a confrontarle con le altre spedizioni ma le versioni sono tutte diverse. Tendenzialmente sono buone, comunque Mario e Zaffa decideranno in base ciò che vedranno usciti dalla tenda. Partiranno direttamente da campo 2, perchè il terzo campo sarebbe stato soltanto trecento metri più in alto e non valeva la pena attrezzarlo".

Nei giorni scorsi diversi gruppi hanno raggiunto la cima del Cho Oyu. I primi sono stati 4 baschi il 22 settembre, poi alcune commerciali. Ma c'è ancora molta gente in movimento sulle pendici del gigante tibetano di 8.201 metri. Le prossime ore potrebbero essere decisive per molti.



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Cho Oyu, Merelli attacca mentre è vetta per La Terra

news from KATHMANDU, Nepal -- E' vetta per Simone La Terra. Il giovane alpinista lombardo è arrivato sugli 8.201 metri del Cho Oyu ieri all'una del pomeriggio, insieme a due spagnoli e ad una quindicina di altri alpinisti, appartenenti per la maggior parte alle spedizioni commerciali. Nel frattempo, sulla stessa montagna, è partito l'attacco alla cima di Mario Merelli e Marco Zaffaroni.

La Terra, partito a fine agosto dall'Italia, è arrivato al campo base tibetano lo scorso 6 settembre. Compiuto l'acclimatamento, qualche giorno fa ha deciso di tentare la cima approfittando di un'imminente finestra di bel tempo. E' salito a campo 2, dove ha pernottato martedì notte, e poi ha tentato la cima. Secondo quanto riferito da suo padre, che lo ha sentito via satellitare, l'alpinista avrebbe raggiunto la vetta alle 13 di ieri, poi sarebbe sceso direttamente al campo base.

Nelle prossime ore, dovrebbero arrivare racconto e foto dell'alpinista che con questa salita ha raggiunto il suo quarto ottomila. La Terra è salito con due amici spagnoli probabilmente partecipanti ad una delle tante spedizioni commerciali che sono arrivate in cima nelle scorse ore. Tra gli altri, secondo quanto riferito da Explorersweb anche i tre maltesi Robert Gatt, Gregory Attard and Marco Cremona, che hanno segnato una data storica per la loro nazione: nessun maltese, fino a ieri, aveva mai salito una cima di 8000 metri.

I primi a raggiungere la cima dell'ottomila tibetano in questa stagione, comunque, sarebbero stati 4 alpinisti dei Paesi baschi, martedì intorno alle 16.30. A quanto pare il gruppo aveva pensato di tentare ieri con tutti gli altri, ma una previsione meteo dell'ultim'ora sembrava annunciare un peggioramento imminente e così hanno tentato il tutto per tutto il giorno prima. Roberto Rojo "Gorri", che ha fatto parte del gruppo di vetta, ha raccontato di aver aperto la via, nella parte sommitale, lottando contro neve che arrivava fino al petto.

Sul Cho Oyu, comunque, le emozioni sono appena cominciate. Questa mattina, infatti, sono partiti dal campo base anche Mario Merelli e Marco Zaffaroni che vogliono tentare la cima durante la finestra di bel tempo prevista per sabato e domenica. I due alpinisti hanno montato il campo 2 a 7.100 metri un paio di giorni fa e hanno passato la notte lassù. Dopo un giorno di riposo al base, hanno deciso che era venuto il momento di provare.



Mario Panzeri è partito per la cima dello Shisha

news from LHASA, Tibet -- "Domani si parte!". Non stava nella pelle, ieri sera, Mario Panzeri: la sua voce, via satellitare, tradiva allegria e impazienza. Sullo Shisha Pangma, infatti, è finalmente arrivata l'ora di tentare la vetta: l'alpinista lecchese partirà domattina all'alba dal campo base con lo spagnolo Juanito Oiarzabal e l'americano Nick Rice.

"Ieri ho ricevuto le previsioni meteo - racconta Panzeri -. Chiamano bello il 26 e il 27 settembre. Le condizioni della montagna per il momento sembrano buone, dunque proviamo a salire dalla via normale fino in vetta. Male che vada, se la cresta risultasse impraticabile, andremo per la via di Inaki Ochoa".

Ochoa, infatti, nell'ottobre 2006 aveva aperto una variante della via normale che evitava l'insidioso traverso tra la cima middle alla cima principale dell'ottomila tibetano, che spesso versa in pessime condizioni e risulta impossibile da superare. La variante dell'alpinista basco parte da campo 3, a circa 7.400 metri di quota, traversa verso est scendendo di un centinaio di metri sotto un seracco e poi sale diritta verso uno sperone di roccia che porta alla cresta orientale, dove passa la via degli Inglesi che sale dal versante sudovest della montagna.

"Domani partiamo io, Nick e quell'animale di Juanito - scherza Panzeri -. Non so come faccia ad avere voglia di rifare i 14 ottomila ma sembra convinto... è troppo forte. Domani andiamo solo a campo 1, non al 2 perchè vogliamo risparmiare energie per l'ultimo giorno. Proveremo la cima domenica. Ma per adesso non parliamone, meglio pensare un giorno per volta!".

Panzeri e Rice avevano affrontato insieme la salita al Manaslu questa primavera, arrivando entrambi in cima dopo una spedizione lunga oltre due mesi. Ora, si sono ritrovati insieme allo Shisha, che proveranno a "vincere" nei prossimi giorni.

Ad attendere Panzeri al campo base ci sarà la moglie Paola, che dopo un inizio travagliato a causa di qualche problemino con l'altitudine, si è rimessa in forma ed è risalita ai piedi dello Shisha. L'ottomila tibetano, 8.027 metri, potrebbe diventare l'undicesimo ottomila di Panzeri, che ha sempre scalato senza ossigeno e senza portatori, come farà anche questa volta.

Denis Urubko sul pilastro "Zakharov" del Peak Semenov

Volteggi sulla parete, passaggi che richiedono sforzo disumano e vivaci momenti di cordata. E' Denis Urubko il protagonista di questa salita sul vertiginoso pilastro Zakharov del Peak Semenov, montagna di 4.875 metri nel Tien Shan. Urubko ha compiuto la scalata con i compagni Boris Dedeshko, Violetta Afuksenidi e Vitaliy Komarov.


