Lightbox Effect

GLI SPETTACOLARI - Chopicalqui - 6354 mt.

Il Chopicalqui è una montagna della Cordillera Blanca (Ande). È situata in Perù, nella provincia di Yungay, regione di Ancash, e fa parte del massiccio montuoso chiamatoMacizo de Huascarán. Il suo nome deriva dalle parole quechua chopi (centro) e callquii (calzare, incastrare, spazio stretto). La sua posizione, tra la montagna dell'Huascarán e il massiccio del Contrahierbas, avvalorerebbe il significato di "montagna incastrata al centro"


immagini dal Colle Sud

LABORATORIO PIRAMIDE DELL’EVEREST, Nepal — Ecco le straordinarie immagini della parte finale della spedizione Share Everest 2011. Questi shots catturati in real time dagli alpinisti raccontano le difficoltà di un lavoro in condizioni estreme, agli 8000 metri del Colle Sud dell’Everest.

Dopo aver passato la notte in tenda lassù, Daniele Bernasconi e Daniele Nardi ieri hanno testato le capacità del sensore di vetta. E prima di ridiscendere ai campi bassi e pori raggiungere il laboratorio Piramide dell’Everest hanno effettuato gli ultimo controlli alla stazione meteorologica di Colle Sud, il gioiello di tecnologia installato agli 8000 metri di Colle Sud dagli uomini del Comitato EvK2Cnr che oltre a rappresentare la più alta stazione meteo sulla superficie del pianeta rappresenta anche un successo senza precedenti per la scienza italiana.

La stazione meteorologica installata lassù con una missione promossa dal Comitato EvK2Cnr e supportata dal Miur, si svolge nell’ambito di Share, fra i più importanti progetti internazionali di monitoraggio climatico. Share è una rete di monitoraggio globale realizzata dagli italiani del Comitato EvK2Cnr sulle montagne di tutto il pianeta, che ha la sua punta di diamante nella stazione Aws South Col installata appunto a 8000 metri. L’obiettivo delle stazioni è monitorare l’atmosfera, intercettando anomalie e particelle di inquinanti che sono fra le maggiori responsabili del “global change”.



i have a dream


Paul Robinson: PlasTic'n (una gran bella via tutta su resina)


“bastarda e difficile” - Panzeri racconta il Kangche

Mario Panzeri (Foto d'archivio)


KATHMANDU, Nepal – E’ stanco e con i piedi doloranti per un principio di congelamento. Ma non riesce a smettere di sorridere, Mario Panzeri: lo si capisce anche stando all’altro capo del telefono e a migliaia di chilometri di distanza. La vetta del Kangchenhunga è stata una delle più dure della sua carriera: “Aveva ragione Gnaro, è una montagna bastarda, difficile” ci ha raccontato in questa intervista. Ma l’averla salita lo ha galvanizzato, e ora Panzeri non vede l’ora di ripartire, a metà giugno, per il Gasherbrum I, che dovrebbe diventare il suo 13esimo ottomila senza ossigeno.

Mario, complimenti per la vetta. Come stai?
Grazie… Sto bene, ma sono un po’ disfatto. Dopo la discesa dalla cima abbiamo dormito a campo 4, 7500 metri di quota. Il giorno successivo sono arrivato al campo base che sembravo un bradipo. Ora abbiamo lasciato il campo base, sono in un lodge a 3800 metri. Mi fanno un po’ male i piedi, ma sto bene.

Sei rimasto molti giorni in quota…
Sì è vero. Inizialmente il meteo dava il 16-17 maggio come giorni buoni per la cima, così sabato 14 sono salito a campo 3, circa 7000 metri, con un forte alpinista iraniano, Asmin, e gli sherpa. Invece il giorno dopo c’era vento forte. Siamo stati 3 giorni a campo 3 e poi ci hanno detto di scendere che era meglio aspettare. Noi invece siamo rimasti su e la mattina dopo ci hanno detto che si poteva tentare la cima il 18-19 maggio. Allora siamo saliti a campo 4, 7.500 metri. Il 17 maggio dovevamo partire alle sette di sera ma c’era ancora bufera con vento a 50 all’ora e abbiamo detto: “dove andiamo qua? Ci congeliamo tutti”. E siamo tornati al campo. Nel frattempo sono saliti gli sherpa della Seven Summits, bravissimi, e il 18 finalmente siamo riusciti a partire per tentare la cima.

