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Rifugio Barbara - relazione di Christian Core

I mesi estivi sono un problema per noi boulderisti, spesso fa troppo caldo e diventa difficile trovare buone condizioni per scalare, così i pochi posti esistenti diventano preziosissimi.

Per nostra fortuna a poche ore di macchina esistono diverse montagne non elevatissime e quindi perfette per i nostri obiettivi. Questa volta la meta prescelta si trova in Val Pellice “Piemonte”, così mi metto d’accordo con il mio amico Roberto Bocchi, local della zona e boulderista incallito.

Dopo due ore di macchina arrivo quasi a Bobbio Pellice, finalmente leggo la deviazione a sinistra per Rifugio Barbara, è estate, non vedo l’ora di arrivare, Roberto ha visitato spesso questa zona, assicurandomi che in cima merita davvero, ha già visto molti posti in giro per il mondo, mi fido.

Giro al cartello, finalmente inizia la parte finale della strada che costeggia un fiume e sale ripidissima su per la valle. Centinaia di massi sparsi ovunque cominciano ad apparire, mi agito, la maggior parte dei blocchi presenti sono strapiombanti, a volte tetti, apparentemente mezzi puliti e siamo soloall’inizio della salita. La macchina di Roby è già molto avanti a noi, conosce il posto e continua a salire, io lo seguo cercando di guardarmi intorno e ogni volta mi distraggo ed esulto, rischiando di uscire di strada, perché spesso senza protezioni ai lati. Stella stressata mi implora di guardare avanti e mi rassicura dicendo che li guarda lei per me e mi riferisce, pace, li osserverò al ritorno, mi ripeto nella mente.



Lungo la salita stretta e ripidissima incontro continuamente macchine che salgono e scendono, turisti che come noi vanno o tornano dal rifugio. Sono costretto ripetutamente a fermarmi e ripartire.

Dopo l’ennesima sfrizionata mi cade quasi per caso l’occhio sull’indicatore della temperatura dell’acqua che cresce lentamente (…?!?!?…), anche se è estate senza esitare un secondo accendo il riscaldamento al massimo per non fare danni, la lancetta scende di un poco e mi rassicuro da solo, pensando che tanto mancheranno ancora pochi minuti. All’ inizio della deviazione c’era scritto “solo” 9 km, non so quanti ne ho fatti fino a qui ma ormai dovremmo esserci. Intanto le macchine davanti a me continuano ad inchiodare per ammirare le farfalle e ogni filo d’erba e fogliolina che muove, io dietro prego Dio che non scoppi tutto. L’indicatore sale ancora, il riscaldamento a “tavoletta” non è più sufficiente, dico a me stesso che forse dovevo aggiungere acqua nel motore, o comunque fare qualche controllo prima di partire, non sapevo di questa salita, ormai sono qui, pace…

Continuo per i tornanti la salita peggiora ancora, macchine e gente a piedi mi bloccano continuamente; arrivo al parcheggio basso delposto, forse ci siamo, azzardo la super salita finale, gli ultimi 100 metri, che mettono ad ulteriore prova la macchina, e finalmente arrivo in cima.

Riesco a parcheggiare vicino al rifugio, spengo immediatamente il mezzo per evitare l’imminente esplosione del radiatore e scendo per riprendermi un poco dallo stress degli ultimi minuti.

Mi accorgo solo in quel momento che questa stupenda valle si apre, con prati divisi da un fiume e animali che camminano liberi intorno a giganteschi macigni che risalgono le montagne ai lati, ammutolito mi si apre subito il cuore.

E’ bellissimo.