La catena del Tian-Shan si trova nel cuore dell'Asia e culmina con il Pik Pobeda a 7.439 metri di quota, sul confine tra Cina e Kirgizstan. Tra laghi, ghiacciai e immense pareti, nel nord della catena, si erge il Semenov Peak, che Urubko ha definito uno "splendido banco di prova".
L'alpinista russo e la sua cordata hanno scelto la via Zakharov, aperta circa vent'anni fa sul pilastro della prima fotografia. Per arrivare in vetta, ci sono voluti due giorni con oltre 10 ore di scalata ciascuno



Tien Shan

Il Tien Shan (in cinese: 天山; pinyin: Tiān Shān; le montagne celesti), chiamato anche Tian Shan, è una catena montuosa che si trova in Asia centrale, vicino al deserto del Taklamakan e tra i confini di Kazakistan, Kirghizistan e la provincia cinese di Xinjiang. Nel sud si collega con la catena del Pamir. Il nome attuale è una traduzione dal nome uiguro di Tengri Tagh.
La catena del Tien Shan è nata, come l'
Himalaya, dalla collisione tra la placca indiana e quella eurasiatica nell'era cenozoica. Si estende per 2.800 km e le sue vette più alte sono il Pik Pobedy (7.439 m) e il Khan Tengri (7.010 m).
Il
Syr Darya, l'Ili e il Tarim sono i principali fiumi che attraversano in Tien Shan.



Street Boulder Contest 2009 - Torino - 27 Settembre


Il 27 settembre, dalle 19.00, si rinnova l'appuntamento annuale con l'arrampicata metropolitana a Torino!In occasione della 5a edizione dello Street Boulder Contest torinese all'evento si uniscono anche gli appassionati di BMX, skate, freestyle e parkour, per dare luogo ad un evento unico in Italia destinato a raccogliere tutti gli appassionati degli sport di strada.Come al solito, registrandosi su questo sito sarà possibile ricevere l'sms e la mail con le indicazioni del luogo di incontro.


la guerriera degli 8000

Wanda Rutkiewicz

È considerata una delle più grandi alpiniste del nostro secolo, se non la più grande in assoluto. Fu tra le prime a tentare la corsa agli ottomila. Ne scalò 8 tra il 1978 e il 1992, di cui il Cho Oyu e l’Annapurna sud in solitaria. Senza contare che fu la prima donna in cima al K2, scalato assolutamente senza ossigeno nel 1986. Caparbia, coraggiosa. Lo spirito di un guerriero.

Wanda Rutkiewicz è una dei personaggi chiave della storia dell’alpinismo femminile. Pioniera dell’himalaysmo, delle scalate ardite, del confronto paritario tra uomo e donna. Iniziò ad affrontare le montagne più alte della terra nel 1978. Collezionò 8 ottomila. Un numero straordinario se si pensa che ancora oggi, almeno finora, nessun’altra è riuscita a concludere la sua impresa.

La Rutkiewicz nasce il 4 febbraio del 1943 a Plungė, allora territorio polacco, oggi lituano. Dopo la Seconda Guerra mondiale la sua famiglia si trasferisce nella Polonia del sud a Wrocław e qui prende la laurea in ingegneria elettronica.
Nel 1978 inizia a scalare le grandi montagne della terra, e comincia col botto, con quella più alta di tutte, l’Everest. È lo stesso anno in cui Reinhold Messner e Peter Habeler raggiungono la vetta senza ossigeno per la prima volta nella storia. Il 16 ottobre la Rutkiewicz diventa la terza donna in assoluto in cima agli 8.848 metri della montagna, la prima tra le europee.

Il 15 luglio del 1975 scala il Nanga Parbat. Non è la prima salita femminile della montagna, compiuta infatti l’anno prima da Liliane Barrard con il marito Maurice. Ma è la prima spedizione costituita da sole donne ad arrivare in cima. Con lei c’erano with Krystyna Palmowska e Anna Czerwinska.
Il 1986 è l’anno magico. È il 23 giugno quando la Rutkiewicz scala senza ossigeno il K2: diventa la prima donna in cima alla “montagna delle montagne”. Addirittura aspetta in vetta il francese Michel Parmentier e i coniugi Maurice e Liliane Barrard. Questi ultimi due saranno poi tra le 16 vittime di quella tragica annata sulla seconda vetta del mondo: moriranno entrambi durante la fase di discesa. Pochi giorni dopo, all’inizio di agosto, sarebbero morti anche il grande Renato Casarotto e Julie Tullis.

Diciotto settembre 1987. L’alpinista polacca raggiunge la cima principale dello Shishapangma insieme a Ryszard Warecki. Il 12 luglio dell’89 è la volta del Gasherbrum II, in vetta con l’inglese Rhony Lampard. Poi il 16 luglio dell’anno dopo scala l’Hidden Peak, ovvero il Gasherbrum I, con Ewa Panejko-Pankiewicz.
Nel 1991 mette a segno altre grandi imprese. Sale il Cho Oyu (26 settembre 91) e l’Annapurna (22 ottobre 91) dalla famigerata parete sud, entrambi in solitaria.
Infine il Kanchenjunga nel maggio del 1992. Sarebbe stato il suo nono ottomila, ma secondo le ricostruzioni rimase appena 300 metri sotto dalla vetta, sulla parete sud ovest. Era il 12 del mese. Insieme a Carlos Carsolio aveva lasciato campo 4 (posto a 7.950 metri) diretta verso la cima intorno alle 3.30 del mattino. Ma mentre il suo compagno raggiungeva la cima dopo 12 ore di cammino, lei rimaneva indietro.

Carsolio la ritrova intorno agli 8.200-8.300 metri sulla via di discesa. La Rutkiewicz aveva infatti deciso di fermarsi lì, di bivaccare a quella quota e di proseguire per la vetta il giorno dopo. Ma non aveva con sé cibo, né niente per cucinare o per bivaccare. E' l’ultima volta che qualcuno l'ha vista viva.
Il 29 aprile del 1995 viene ritrovato il suo corpo. A scoprirlo, circa a quota di 7.700 metri, cento metri sotto un seracco, è stato niente meno che Silvio “Gnaro” Mondinelli, che quell’anno tentava il Kanchenjunga insieme a Fausto De Stefani e Simone Moro.