Com’era l’ultimo tratto?
Un casino. Difatti siamo partiti molto presto, alle sei di sera, e siamo arrivati in cima alle 9 del mattino. Dall’esperienza si Gnaro, Gerlinde, Garcia, Viekka, e molti altri alpinisti sapevamo che partire verso mezzanotte era troppo tardi, perché tutti loro hanno poi trovato il buio in discesa e hanno avuto difficoltà. Alle 18, invece, c’era ancora il sole per un paio d’ore: ne abbiamo approfittato per superare con il chiaro il difficile pendio iniziale di neve. Di notte, poi, ci ha accompagnato la luna piena. E quando ha iniziato a tornare chiaro alle 5 del mattino abbiamo iniziato a prender le roccette, un tratto molto complicato prima della cima. Devo dire che c’è da fare i complimenti ai primi salitori su questa montagna: altro che via normale!!

In salita è andato tutto bene?
Verso mezzanotte ho avuto una crisi di freddo ai piedi molto forte, e per tre ore non ho trovato un posto dove fermarmi per controllare lo scarpone. Avevo doppia calza e scarpone nuovo. Finalmente ho trovato un sassone leggermente in piano e sono riuscito a togliere tutto: avevo il piede bianchissimo. Ho massaggiato, tolto una calza e ha iniziato a scaldarsi, così ho ripreso un ritmo abbastanza buono. I primi sherpa sono arrivati in vetta alle 8, e io sono arrivato su un’ora dopo, non è male dai.

A ottomila metri, di notte, ti sei messo a massaggiare il piede nudo?
Eh, sì… non lo sentivo più, continuavo a picchiare contro la neve per fargli fare reazione e ho stortato addirittura un rampone. Avevo anche freddo ai piedi, ho fatto più fatica per il piede che per salire. Ma poi ho recuperato.

Quanti, oltre a te, salivano senza ossigeno?
Siamo saliti in 3 senza ossigeno: io, l’iraniano e l’austriaco Christian Stangl, quello che l’anno scorso al K2 si era “sognato” la cima. Stavolta è arrivato davvero in vetta: era con me, ho le foto! E’ un tipo simpatico tranquillo, ha 2 anni in meno di me. Non so come mai quella storia al K2, non gliel’ho chiesto. Ma so che quest’anno ci torna. Tutti gli altri sono saliti con l’ossigeno. Alcuni avevano addirittura 5 bombole. Sai cosa vuol dir 5 bombole? Ecco… non c’è bisogno di aggiungere altro.

Qualcuno si è anche sentito male, vero?
Ci sono stati due soccorsi. Uno per un’alpinista americana: è andata in cima con l’ossigeno aperto al massimo, poi è stata recuperata perché non ci vedeva più. L’altro per un medico serbo, che ha preso l’ossigeno anche lui ma ha avuto lo stesso un edema. L’hanno evacuato in elicottero stamattina. E’ stato un miracolo che non è morto nessuno. Non so come mai queste persone erano su una cima come il Kangchenjunga.

Ci vuole esperienza, su montagne come questa?
Sì. Io comunque devo dire grazie a tanti, per esempio al gruppo di sherpa della Seven Summits. Ho dovuto montare tutti i campi da solo, ma uno sherpa mi ha aiutato a portare una tenda da campo 2 a campo 3. Sono sempre stato con gli sherpa in quota: sai che bello? E poi devo dire grazie a Gnaro Mondinelli. Prima di partire ero stato da lui, mi ha dato tutte le indicazioni per la salita: si sono rivelate molto utili e voglio davvero ringraziarlo tanto per l’aiuto. E poi è proprio come mi ha detto, il Kangche è una montagna bastarda, difficile, gli do tutte le ragioni possibili e immaginabili!

E’ stata dura?
Il giorno dopo la cima ero così stanco che mi sono arrabbiato con me stesso e dicevo: ma come si fa a ridursi in questo stato per una montagna? Adesso però sono contento, E non vedo l’ora di ripartire. Il 15 giugno parto per il Gasherbrum I. Ho già il biglietto dell’aereo.

E hai voglia, dopo questa faticata?
Sì eh?! Ho voglia di andare sul Baltoro a prendere un po’ di caldo e comunque credo sia un po’ più semplice come montagna. Saremo una bella compagnia, vado con Alberto Magliano e altri amici.

