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Renato Donati in: "Selvaggio Blu"

“ Selvaggio Blu”! Questo nome, che pronunciato fra gli appassionati del trekking “hard”, non ha bisogno di altre spiegazioni, è il nome con il quale viene identificato un percorso escursionistico della durata di sei – sette giorni che si sviluppa sulla costa orientale della Sardegna nella zona compresa farà Santa Maria Navarrese a Sud e Cala Gonone a Nord. Il percorso è stato “inventato” per passare sulle alte scogliere e nelle Codule (Canyon) che le tagliano di tanto in tanto e che caratterizzano questo tratto di costa. E’ stato ricavato in parte sfruttando vecchie tracce di sentieri dei pastori e dei carbonai e in parte appunto “inventato”. Ora forse i pastori usano raramente questi sentieri e così pure i quasi abbandonati Cuili (Ovili) e le Pinnette, che erano le abitazioni del pastore annesso al Cuile; ma le loro tracce sul territorio sono tuttora le uniche tracce che è dato di scorgere in questo lembo di terra e testimoniano di una vita solitaria e per certi aspetti primitiva, per la mancanza di qualsiasi contatto con la realtà esterna per mesi e mesi.

Il trekking ideato da due appassionati, Mario Verin e Peppino Cicalo, è considerato non a torto “il trekking più difficile d’Italia”, non certo per la quota che non supera mai gli 800 m. s.l.m. né per i dislivelli, che pur essendo presenti non sono di tipo “Alpino” e neppure per il clima (a meno cha non si commetta l’errore di andarci dopo Aprile) ma l’assoluta mancanza di acqua lungo tutto il percorso, tranne rarissimi e fortuiti casi sui quali non si può certo fare affidamento, mancanza che rende impossibile l’effettuazione del trekking, a meno che non si provveda a predisporre dei punti di rifornimento lungo il percorso; l’estrema difficoltà di orientamento, i pochi segni sulle rocce sono diligentemente eliminati (dai pastori ?); la necessità di portare nello zaino tutto quanto serve per questo periodo di tempo; le difficoltà di tipo alpinistico lungo il percorso, tratti di paretine con difficoltà fino al IV° (con zaino di 16 – 18 kg. in spalla) e discese in corda doppia anche di 45 m. e in parte strapiombanti e non ultima la necessità di procedere curvi dentro la fitta macchia Mediterranea, rendono questo trekking non certo alla portata di tutti !

Dopo l’esperienza della G.T.S. (grande traversata del Supramonte) compiuta nel ’98, non credevo che avrei trovato questo trekking cosi duro, non solo per l’impegno fisico che pure è notevole, ma anche l’isolamento e direi quasi l’ostilità che si avverte nel territorio, appena mitigata dalle splendide visioni di ciò che la natura è riuscita a creare e che ripagano totalmente l’impegno necessario, rendono questo percorso uno dei punti di arrivo, insieme agli altri grandi trekking nel mondo, di tutti i trekkers che praticano questa attività al massimo livello!

Renato Donati


















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