“Eravamo all’ultimo campo – ci racconta Gnaro -, stavo salendo da solo, De Stefani era in tenda, quando ho visto che dalla neve spuntava un mazzo di chiodi al titanio e un pezzo di stoffa. Ho scavato per vedere cosa c’era sotto e ho trovato il corpo di una donna. Le mancava un pezzo di testa, aveva solo la mandibola e diverse ossa rotte. Abbiamo poi scoperto che si trattava di Wanda”.
“L’ho legata e ho trascinata giù – continua Mondinelli -. Ho raggiunto gli altri e le abbiamo scattato delle foto per il riconoscimento. Poi l’ho lasciata andare, delicatamente, in un crepaccio liscio e obliquo. I suoi compagni all’inizio dubitavano che fosse lei, perché nello stesso periodo era morta un’alpinista rumena e perché in effetti lei era salita dal versante opposto. Poi però l’hanno riconosciuta e mi hanno ringraziato per averle dato quella ‘sepoltura’.” La Rutkiewicz infatti, era salita dalla parete nord ovest, ma era poi precipitata lungo la via normale, sulla sud ovest.

Wanda Rutkiewicz è scomparsa così all'età di 49 anni. E' stata una delle prime nell'alpinismo a rivendicare l'uguaglianza tra i sessi, dimostrando più volte come, da donna, non avesse niente di meno degli uomini.
Nel 1999 Gertrude Reinisch, sua amica e compagna di spedizione, ha scritto una celebre biografia della grande alpinista, “La signora degli Ottomila” (pubblicato in Italia da Cda & Vivalda Editori). Il ritratto di una donna durissima come la roccia, ma anche colma di sogni, speranze e fragilità nascoste. Una lottatrice, una guerriera. Pronta a sfidare quell’ambiente alpinistico, aspro e maschilista, da cui non si sentiva accettata come avrebbe voluto.

MDV Ellero Natural Block - 26 settembre 2009


Skandere nasce all'inizio del 2005 a Mondovì (CN) su iniziativa di alcuni scalatori locali, per avvicinare i diversi gruppi di arrampicata presenti sul territorio delle Alpi Liguri piemontesi. Attualmente questa associazione onlus conta oltre 100 affiliati e raduna scalatori e appassionati di arrampicata di tutte le età e di tutti i livelli.L'intento principale di Skandere è quello di sostenere e divulgare l'arrampicata, in tutte le sue forme e discipline, nel territorio in cui l'associazione opera. Per perseguire questo obiettivo, Skandere riveste un ruolo di "tramite attivo" tra le istituzioni (enti comunali e provinciali, aziende, C.A.I., Soccorso Alpino) e le nuove generazioni di scalatori, al fine di ottimizzarne la comunicazione e catalizzarne gli sforzi. Sono orientate in questa direzione tutte le attività promosse da Skandere, quali l'organizzazione di gare o maifestazioni di arrampicata (es. MDV Boulder Contest), il sostegno agli atleti locali, la prossima realizzazione di un blockodromo a Mondovì Piazza. In occasione della Fiera di Primavera, e della manifestazione Sport in Piazza Skandere gestisce ogni anno le strutture per l'arrampicata sportiva destinate ai bambini, allestite nelle affascinanti cornici del quartiere di Breo e Piazza.Skandere è inoltre impegnata ogni autunno nella organizzazione del MDV Boulder Contest, nonchè della gestione del muro di arrampicata sportiva presso il C.A.I. di Mondovì.Dopo il grande successo dell'ormai consolidato MDV, giunto alla 4a edizione, a cosa starà lavorando il team di Skandere? Forse si prefigura una novità per l'autunno?


Beth Rodden @ Yosemite national park CA.




dal 2010 tutti i sentieri delle Orobie in un GPS

E' in arrivo una nuova cartografia digitale di tutta la rete sentieristica delle Orobie. La sezione bergamasca del Cai ha infatti siglato un accordo con una famosa azienda del settore della navigazione digitale, a cui consegnerà i tracciati Gps degli oltre 2mila chilometri di percorsi di competenza nella provincia.

L'azienda è la Garmin, marchio di livello mondiale nel settore della navigazione digitale. A partire dai primi mesi del 2010 la società metterà sul mercato il nuovo prodotto cartografico che comprenderà gli oltre 2000 chilometri di sentieri che si estendono sulle Alpi e le Prealpi orobiche bergamasche.

Il Club Alpino Italiano di Bergamo infatti, metterà a disposizione dell’azienda i tracciati Gps di tutti i sentieri di propria competenza nella provincia e con questi dati Garmin Italia arricchirà la sua cartografia topografica specifica del territorio italiano.

"La sicurezza in montagna è il primo ingrediente di ogni buona escursione, camminata e scalata - ha dichiarato Paolo Valoti, presidente del CAI Bergamo -. L'idea di utilizzare la tecnologia e la strumentazione digitale ha l’obiettivo di sviluppare questa filosofia di fondo, mettendo a disposizione di ogni appassionato della montagna la conoscenza e le informazioni sulla rete sentieristica per ampliare le possibilità di frequentare consapevoli e sicuri le splendide Alpi Orobie bergamasche".