Allora devi far guarire bene i piedi…
Sì, sì, c’è qui il mio amico dottore che mi tiene sotto controllo. Fanno un po’ male ma non sono neri, solo un po’ rossi e sento le formiche sotto le dita. Per camminare al momento devo mettere le ciabatte, ma presto dovrebbero andare a posto. Oggi siamo scesi a 3800 metri. Siamo scesi tutti, al base è rimasto il cuoco per aspettare i portatori. Adesso siamo qui al lodge insieme agli sherpa e stasera facciamo una festa per la cima: beviamo chang e raski tutti insieme. E passeranno tutti i mali!!


The doors - Cadarese


Polenta & Zamblocco - 10, 11 e 12 giugno - Macugnaga


POLENTA & ZAMBLOCCO
Chi è Zamblocco? Una persona, un luogo, un’idea? Zamblocco stesso non lo sà ed in questi tre giorni cercherà di darsi una risposta, anche se la risposta giusta in fondo è la continua domanda! Nel barattolo di Zamblocco c’è una festa ai piedi della parete est del Monte Rosa che sarà anche un ritrovo per chi fosse rimasto incuriosito dalla prima edizione della guida boulder della zona uscita con successo questo inverno e scaricabile gratuitamente suwww.zamblocco.com Il contest avrà carattere prevalentemente festaiolo e sperimentale: come prima edizione non sarà strutturato come gara, sarà chiaramente aperto a tutti e seguirà l’intenzione di dare forza al progetto facendo scoprire e riscoprire questo magico spot!

RIFUGIO ZAMBONI ZAPPA

Il rifugio Zamboni Zappa offrirà la mezza pensione a 25 euro, il pranzo a 12 euro e la cena a 15 euro. I posti letto a disposizione sono 36 ed è d’obbligo l’uso del proprio sacco letto. In alternativa è possibile piazzare la tenda sui morbidi prati intorno al rifugio,ben protetti dagli stessi sassi su cui di giorno si scala. In questo caso il rifugio mette comunque a disposizione, se necessario, i servizi igienici. LA PRENOTAZIONE PER LA CENA E PER IL PERNOTTAMENTO ALLA ZAMBONI E' OBBLIGATORIA E DEVE ESERE COMUNICATA CHIAMANDO IL NUMERO 0324 65313 oppure il +39 340 7977167. www.rifugiozamboni.com

ACCESSO

Il rifugio si raggiunge da Milano tramite autostrada A4 Milano-Laghi, proseguire sulla A26 Voltri-Sempione direzione Gravellona Toce, continuate in superstrada direzione Sempione Domodossola; uscite a Piedimulera, imboccate la Valle Anzasca per Macugnaga (circa 30km) sino al termine della strada.Lasciate la vettura nell'ampio parcheggio; una comoda seggiovia vi porterà alla quota di 1900 metri; da qui, attraversando facilmente il ghiacciaio, in soli tre quarti d'ora di cammino su un sentiero in falsopiano ben segnato e battuto, giungerete
al rifugio




Venere Peak 6300 mt. (Barmasse, Panzeri e Bernasconi)


Scrive Hervè Barmasse nel suo sito: “Questa salita, avvenuta lo scorso anno durante una spedizione organizzata da Agostino Dapolenza sul versante Cinese del Gasherbrum 1, era stata per Daniele Bernasconi, Mario Panzeri ed il sottoscritto, uno dei momenti più belli di una sfortunata spedizione che nei preoblemi logistici e organizzativi si era arenata nel bel mezzo della Shaksgam Valley

things to do in Hoya Moros - Sierra do Candelario (Spain)


e il Kanchenjunga c'e'! Mario Panzeri tocca la cima: 12° ottomila senza ossigeno

Cinque notti in alta quota, alle prese con l’aria sottile e forti raffiche di vento. Ma la forza di volontà di Mario Panzeri ha vinto su tutto. L’alpinista lecchese, 47 anni, questa mattina alle 9.50 ora nepalese ha raggiunto la cima del Kangchenjunga, la terza montagna della terra, una delle più complesse e difficili di tutto l’Himalaya. E’ salito senza ossigeno, conquistando il 12esimo sigillo della sua carriera, e ora è tornato a campo 4 dove passerà la notte.

