Il trekking ideato da due appassionati, Mario Verin e Peppino Cicalo, è considerato non a torto “il trekking più difficile d’Italia”, non certo per la quota che non supera mai gli 800 m. s.l.m. né per i dislivelli, che pur essendo presenti non sono di tipo “Alpino” e neppure per il clima (a meno cha non si commetta l’errore di andarci dopo Aprile) ma l’assoluta mancanza di acqua lungo tutto il percorso, tranne rarissimi e fortuiti casi sui quali non si può certo fare affidamento, mancanza che rende impossibile l’effettuazione del trekking, a meno che non si provveda a predisporre dei punti di rifornimento lungo il percorso; l’estrema difficoltà di orientamento, i pochi segni sulle rocce sono diligentemente eliminati (dai pastori ?); la necessità di portare nello zaino tutto quanto serve per questo periodo di tempo; le difficoltà di tipo alpinistico lungo il percorso, tratti di paretine con difficoltà fino al IV° (con zaino di 16 – 18 kg. in spalla) e discese in corda doppia anche di 45 m. e in parte strapiombanti e non ultima la necessità di procedere curvi dentro la fitta macchia Mediterranea, rendono questo trekking non certo alla portata di tutti !
Dopo l’esperienza della G.T.S. (grande traversata del Supramonte) compiuta nel ’98, non credevo che avrei trovato questo trekking cosi duro, non solo per l’impegno fisico che pure è notevole, ma anche l’isolamento e direi quasi l’ostilità che si avverte nel territorio, appena mitigata dalle splendide visioni di ciò che la natura è riuscita a creare e che ripagano totalmente l’impegno necessario, rendono questo percorso uno dei punti di arrivo, insieme agli altri grandi trekking nel mondo, di tutti i trekkers che praticano questa attività al massimo livello!
Renato Donati
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