prevenire gli incidenti in alta quota


Troppi incidenti in montagna. E soprattutto troppi per distrazione, inesperienza o inadeguatezza dei materiali. Il Cai e il Soccorso Alpino hanno deciso di fare fronte comune contro le emergenze che ogni anno, durante le ferie e non solo, portano la montagna ad essere definita "assassina" tra le pagine dei giornali. Per viverla con sicurezza, basta conoscerla: ecco le iniziative di Sicuri in Montagna, una campagna che i due enti stanno portando su sentieri, boschi, pendii innevati e ora anche su internet.
Prevenire gli incidenti si può. La sicurezza in montagna, nella maggior parte dei casi, è un fatto di cultura personale. Lo sanno bene gli uomini del soccorso alpino, che si trovano ad intervenire più spesso su escursionisti scivolati o fungaioli dispersi che non su alpinisti impegnati in vie difficili. E lo sa bene anche il Cai, che con il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, ormai da alcuni anni, porta avanti il progetto "Sicuri in Montagna".
"Sarebbe utile - dice Elio Guastalli del Cnsas, responsabile del progetto “Sicuri in montagna” - smettere di parlare di pericoli e di demonizzare la montagna di fronte agli incidenti. Bisogna cominciare a parlare di prevenzione, ovvero di come le persone devono comportasi per frequentare la montagna in sicurezza. Lassù come in altri ambienti non esiste il rischio zero. L'obiettivo è adattarsi all’ambiente e conoscere gli habitat, le tecniche, le nostre capacità psico-fisiche e soprattutto i nostri ragionevoli limiti d'azione".
L'iniziativa, nata nel 1999 in Lombardia su proposta dell'alpinista lecchese Daniele Chiappa, allora presidente del Cnsas, ha iniziato con delle campagne di prevenzione sulle ferrate e sulla neve. Sconcertante la situazione che i primi tutors inviati da Cai e Cnsas sulle ferrate del lecchese: su 300 escursionisti, il 25 per cento non sapeva usare il materiale di autoassicurazione. Non migliore la situazione sulla neve, dove - fatta eccezione per gli scialpinisti, piuttosto preparati - pochi ascoltavano il bollettino valanghe e meno del 5 per cento degli escursionisti aveva o sapeva usare il kit di autosoccorso in valanga.
Nel giro di pochi anni, "Sicuri in montagna" è diventato un progetto nazionale e si è allargato ad altre attività praticate in montagna: l'escursionismo su sentieri, l'arrampicata in falesia e la ricerca di funghi: un tema, questo, che ha riscosso grande interesse e che è causa ogni anno di molti incidenti dovuti, ad esempio, all'usanza ancora diffusa di usare scivolosi stivali di gomma nel bosco
Per ognuna di queste attività, è disponibile - sia online che su carta - un depliant informativo che fornisce consigli e indicazioni su abbigliamento, comportamento, alimentazione, primo soccorso, allenamento, segnaletica e molti altri argomenti. Tra le pagine dei depliant, anche alcune notizie di cronaca, riprese e analizzate in dal punto di vista della prevenzione. Ci sono poi depliant specifici per gli "escursionisti senior" e che spiegano le attività del soccorso alpino. "Il percorso della prevenzione può essere intrapreso solo con grande passione e una buona dose di modestia - prosegue Guastalli -. Purtroppo, anche in montagna, il “fai da te” va per la maggiore ma non è una buona regola".
Negli ultimi anni, Cai e Cnsas, con la collaborazione di enti come il Servizio Valanghe Italiano, le Guide Alpine, gli Alpini e associazioni locali, hanno organizzato campi dimostrativi e didattici in diverse località delle Alpi e sugli Appennini. Il Cai, poi, ha invitato i gruppi e le sezioni ad impegnarsi in diversi modi per la diffusione sul territorio di questa campagna di utilità sociale.
"Il prossimo appuntamento con Sicuri sulla neve sarà il 17 gennaio 2010 - annuncia Guastalli -. Nel frattempo prosegue la campagna informativa, che a breve uscirà con del materiale sui sentieri ghiacciati. Per l'estate prossima organizzeremo appuntamenti in montagna per educare ai sentieri e alla ricerca di funghi".


la coppia Merelli al campo 1 del Cho Oyu

news from LHASA, Tibet -- Ha raggiunto campo 1 la coppia di promessi sposi, composta da Mario Merelli e Mireia Giralt, impegnata nella scalata del Cho Oyu. I due alpinisti, infatti, sono già in fase di acclimatamento e hanno cominciato ad allestire i campi alti per la salita vera e propria alla vetta. Nel frattempo oggi l'amico Marco Zaffaroni dovrebbe arrivare al base.

Mario Merelli e Mireia Giralt hanno raggiunto il campo base avanzato alla fine delle settimana scorsa. Hanno montato la tenda a quota 5.600 metri, e hanno trascorso qui un paio di giorni per riposarsi dopo il trekking di avvicinamento al Cho Oyu. Poi sono partiti per campo 1 con gli zaini pesanti, pieni di tutto il materiale necessario ad allestire il primo dei campi alti della montagna

Hanno montato la tenda a quota 6.400 metri. "Qui tutto bene - ci ha detto poco fa l'alpinista bergamasco tramite il telefono satellitare -. Siamo a campo 1, ma domani vorrei provare a salire al 2. Intanto lo Zaffa oggi dovrebbe arrivare al campo base".

Marco Zaffaroni infatti, sta raggiungendo proprio in queste ore la coppia di amici, con i quali ha intenzione di tentare la vetta del Cho Oyu.


ascesa al Rifugio Monte Granero mt.2377



Uscita dell'autostrada a Pinerolo, seguire le indicazioni per Torre Pellice, seguire le indicazioni per Bobbio Pellice ed infine arrivare a Borgata Villanova e lasciare l'auto.


Sentieri segnalati su pietre e cartelli in legno da bande bianco/rosse.


Splendido trekking, easy fino al Rifugio Willy Jervis (mt.1732), un po più impegnativo per l'arrivo al Rifugio Monte Granero (mt.2377).


1.20 h da Villanova al Jervis, 2.30 dal Jervis al Granero


Possiblità, durante il percorso tra i due rifugi, di acquistare formaggi tipici tra cui il Seirass fresco e il famosissimo Seirass del Fen


Consiglio l'uso delle stiks dal Jervis al Granero sia per l'ascesa che per la discesa.


Have a nice Trek!


un pilota e un bagnino per la sudovest del Cho Oyu

Ottomila metri, via nuova, stile alpino. Ma anche snowboard, mountain bike e corsa in montagna. Sarà a dir poco ricca di sorprese la nuova avventura guidata da Simone Moro, che partirà domani verso il Cho Oyu, 8.201 metri. Il team è d'eccezione: Hervè Barmasse tenterà con Moro una via nuova, davvero mozzafiato, sulla parete sudovest. Poi ci saranno lo snowboarder Emilio Previtali, che tenterà la discesa con la tavola, e due donne: l'ultra-runner Lizzy Hawker e la giovane "scommessa" Tamara Lunger, ben nota nel mondo dello scialpinismo. Chi sono pilota e bagnino? Bè, sul primo non ci sono dubbi, il secondo è stata una sorpresa...

La "Trilogy Expedition" volerà domani a Kathmandu, ma prima di dirigersi in Tibet affronterà un periodo di allenamento e acclimatamento nella valle del Khumbu. Solo all'inizio di ottobre, dopo la scalata dell'Island Peak, 6.500 metri, rientrerà nella capitale nepalese per dirigersi al Cho Oyu. Lassù, Moro tenterà di conquistare l'ennesimo successo di un'annata davvero speciale, che lo ha già visto compiere la prima salita invernale al Makalu con Denis Urubko e poi realizzare il sogno di diventare pilota di elicotteri. Adesso, l'obiettivo è una via nuova, in stile alpino, da realizzare con Hervè Barmasse, già suo compagno di cordata lo scorso anno al Beka Brakai Chhok.