Panzeri era partito dal campo base sabato scorso e aveva passato 3 notti a campo 3 insieme allo spagnolo Oscar Cadiach e ad uno sherpa. Noi lo avevamo sentito due giorni fa, quando con un sms aveva annunciato l’arrivo a campo 4, 7.700 metri di quota, e l’imminente tentativo di cima. Il programma era quello di partire mercoledì sera, alle 19 ora nepaese, e tentare la vetta ieri mattina.

Purtroppo, il forte vento in quota ha bloccato sul nascere questo primo tentativo. Panzeri è tornato nelle tende dopo un’ora di cammino: troppo freddo, troppa aria, salire senza ossigeno non era possibile. La salita dal campo 4 alla vetta, sul Kangchenjunga, è una delle più lunghe e complicate tra gli ottomila: si tratta di quasi 900 metri di dislivello, lungo un percorso tutt’altro che facile, per arrivare ad una quota che sfiora quella del K2. La cima, infatti, misura 8.586 metri.

Panzeri, però, non ha mollato. Con un sms, ieri ha comunicato alla moglie Paola che sarebbe rimasto un’altro giorno a campo 4, per ritentare la cima, stavolta insieme al russo Alexey Bolotov che nel frattempo aveva raggiunto quota 7.700. Il programma si è replicato: ieri sera alle 18 Panzeri è ripartito verso la vetta.

E stamattina alle 6.05 ora italiana è finalmente arrivata la bella notizia: è cima!

“Mi ha chiamata da lassù – racconta la moglie Paola – e appena ho risposto ha gridato: Paola, sono in cima!! Non c’era vento, era una giornata bellissima, e vedeva l’Everest, il Makalu e tutti gli ottomila. La salita è durata 14 ore, ha detto che è stata dura, anche perchè l’ultimo pezzo erano delle roccette su cui bisognava scalare. Ma era tranquillo: davanti avevano molte ore di luce, per riuscire a scendere con calma fino a campo 2 o anche fino al campo base”.
Panzeri è arrivato in vetta con altre tre persone: un iraniano, uno sherpa che oggi ha conquistato i suoi 14 ottomila e un altro alpinista di cui al momento non è nota l’identità.

La loro discesa è iniziata subito dopo. Alle 15 ora italiana (le 19 circa in Nepal) Panzeri ha avvertito in Italia che si sarebbe fermato a dormire a campo 4. La discesa dalla vetta è stata lunga, e oggi ha fatto molto caldo. Panzeri ha così preferito fermarsi per una nuova notte a 7.700 metri con i compagni: tutti stavano bene e stavano bevendo thè. Domani mattina la discesa proseguirà fino a campo base.

Mario Panzeri è nato il 10 maggio 1964, è guida alpina dal 1987 e in Himalaya ha salito dodici ottomila senza ossigeno: alla collezione ora mancano soltanto Dhaulagiri e Gasherbrum I. Nella sua carriera, ha salito lo spigolo nordovest dell’Ama Dablam (1985) e ha all’attivo tentativi all’Hornbein Couloir dell’Everest e alla parete Ovest del Makalu. Panzeri ha compiuto spedizioni extraeuropee in sud America, dove ha aperto una via nuova sull’Auguille Poincenoit e salito l’Huascaran. Ha realizzato salite nei principali gruppi alpini ripetendo le grandi classiche (con prime salite in solitaria, invernali e concatenamenti) e aprendo diverse nuove vie.


GLI SPETTACOLARI - Kāmet - 7816 mt.


Il Kamet è la seconda montagna più alta della regione del Garhwal in India, dopo Nanda Devi, con 7.816 metri sul livello del mare. Si trova nel distretto di Chamoli Uttarakhand, vicino al confine con il Tibet. È la terza montagna più alta dell’India, e la 29a più alta del mondo. Il Kamet è considerata parte della gamma dell Zaskar, che si trova a nord della catena principale dell’Himalaya, tra il fiume Suru e la parte superiore del fiume Karnali.

Paolo Bertolotto su "The Legend"


So in control


Adam Ondra apre un 9b in Spagna


Per chi non mastica di arrampicata dobbiamo dire subito che una via segnata 9b è quanto di più difficile ci sia. Praticamente si tratta di pareti completamente lisce, con tacchette da prendere con un dito, o due al massimo. Dopo il 9b esiste solo il 9c. Non c’è nient’altro di più difficile.

Quel fenomeno di Adam Ondra ha effettuato la prima salita di Chaxi Raxi, una massicciata 9b a Oliana, in Spagna a fine aprile. Un muro di 50 metri di lunghezza. Il videomaker Bernardo Gimenez ha documentato l’impresa in maniera egregia. Non ci resta che godercela.


Better than chocolate


Info:

Matteo Della Bordella - free solo - 7b+


Matteo fa parte del gruppo dei Ragni di Lecco. Al suo attivo, nel gennaio di quest’anno, un importante tentativo sulla Torre Egger in Patagonia, con l’obiettivo della vertiginosa parete ovest tentata da molti, ma mai salita.

Dopo un veloce viaggio in Inghilterra e 15 anni di arrampicate, volevo provare che effetto fa scalare in free solo

Ecco dunque Matteo Della Bordella su una classica di questa difficoltà in Ticino, Cacarolla 7b+ a Arcegno: “l’allenamento mentale per progetti più duri su arenaria”.


Panzeri a campo 3 ma al Kangchenjunga si alza il vento

Kangchenjunga

Kangchenjunga

KATHMANDU, Nepal — E’ partito l’attacco alla vetta di Mario Panzeri e compagni sul Kangchenjunga, 8.586 metri, la terza montagna più alta della Terra. L’alpinista lecchese, che sta cercando di raggiungere il suo 12esimo ottomila senza ossigeno, ieri si trovava a campo 3 insieme a Oscar Cadiac e alcuni sherpa.

Il programma è quello di salire oggi a installare campo 4 grazie al deposito lasciato circa 10 giorni fa. Ma il meteo ha subito proprio ieri un cambiamento che potrebbe creare qualche problema.

“E’ la terza notte a campo 3 – ci scrive Panzeri da lassù – siamo a 7.100 metri di quota. Sono in bella compagnia e sto bene, ma il tempo è cambiato. Il meteorologo Vitor ci ha fatto sapere che si alzerà un forte vento nel giro di 24 ore”.

Oggi, quindi, la giornata decisiva per decidere cosa fare. Tentare la salita oppure scendere al campo base e riprovarci alla prossima finestra di bel tempo? La risposta, nelle mani del meteo.


SALEWA CUBE - Climbing indoor, feel outdoor!

Dopo 15 mesi di lavori, sabato 14 maggio si è inaugurata SALEWA Cube, la palestra – all’interno della nuova sede di SALEWA – che darà la sensazione di arrampicare all’aperto, all’insegna dello slogan climbing indoor, feel outdoor!
Il taglio del nastro è stato dato da Angelika Rainer – atleta del team Salewa – insieme a Reinhold Messner, alla presenza del Sindaco di Bolzano Luigi Spagnoli, del Presidente della Provincia di Bolzano Luis Durnwalder, di Heiner Oberrauch e del Consigliere Provinciale Elmar Pichler Rolle.

«Attraverso questa costruzione vogliamo restituire qualcosa a tutti i climber che negli anni ci hanno dato la loro fiducia – sottolinea Heiner Oberrauch, presidente del gruppo SALEWA – la palestra diventerà un luogo di incontro per gli appassionati di arrampicata sia locali che delle province limitrofe. Siamo contenti e anche orgogliosi di dare l’opportunità a numerosi ragazzi e ragazze di trascorrere in modo sano e divertente il proprio tempo libero».

SALEWA Cube è una struttura innovativa dai grandi spazi aperti che firma un grande record, quello di essere la palestra d’arrampicata più grande d’Italia. Grazie all’enorme porta di ingresso che introduce alla struttura si è riusciti infatti a creare una particolare condizione climatica, così da far sembrare, a coloro che sono impegnati nella scalata, di trovarsi all’aria aperta. Un aiuto viene anche dalla felice collocazione di Bolzano e dai suoi 300 giorni di sole annui, che consentiranno di lasciare aperta la porta della struttura per gran parte delle stagioni, evitando anche quella spiacevole sensazione di “aria polverosa” generata dalla magnesite. I climber avranno così la sensazione di arrampicare all’aperto tenendosi al riparo dagli agenti atmosferici che rendono normalmente impossibile allenarsi su parete naturale.