"Non ho pensato ad una montagna in più da collezionare bensì ad una parete nuova da esplorare - spiega Moro la vigilia della partenza - lo stesso criterio che ho usato nelle mie precedenti spedizioni. Il Cho Oyu infatti l’ho già salito nel 2002 ed in velocità con Franco Nicolini e Mirco Mezzanotte, ma sapevo che ci sono ancora tante possibilità su questo ottomila “facile” che diventa avventuroso ed estremo se affrontato con questo spirito".

Parlando di vie normali, infatti, il Cho Oyu è considerato tecnicamente semplice, tant'è che è l'ottomila più frequentato insieme all'Everest. Meno dell'uno per cento di questi alpinisti tenta le altre vie che percorrono la montagna, che presenta diverse sezioni ancora inviolate. "Ho pubblicato ed annunciato questo progetto sul mio libro “8000 metri di vita” - racconta Moro - dove c’è l’elenco di ciò che resta da fare su ogni parete di ogni ottomila. Ho scelto la via in maniera teorica da una foto, poi andrò sotto la parete per capirne i pericoli, le eventuali cadute sassi o pericolo valanghe".

Ed è una foto speciale, quella di cui parla Moro. "L'avevo commissionata a Karl Unterkircher quando salì lo Jasemba con Kammerlander - ricorda l'alpinista bergamasco -. Me la diede un giorno che andai ad arrampicare con lui in Val Gardena e poi mi fermai a casa sua con mia moglie e conobbi la sua bella famiglia. La cresta di destra (rispetto alla foto) è ancora inviolata ed era già stata presa di mira anche da Osvald Oelz e Messner ed è ancora lì che aspetta. E’ un viaggio infinito con una parte molto difficile di roccia nella parte alta. Insomma sono quasi 3000 metri di parete o di cresta che aspettano di essere esplorati".

Una sfida tutt'altro che banale, insomma, che fa scalpitare non solo Moro ma anche il suo compagno di cordata. "C'è una frase molto famosa di Alex MacIntyre che dice: la parete è l'ambizione, lo stile l'ossessione - dice Barmasse -. E dato che il mio modo di vedere l'alpinismo è sempre la ricerca di qualcosa di nuovo, vado su un 8000 sia perchè è una nuova esperienza per me, sia per cercare di fare qualcosa mai fatto prima. Che cosa succederà al Cho Oyu? Siamo io e Simone: lui con il brevetto da pilota, io con quello da bagnino. Cosa volete che succeda: il massimo del successo. Ma mi aspetto soprattutto di divertirmi".

"Io e Simone ci siamo trovati bene al Beka Brakai e adesso andiamo avanti - prosegue il valdostano -. Simone in questo momento, dopo la sua invernale al Makalu, probabilmente è l'alpinista himlayano che più rappresenta l'Italia nel mondo. Nella storia recente dell'alpinismo himalayano, del resto, a mio avviso ci sono state 3 salite importanti: l'invernale allo Shisha Pangma, la nord del GII, e l'invernale al Makalu".

Moro, Barmasse e compagni staranno al campo base della via normale, via sulla quale saranno impegnati Previtali, che scenderà con lo snowboard, e le due ragazze, la Hawker e la Lunger, che saliranno e scenderanno a piedi. Moro e Barmasse, invece, si sposteranno verso destra, per tentare l'apertura del nuovo itinerario.

"Emilio lo conosco da 25 anni - dice Moro -. Siamo stati compagni di scuola media e di università nonché di gare, arrampicata ed allenamenti. Hervè è stato mio compagno di spedizione sul Beka Brakai Chhok. Lizzy la conosco da 4 anni, da quando è entrata in The North Face che ha promosso questa spedizione, e l’ho supportata durante due edizioni del Ultratrail de Mont Blanc. Tamara è una “scommessa” che ho deciso di fare seguendo il mio fiuto: può essere l’himalaysta donna del futuro. Testa e fisico sono da perfetta fuoriclasse d’alta quota e se il mio fiuto non mi tradisce, anche stavolta come lo fu per Denis Urubko dieci anni fa, ne vedrete delle belle".

Il programma della spedizione, come dice Moro è "davvero strabordante". Conclusa la salita, infatti, l'avventura non sarà finita. Moro e la Hawker indosseranno scarpe da trail e correranno fino a Kathmandu, in un trekking di 12 giorni. Barmasse e Previtali, invece, faranno la stessa cosa in mountain bike. Sono circa 400 chilometri.

"Vediamo se riusciamo ad avere energia e fortuna per fare tutto o anche solo una parte" conclude Moro. Di certo, comunque, questa spedizione promette di essere davvero "spettacolare". Tant'è che il team sarà seguito il fotografo Damiano levati e la troupe altoatesina formata dal regista Armin Wiedmann e dall'operatore Hans Peter Karbon, già autori del film "Il segreto del Mount Genyen" di Karl Unterkircher.


foto della parete sud ovest del Cho Oyu, scattata da Unterkircher.



nuova via per Ines Papert in Canada

news from YELLOWKNIFE, Canada -- Nuova via per Ines Papert e Lisi Steurer in Canada. La fortissima climber tedesca insieme alla compagna austriaca hanno aperto "Power of Silence" sull'imponente parete sud del Middle Huey Spire al Cirque of Unclimbables. Una via di 11 tiri valutata di grado 7c+.

Il Cirque of the Unclimbables è un magnifico gruppo di vette granitiche situate vicino al confine dei Northwest Territories, in Canada. La via aperta dalla Papert e dalla Steurer sale lungo il versante sud del Middle Huey Spire. Undici tiri lungo una parete di granito di 400 metri, per la quale le due alpiniste teutoniche hanno proposto un grado 7c+.

La Papert e la Steurer hanno effettuato due salite. La prima il 2 agosto, per la quale hanno sfruttato 90 metri di corda fissa lasciata in un precedente tentativo di una spedizione britannica. La seconda il 7 agosto, questa volta totalmente in libera

"La discesa in Basejump - spiega la Papert - sarebbe stato il modo più veloce per arrivare ai piedi del Middle Huey Spire, anche perché il posto si presta benissimo. Avevamo comunque abbastanza adrenalina nelle vene, e siamo scese in corda doppia. 'Power of Silence' ci sembra il nome più appropriato. Il silenzio e la solitudine del deserto ci hanno dato la forza di salire, permettendoci di operare nell'armonia di squadra".

Dopo questa impresa, le due climber hanno deciso di sfruttare al meglio le condizioni meteo straordinariamente favorevoli. Hanno scalato a vista la Lotus Flower Tower, la vetta più famosa del gruppo, dallo sperone Sud Est. Poi la Papert ha anche portato a termine la prima libera di "Riders on the Storm" sulla East Huey Spire.


Night session 2009 - Raduno notturno di boulder - 19 settembre 2009


Dopo il grande successo della prima edizione ritorna la Night Session, il primo raduno mondiale di Boulder in notturna. Nata dall'idea del climber Luca di Biase la manifestazione si propone di far conoscere un nuovo modo di arrampicare: il magico mondo dell'arrampicata in notturna....night session?...

PROGRAMMA
Sabato 19 Settembre '09 ore 16.30 apertura iscrizioni e consegna pacco gara presso il campo sportivo di calcio di Chironico(CH)Inizio manifestazione ore 18.30 fino circa alle 22.30 e a seguire, Premiazione "Queen and king of night"Etrazione premi dei gentili sponsor
Musica and partyStand gastronomico dalle ore 16.30


1000 metri (solo) al 7° grado

Bolzano, Selva di Valgardena -- Mille metri di dislivello, settimo grado, solitaria integrale e tre ore e mezzo di tempo. Questi i numeri dell'impresa compiuta lo scorso luglio dalla guida alpina e Catores Manfred Stuffer nel gruppo del Sella, in Dolomiti. L'alpinista ha salito cinque vie consecutivamente, sempre da solo, sulla nord della Torre Orientale di Meisules.

Secondo quanto riferito da Reinhard Mair, Stuffer è partito alle 4 del pomeriggio intenzionato a salire la sua via preferita, "Geo", 230 metri, di settimo grado. Con sua stessa sorpresa, l'ha chiusa in un tempo record di 19 minuti e poi ha deciso di sfruttare la "giornata buona" per salire, in successione, altre vie della parete.
Nel giro di tre ore e mezza di tempo totale, comprensivo delle discese dalla cima all'attacco delle vie, l'alpinista aveva salito "Regenbogen-Arcobaleno", "Quo Vadis" - entrambe di VII grado e di 190 metri circa -, "Brunsin" e "Brugger Walde", di VI grado e VI+.

"Mentre salivo, mi sono accorto che ho trovato subito il mio ritmo, un susseguirsi di movimenti armoniosi e veloci - racconta Stuffer - come un flusso di azioni che non si può fermare. Le due vie dopo Geo sono state quelle che mi hanno dato maggior soddisfazione: sono più difficili perchè hanno i passaggi chiave su delle prese molto piccole ed appoggi minimi. Il controllo mentale deve essere totale ed i movimenti perfetti".

"Ho deciso di far conoscere a tutti questa mia esperienza verticale - conclude l'alpinista - per dimostrare che è possibile fare delle prestazioni alpinistiche interessanti anche qui da noi, sulle Dolomiti, le nostre montagne di casa. Che è possibile avere delle grandissime soddisfazioni e godere di stupende avventure alpinistiche anche senza spostarsi dall'altre parte del globo. Le montagne belle e difficili ce le abbiamo dietro casa. Scaliamole!".





leggende a confronto: Dan Osman & Alain Robert

Questo video eccezionale documenta l’emozionante incontro tra due appassionati di arrampicata che nel loro mondo si sono distinti per la loro unicità.

Si tratta dello speed-climber Dan Osman e del building-climber francesce Alain Robert. Un incontro che oggi non sarebbe più possibile e per questo da ancora più i brividi!



Eternit, la via "impossibile" liberata da Maurizio "Manolo" Zanolla

"Questa via fa male, fa male alle dita, alla testa, ai piedi. Ha una verticalità leggera, invitante ma può diventare velenosa in qualsiasi momento". Diciannove anni fa l’aveva considerata impossibile, ma con il “Mago” mai dire mai. Si chiama "Eternit" ed è la prosecuzione, valutata di grado 9a, di "O ce l’hai...o ne hai bisogno", nella falesia del Baule, nelle Vette Feltrine. Manolo l’ha liberata pochi giorni fa.

Cinquantun anni e non voler smettere, o forse non riuscirci. E del resto quando i risultati continuano ad essere di massimo livello diventa anche difficile non andare avanti, nonostante la fatica si faccia sentire. La nuova "magia" di Manolo, al secolo Maurizio Zanolla, si chiama "Eternit" ed è una via che l’alpinista ha valutato di grado 9a.

Era un conto in sospeso da 19 anni. Quando nel 1990 il "Mago" aprì "O ce l’hai... o ne hai bisogno", sulla falesia del Baule nelle Vette Feltrine, quel tratto finale gli parve impossibile. Così posizionò la sosta fin dove quel muro gli sembrava scalabile.

Solo dopo aver liberato "Appigli ridicoli" (un altro 9a sempre nella falesia del Baule), tornò a pensare a quel tratto incompiuto. Ed infine il 24 agosto scorso, è arrivata la soluzione.

"Eternit" prosegue "O ce l’hai… o ne hai bisogno" fino al bordo della falesia. È una via incredibile che, secondo Manolo, apre l’arrampicata su placca verticale a un nuova dimensione.

"Questa via fa male, fa male alle dita, alla testa, ai piedi – racconta Manolo -. Ha una verticalità leggera, invitante ma può diventare velenosa in qualsiasi momento. E’ stato tortuoso e difficile il percorso per arrivare in cima, si sono alternati infortuni frustranti a momenti di forma e stati d’animo diversi, a volte così intensi da creare o smontare qualsiasi motivazione. La lentezza estenuante, ormai indispensabile per i recuperi, non mi permetteva nient’altro, e l’estate mi stava sorpassando come una locomotiva ed io, ormai, potevo solo guardarla passare".

Il dolore fisico, la difficoltà, fanno di questa via una vera lotta con la roccia e con se stessi per arrivare alla fine. Richiede una costante ricerca di motivazioni e determinazione.

"Un attimo di rabbia e mi lancio sul bordo di quegli 11 minuti 38 secondi e sessanta movimenti della mia vita - conclude Manolo -. Esattamente 19 anni dopo aver pensato che era impossibile. Quando ho preso il bordo della falesia gridando, l’ho quasi odiata. Ma in fondo solo per un attimo".

trekking Dolomiti - Forcella delle Lede

Partenza: Rif. Cant del Gal
Arrivo: F.lla delle Lede
Dislivello: 1500m
Tempo: 4h30'Difficoltà: EE
Cartografia:
Tabacco (Foglio 022)

La partenza è a quota 1180m presso il rifugio Cant Del Gal, il luogo è facilmente raggiungibile in auto da Fiera di Primiero e vi si trovano numerosi posti auto. Ci si inoltra nel bosco per il sentiero 709, usciti dal bosco il sentiero sale molto rapidamente senza interruzione fino al rifugio Pradidali a quota 2276m. Lasciato il rifugio si prosegue per lo stesso sentiero fino ad incontrare la deviazione sulla destra per forcella delle Lede.