Con oltre 2000 metri quadrati di superficie disponibile, la nuova palestra offre l’opportunità di cimentarsi in 180 tracciati differenti. Tra le diverse pareti della SALEWA Cube dove sono ricavate vie di varia difficoltà, da 4 a 8c, impressiona quella alta 18 metri, come un palazzo di sei piani. E per i climber che si vogliono specializzare nella disciplina speed anche alcuni percorsi veloci, che si snodano in tre direzioni differenti sino ai 15 metri di altezza.
Ultimo, ma non certo per importanza, spazio al bouldering. Per questa disciplina sono stati riservati nella costruzione ben 200 metri quadrati interni e 220 esterni. I blocchi utilizzati per cimentarsi nel bouldering vanno dalla difficoltà A sino a quella E. Ma non è tutto, poiché pensando anche agli amanti delle escursioni in montagna, è stata prevista persino una via ferrata, studiata appositamente per i principianti e che prevede per loro un accesso facilitato.
Nel complesso, l’intera struttura di SALEWA Cube sarà in grado di ospitare contemporaneamente ben 250 presenze, anche questo un numero da record.

Un’altra particolarità, che sicuramente non mancherà di rendere felici gli atleti, è la parete esterna Dry-Tooling, lungo la quale ci si potrà allenare con la piccozza, così da testare sul posto le attrezzature SALEWA. E per concludere due numeri che danno la dimensione dell’impianto sportivo: le pareti del SALEWA Cube sono attrezzate con più di 12.300 prese e oltre 1.100 rinvii.

La palestra è ricavata nel nuovo headquarter di SALEWA, situato nella zona industriale di Bolzano e sarà completamente immerso nel verde pubblico, studiato appositamente da SALEWA e curato dalla stessa. Il parco sarà liberamente fruibile da tutti i cittadini.

L’obiettivo di SALEWA Cube – in un momento in cui lo sport dell’arrampicata è cresciuto moltissimo sia sotto il profilo del numero dei praticanti, sia sotto quello tecnico - è quello di offrire un terreno di allenamento quotidiano, anche quando le condizioni meteorologiche non permettono di esercitarsi all’aperto.
La palestra potrà essere inoltre anche un terreno su cui gareggiare visto che si prevede di organizzare al suo interno competizioni di livello nazionale e internazionale.
La sua funzione, in ogni caso, rimane quella di strumento per la comunità, capace di attirare persone di tutte le età, dagli atleti elite ai semplici appassionati delle emozioni in verticale. A sottolineare questo aspetto, la presenza di una parete di arrampicata a scopo terapeutico.

I primi fruitori di SALEWA Cube saranno sicuramente gli atleti del team SALEWA, tra cui gli altoatesini Alexandra Ladurner e Stefan Scarperi che hanno ricevuto la convocazione per i Mondiali di Arrampicata in programma ad Arco a metà luglio. «Questa è una struttura meravigliosa che ci consentirà di perfezionare i nostri allenamenti – commenta Alexandra - anche se da qui ai mondiali io sarò impegnata anche con gli studi per la maturità». Ladurner e Scarperi parteciperanno ai mondiali di Arco nella disciplina del boulder, dove hanno già dimostrato di potersi misurare con l’elite internazionale del movimento.

Bolzano e il suo storico rapporto con l’arrampicata indoor
Inaugurata 40 anni fa a Bolzano, la prima palestra di arrampicata al mondo era caratterizzata da rocce delle Dolomiti, trasportate nel capoluogo dai militari che prestavano servizio al passo Sella. Una parete larga 20 metri e alta 7 dava così la possibilità di allenarsi al coperto in Alto Adige già a metà anni Settanta.
«A dare la spinta decisiva alla costruzione di quella palestra fu l’alpinista Erich Abram. Assieme a lui lavorarono l’AVS, il CAI e l’Esercito Italiano e, nonostante lo scetticismo di molti alpinisti, si realizzò una struttura che fu da esempio per le seguenti – commenta Heiner Oberrauch – e considerando che Abram fu l’artefice di quel progetto, un visionario e anticipatore dei tempi, abbiamo deciso di intitolare a lui il SALEWA Cube».