Il sentiero è il 711 e si inerpica per uno stretto canalone, si sale poi a sinistra, il sentiero non sempre visibile è comunque segnato con vernice e ometti. Si giunge così a forcella delle Lede dalla quale voltandosi è possibile ammirare tutto l'altopiano dlle Pale di S.Martino e le cime che lo circondano verso Ovest. Da qui con in circa 10' è possibile raggiungere il fianco del ghiacciaio della Fradusta.La discesa può essere fatta seguendo lo stesso percorso dell'andata oppure scendendo il Valon delle Lede per raggiungere la Valle dei Canali e tornare dopo un breve tratto di strada asfaltata al rifugio Cant Del Gal.



ascesa del Monte Ebro 1700 mt. - Val Curone - Piemonte


climbers e cocaina

CHAMONIX, Francia -- Controlli a tappeto in tutte le competizioni di arrampicata sportiva. E massima intransigenza nei confronti di chi risulta positivo ai test antidoping. Queste le decisioni delle federazioni di arrampicata sportiva dopo lo sconcertante caso di Marine Thevenet, che lo scorso luglio a Chamonix ha ingerito inconsapevolmente della cocaina bevendo dalla bottiglietta d'acqua trovata durante la competizione di Coppa del mondo.

Il caso della Thevenet, 20 anni è passato pressochè inosservato sulla stampa internazionale, ma ha tenuto banco per diverse settimane in Francia. La giovane climber si è sentita male durante la gara di coppa del mondo svoltasi a Chamonix lo scorso 14 luglio. Ricoverata in ospedale in preda a delirio e convlusioni, l'altleta ha poi scoperto di essere stata sotto gli effetti della cocaina. Doping? No, o quantomeno non volontario, secondo quanto riferito dalla stessa climber.

"Stavo facendo le qualificazioni - ha raccontato la Thevenet al sito francese Planetgrimpe.com -. Ero stanca e avevo sete. Avevo dimenticato la mia bottiglietta d'acqua, ne ho presa una vicino a me. L'ho bevuta tutta, ho arrampicato... e da qual momento non ricordo più niente. Mi è stato detto che sono caduta in completo delirio, che gridavo, dicevo di non avere più le gambe. E così mi hanno portata in ospedale. Il medico mi ha controllato per l'influenza suina, e non è riuscito a capire cos'avevo".

"Quando sono tornata a casa - prosegue l'atleta nell'intervista - abbiamo capito che ero drogata, i sintomi c'erano tutti: euforia, pupille dilatate, formicolio ai muscoli. Mi sono ricordata della bottiglietta e ne ho parlato col mio medico sportivo, che mi ha spiegato come purtroppo alcuni atleti usino diluire un pizzico di cocaina nella loro bottiglia d'acqua per aiutare la concentrazione. Però, siccome era la prima volta che ne assumevo, io sono stata malissimo".

Il caso, purtroppo, ha riportato l'incubo del doping nel mondo dell'arrampicata, che con la nuova federazione spera di diventare sport olimpico e che ormai aveva quasi dimenticato lo scandalo dello spagnolo Edu Marin, trovato positivo alla cocaina nel 2007 e squalificato per due anni.

"Sono tornata a casa molto delusa - conclude la Thevenet - da quello che pensavo fosse uno sport pulito. Quello che mi ha fatto più male è vedere che tanta gente non si è stupita più di tanto di fronte al mio racconto. Ma ho visto che la federazione ha subito reagito al problema".

La Thevenet infatti, subito dopo l'incidente, è andata ai vertici della Fédération française de la montagne et de l'escalade (Ffme) per raccontare quanto le fosse accaduto. Più tardi, il direttore generale Pierre-Henri Paillasson e il presidente Pierre You sono andati alla sede dell'International Federation of Sport Climbing (Ifsc) e insieme hanno deciso di rafforzare i controlli antidoping nelle gare.

"Siamo scioccati da quanto è accaduto - ha detto Marco Maria Scolaris, presidente Ifsc, in un comunicato apparso sul sito della Ffme - soprattutto per il pericolo corso dall'atleta francese. Dato che è stato impossibile trovare responsabile, l'Ifsc ha scelto di aumentare i test antidoping, dai quarti di finale in avanti. Saremo intransigenti verso ogni tipo di doping, ma sono convinto che l'arrampicata sia uno sport pulito. Ci troviamo di fronte a una minoranza di persone che preferiscono a barare piuttosto che giocare pulito".



Christian Core al "Want you bad"


Christian Core

"Want you bad"

Foto © Roberto Armando


serata con Gnaro ad Albenga

Albenga, Savona -- Appuntamento col grande alpinismo questa sera nella cittadina di Albenga. Silvio “Gnaro” Mondinelli infatti, incontrerà il pubblico ligure al cinema Ambra. Un’occasione imperdibile per conoscere il “re degli ottomila” e sentire i racconti delle sue avventure ad altissima quota.

I quattordici ottomila in stile alpino, le terre dell’Himalaya, i suoi progetti alpinistici e quelli a favore della popolazione locale. Tantissimi gli argomenti di cui “Gnaro” Mondinelli parlerà questa sera ad Albenga.

L’incontro inizierà alle 9.30 presso il cinema Ambra, in via Archivolto del Teatro 1, nel centro storico cittadino.

E per chi per questa sera avesse già un altro impegno, domani 5 settembre al rifugio Mongioie, nel paese di Viozene in nell'Alta Valle Tanaro, Mondinelli incontrerà le Guide alpine locali. L’ingresso è libero.

Jyotu Raju: the real monkey man from India

Jyoti Raju ha un modo molto particolare di affrontare le arrampicate che riesce a trovare nella regione dell’India meridionale di Chitradurga Fort. Le sue capacità però non sono utilizzate a fini sportivi ma più semplicemente per intrattenere i visitatori di questa zona. Una specie di fenomeno da baraccone che ha imparato come arrampicarsi direttamente dalle scimmie, ma con una tecnica decisamente fenomenale.