La maggior parte dei costi di realizzazione, pari a due terzi dell’intero budget, sono stati coperti da SALEWA mentre la somma restante è stata versata dall’amministrazione pubblica, sia la Provincia Autonoma di Bolzano che il Comune di Bolzano. La gestione della struttura sarà affidata a Martin Knapp, presidente onorario dell’AVS Bolzano.




nuova webcam sul tetto del mondo: da oggi l’Everest è in diretta

Webcam Everest ore 7.00

Webcam Everest ore 7.00 del 16 maggio 2011

Da questa mattina chiunque può guardare in diretta l’Everest dal proprio pc, con immagini ad alta risoluzione ed in tempo reale. E’ possibile grazie alla nuovissima webcam dell’Everest, installata ieri dal Comitato EvK2cnr sulla cima di Kala Patthar, 5.600 metri di quota, terrazzo panoramico che offre la miglior visuale possibile sulla vetta della montagna più alta del mondo. Si tratta della prima webcam dalle vicinanze dell’Everest, installata a soli 11 Km dalla montagna.

Per osservare l’Everest dalla webcam firmata EvK2Cnr basta visitare il sito:HTTP://WWW.EVK2CNR.ORG/WEBCAMS/PYRAMIDONE/CURRENT.JPG.
Vi apparirà un’immagine con un picco inconfondibile: l’Everest, 8.848 metri di quota, la montagna più alta del mondo. A destra si vede il pianoro di Colle Sud, 8000 metri di quota. L’immagine viene aggiornata ogni pochi minuti ed è possibile perfino osservare i movimenti delle nubi attorno alla montagna.

L’installazione della webcam è stata compiuta dai tecnici italiani e nepalesi del Comitato EvK2Cnr, coordinati da Giampietro Verza, che così commenta: “stavamo lavorando a questa installazione da mesi ormai, tra test e verifiche, ma ieri mattina abbiamo portato a termine l’ultimo passaggio. L’installazione della web cam della Mobotix, è un gran risultato che ci permettere di raggiungere un nuovo primato: la web cam più alta al mondo. Anni fa all’Everest View Hotel a Syangboche esisteva una camera a oltre 30 km dall’Everest ma noi l’abbiamo messa a 11 Km, dal punto più panoramico possibile”.

“Le difficoltà maggiori – continua Verza – sono state quelle relative alla connettività, ai link WiFi, infatti, abbiamo dovuto attivare più ponti e ripetitori per far sì che il segnale arrivasse da Kala Patthar al Laboratorio Piramide: vi assicuro che a queste quote che non si trovano prese elettriche!”

“E’ stato un bel lavoro di gruppo con il nostro staff nepalese – conclude Verza -. Appena hanno compreso la portata di questa operazione ci si sono appassionati come se facessero una cosa importante per loro e per il loro paese. Oggi dopo giorni di lavoro, montaggi di quadri e test, con il brutto tempo e lo staff decimato dai virus che hanno colpito la valle del Khumbu, ci siamo riusciti. Quando il link si è attivato c’è stata un’onda di emozione quando abbiamo visto apparire sui nostri schermi l’imponenza dell’Everest!”

La webcam è stata installata nell’ambito della spedizione Share Everest 2011, promossa dal Comitato EvK2Cnr ripristinare la stazione meteorologica più alta del mondo agli 8000 metri del Colle Sud dell’Everest, nell’ambito del progetto internazionale di monitoraggio climatico e ambientale Share. La stazione verrà ripristinata nelle prossime settimane dai due alpinisti Daniele Nardi e Daniele Bernasconi, che al momento si stanno acclimatando per compiere il lavoro in alta quota. La missione viene svolta sotto l’egida del Miur.

La webcam, che permetterà proprio di monitorare la stazione a Colle Sud e di vedere il sito nella sua completezza, si trova sulla stessa cima dove è installata anche la stazione meteorologica del progetto Share che riceverà i dati direttamente da Colle Sud. Dati e immagini raccolti a Kala Patthar vengono poi trasmessi al Laboratorio Osservatorio Piramide, che sorge a 5050 metri di quota nella valle del Khumbu e che viene gestito dal Comitato EvK2Cnr, da dove tutto viene poi trasmesso in Italia.

Tra qualche giorno qui su CLIMBING ADDICTED, sarà disponibile un bannerino cliccabile per vedere il monte Everest in diretta


Stella Marchisio ad Olbicella




Bafio trying MNCAMC


sul Mare di Ghiaccio con il treno di Montenvers

Osservato dalla sommità di Montenvers sembra piuttosto piccolo, quasi insignificante. Ma, una volta scesi ai suoi piedi, ci si rende conto che il Mare di Ghiaccio è effettivamente il più grande ghiacciaio francese, lungo 7 chilometri e spesso 200 metri.