Mario Merelli al Cho Oyu... prima delle nozze

"Cho Oyu", la sesta montagna più alta del mondo. Dicono che sia uno degli 8000 più facili, e di fatti lo tenevo da parte per un'occasione particolare, come un viaggio di nozze anticipato". La nuova avventura di Mario Merelli è davvero "per la vita". L'alpinista bergamasco infatti è in partenza per il Tibet dove tenterà di espugnare il suo nono ottomila, ma soprattutto trascorrerà una luna di miele pre-matrimoniale con la fidanzata, sua sposa il prossimo 28 novembre. In questa intervista ci ha raccontato tutto sull'impresa e sulla sua storia d'amore ad alta quota.

Mario Merelli, Mireia Giralt e Marco Zaffaroni. Questo il trio che oggi partirà dall'Italia alla volta del Tibet. Per i fidanzatini bergamaschi si tratterà, oltre che di un'avventura alpinistica, di una vera e propria luna di miele visto che le nozze sono previste al loro rientro.

"Mettersi insieme a una ragazza che condivide le tue passioni è bello - ci racconta Merelli -. Non so se andremo tutti e tre in vetta. Mireia quest'estate è stata presa dal lavoro e non si è preparata come avrebbe voluto. Però l'allenamento si fa anche sul posto. Magari andremo in cima al Cho Oyu insieme, Zaffaroni in quel caso ci farà da testimone sulla vetta".

La Giralt infatti, è un'alpinista catalana, non nuova agli ottomila. "Ho conosciuto Mireia al campo base dei Gasherbrum - continua l'alpinista bergamasco -. Lei era lì per il GII e noi per il GI. Faceva sempre brutto tempo, e così... galeotta fu la tenda".

La coppia però finora non ha mai affrontato una vetta di questo tipo insieme. Si sono allenati, hanno arrampicato sulle montagne delle Orobie bergamasche, ma una scalata su un colosso himalayano è un'esperienza nuova.

"Quando le ho detto che mi sarebbe piaciuto fare il viaggio di nozze al Cho Oyu, mi ha detto subito 'va bene', entusiasta. Certo - sorride Merelli -, la nostra è una luna di miele particolare: precede le nozze anziché seguirle. Ma d'altronde il periodo per andare su quella montagna è questo".

Gli alpinisti si sposeranno infatti al rientro, il 28 di novembre, e festeggeranno al Palazzetto dello sport di Lizzola, paese natio di Merelli.

Prima delle nozze però si erge davanti al loro un gigante himalayano, alto 8.201 metri. "Il Cho Oyu per me sarebbe il nono ottomila. In primavera prima di andare al Manaslu qualcuno aveva scritto che ero alla 'prova del nove'. Purtroppo è stata una prova fallita, però l'entusiasmo in questi mesi è tornato più forte di prima. La voglia e la passione ci sono, ci siamo allenati bene quest'estate. Speriamo che la stagione sia buona, soprattutto fin da settembre. Anche perché poi a metà di ottobre abbiamo l'inaugurazione dell'ospedale in Dolpo dove non possiamo mancare”.

Dal 2005 infatti, l'alpinista è impegnato in un progetto umanitario per la costruzione di un ospedale a Kalika, nella valle del Dolpo.

“Questa avventura dell'ospedale è forse come una montagna di 9000 metri. E' stato problematico costruirlo: non tanto nella fase di ricerca dei fondi, perché la gente e le associazioni alpinistiche hanno risposto in maniera più che ottimale, e inoltre l’Associazione La Goccia ci ha dato una mano importante. Ora sta a noi inaugurarlo ed aprirlo definitivamente alla gente del posto”. "E dopo l'8000 del Cho Oyu, il 9000 dell'ospedale, abbiamo in 10-20mila del matrimonio che ci aspetta al rientro" – scherza Merelli.

Visto il fitto programma quindi, l’idea del trio è quella di tentare la vetta del Cho Oyu il prima possibile, intorno al 20 di settembre. La salita, naturalmente senza ossigeno, seguirà la via normale, sul lato tibetano. “Ho visto la montagna andando all'Everest dal lato nord e allo Shisha Pangma. Forse esteticamente è più bella da nord che da sud, ma le vie più difficili e meno salite sono sul versante nepalese, mentre la più 'facile' è la normale, la via classica”.

"Speriamo che vada tutto bene – conclude Merelli -. Non nel senso di conquistare la cima, quello sarebbe la ciliegina sulla torta, ma nel senso di stare bene e poter gustare la montagna, viverla per un mese e più. Poi Mireia non è mai stata in Tibet e a Kathmandu. Con lei andrò a visitare posti dove con un amico non andrei. Per esempio un monastero, prima della nozze...per raccomandarsi a tutti i santi del paradiso!”.

Panzeri verso il "Shisha Pangma"

news from MANDELLO DEL LARIO, Lecco -- Obiettivo Shisha Pangma, 8.027 metri. Questa la missione autunnale dell'alpinista lecchese Mario Panzeri, che tra pochi giorni ripartirà per l'Himalaya insieme al 24enne americano Nick Rice e allo spagnolo Carlos Pauner, che ha conosciuto durante la salita al Manaslu la primavera scorsa. Panzeri, attualmente, ha dieci ottomila all'attivo, tutti saliti senza l'uso di ossigeno.

Dei tre in partenza, solo Panzeri è riuscito ad arrivare sulla cima del Manaslu lo scorso maggio, dopo una spedizione lunga e sofferta. Ma il clima creatosi fra i tre alpinisti, che hanno tenuto duro al campo base mentre molti se ne andavano, è stato così positivo che hanno pensato di ripartire insieme per un altro ottomila. La scelta è caduta sullo Shisha, in Tibet, di cui Panzeri aveva già salito la cima middle insieme a Mario Merelli e Marco Zaffaroni nel 2005.

La partenza è fissata per queste ore. E stavolta Panzeri è determinato a superare anche quell'ultima, insidiosa cresta che separa la cima middle dalla cima principale dello Shisha Pangma, per conquistare ufficialmente il suo undicesimo ottomila senza ossigeno. Secondo indiscrezioni, i tre starebbero valutando una variante per riuscire a salire direttamente dal campo 3 alla cima, senza passare per quella cresta. Ma tutto verrà deciso sul posto, in base alle condizioni della parete.

Se la salita riuscirà, all'alpinista lecchese mancherebbero solo il Kangchenjunga, il Dhaulagiri e il Gasherbrum I per completare la collezione dei 14 ottomila.