Per raggiungerlo si sale a bordo del Treno di Montenvers, un piccolo convoglio di due vagoni in legno con lo stile di altri tempi. Dal 1908 questo trenino a cremagliera porta i visitatori a circa 20 minuti dalla cima, con un percorso affascinante e panoramico che permette di osservare Chamonix dall’alto. Arrivati alla stazione, di fronte all’hotel Montenvers, al museo della fauna alpina e alla galleria dei cristalli, ci si può fermare al primo punto di osservazione del ghiacciaio, disteso tra i monti Drus (3754 metri) e Grandes Jorasses (4205 metri).


GI & GII in una botta sola


suggested by Rain Rongpuk


map of Seven Summits


click the picture to enalagre it

Con la locuzione Seven Summits (IPA: /ˈsɛvən ˈsʌmɪts/) (parola inglese per Sette cime o Sette vertici) sono indicate le montagne più alte per ciascuno dei sette continenti.

Nel mondo dell'alpinismo, scalare tutte e sette le cime dei Seven Summits è considerato un importante traguardo. Il primo alpinista a riuscire nell'impresa è stato lo statunitense Richard Bass.


Panzeri è pronto per tirare alla vetta del Kangchenjunga

Kanghcenjunga, seracchi a quota 6800 metri (Photo courtesy Alex Gavan)

Kanghcenjunga, seracchi a quota 6800 metri

KATHMANDU, Nepal — E’ pronto a tentare la cima Mario Panzeri sul Kangchenjunga, la terza montagna più alta della Terra, 8.586 metri di quota. L’alpinista lecchese, alla caccia del suo 12esimo ottomila senza ossigeno, nel weekend ha raggiunto i 7.300 metri di quota dove ha lasciato un campo deposito. Ora è tornato al campo base, dove sta soltanto aspettando una buona finestra di bel tempo per tentare la vetta.

“Domenica siamo saliti fino a 7.300 metri di quota – racconta Panzeri, che abbiamo raggiunto sul satellitare al campo base -. Abbiamo lasciato lassù un campo deposito con tutti i materiali necessari ad installare campo 4 e tentare la cima. Ora, con i russi, gli sherpa e l’altra spedizione che si trova qui al base, stiamo solo aspettando la finestra di bel tempo che ci consenta di tentare la cima”.

“Al momento fa bello la mattina ma nevica il pomeriggio – prosegue l’alpinista -. Fino al 13 maggio dovrebbe andare avanti così e poi speriamo nella finestra. Tra poco dovrebbero arrivarci le nuove previsioni: confronteremo quelle di tre meteorologi diversi e decideremo quando tentare”.

Ma come si svolgerà la salita in vetta? “Saliremo direttamente a campo 2 – spiega Panzeri – poi a campo 3 e infine a campo 4 che installeremo a circa 7.700 metri di quota. Alle nove di sera partiremo per la cima. E’ molto presto, ma la montagna è quasi 8.600 metri e la salita e la discesa da lassù saranno parecchio lunghe. E complicate”.

“E’ una montagna complicata – dice l’alpinista -. Ci sono diversi tratti complessi anche durante la salita, su e giù dai seracchi. E quando nevica è pericoloso: se si staccano delle valanghette, rischi di trovarti bloccato sulla via. Ed è una montagna enorme: dal campo base si vede la cima, ma poi salendo non la vedi più fino a campo 3. Quando sono arrivato su ho detto: finalmente ti vedo, montagnone!”.

Panzeri si trova laggiù con il compagno Antonello Martines, che dopo qualche problema di salute all’arrivo al campo base, sembra essersi ripreso. “Ora sto finendo la cura di antibiotici – racconta Martines – Non ho più tosse e sto bene. Passeremo qualche giorno al campo base e avrò tempo di recuperare. Sicuramente ho meno allenamento degli altri nelle gambe perchè sono salito meno volte in alto, ma andrò con loro fino a campo 3, campo 4, e poi vedrò se sarà il caso di tentare la vetta in base alle mie condizioni”.

Non resta che attendere, insomma. Il momento decisivo si avvicina, ma Panzeri sembra pronto e rilassato: scherza, ride e non vede l’ora di scalare, anche se è ben consapevole del gigante che sta per affrontare. Restate con noi per seguire l’avventura!