Come prima cosa entro subito nel rifugio per un piccolo rifornimento energia, divorandomi un panino, dove faccio velocemente conoscenza con il gestore, Roby gli aveva già spiegato la nostra passione e l’intenzione di valorizzare l’area. Il posto merita e sicuramente sarebbero arrivate altre persone appassionate di bouldering alla ricerca sia dei passaggi da provare che di calma e pace, cosa che si respira appena si mette piede fuori dalla macchina. Ci ascoltava, e probabilmente gli abbiamo trasmesso il nostro entusiasmo, l’idea di dare importanza al posto, anche sotto un punto di vista differente da quello dei soliti frequentatori della valle gli piaceva molto.

Torno con Stella a prendere il materiale, anche Roby controlla il suo radiatore giunto al limite della sopportazione, già pronto motivato ci fa segno di seguirlo.

Saliamo tenendoci al centro della valle, per avere una panoramica migliore, i macigni sono subito evidenti, facili da raggiungere e spesso le basi dei blocchi sono piatte con erbetta. Le mucche intorno a noi pascolano tranquille, libere da qualunque tipo di recinzione, molti animali sparpagliati per la vallata, famiglie con i bambini campeggiano con tende e materiale da pic nic.



Lo stile della roccia mi appare immediatamente congeniale, in prevalenza si osservano pannelli strapiombanti a tacche, di tutte le altezze e inclinazioni. Un parco giochi perfetto. L’adrenalina rapidamente mi arriva al cervello, lascio il materiale e incomincio a girare come un bambino dentro un negozio di giocattoli, ovunque mi volto appare “qualcosa” che strapiomba con piccole tacchette, non mi sembra vero, un posto estivo con tanti blocchi nuovi da “scoprire” e la maggior parte duri. “Non può essere vero, sto sognando”.

Ringrazio Roby per il regalo che ci ha fatto e iniziamo a scalare senza un obiettivo, perché tutto per noi è ancora da vedere.

Molte prese si rivelano taglienti e dolorose, per fortuna però c’è un po’ di tutto, così riusciamo a non bucarci le dita appena arrivati.

I passaggi sono tanti, saltiamo da un blocco all’altro senza renderci conto del potenziale reale; il primo giorno non serve, basta scalare.

Scaliamo su un pannello a 40° che sembra tagliato, nasce così “Fat bastard” 7c+, dietro c’è il pancione di “Big mother” 8a, intravedo future linee come “Gollum” 8b, “Smeagol” 8a+; poi nascosta dentro un’insenatura tra due rocce, trovo una linea obliqua stupenda che chiamerò anni dopo “Kimera” 8c. Molti macigni sono talmente grandi che diventa facile inventare linee, una sezione scalabile si ottiene sempre.

Alla sera ci fermiamo al rifugio, un posto molto confortevole che offre da dormire e mangiare, doccia veloce con profumini invitanti provenienti dalle cucine e mega cena senza limitazioni.

Andiamo a dormire e ancora mi rivedo tutti quei pannelloni nella mente, faccio fatica ad addormentarmi perché quando si trovano rocce nuove si vive la prima fase “magica” della scoperta, che ti stimola, perché non sai ancora cosa troverai, e potresti scoprire qualsiasi cosa, anche passaggi bellissimi.

I giorni successivi sono stati molto eccitanti, scalando continuamente su linee nuove e saltando come camosci da una roccia all’altra siamo riusciti a visualizzare il 60/70 % del potenziale.



Nel tempo siamo tornati spesso qui, è impossibile annoiarsi, perché ogni volta che veniamo troviamo ancora linee nuove, basta salire un po’ di più verso la montagna per vedere apparire numerosi macigni diversi e compatti; inoltre l’area è perfetta per rilassarsi con gli amici o con la famiglia provando qualsiasi boulder.

Ogni estate convinciamo molti amici a venire con noi, anche quelli che arrivano da lontano rimangono soddisfatti, dal Giappone Dai Koyamada l’estate scorsa appena è arrivato ha cominciato a correre per i blocchi e tra i prati, dopo un accurato giro perlustrativo ci ha confidato che è tra i posti più belli che abbia visto.

Il potenziale è ancora molto da esaminare, risalendo la montagna abbiamo trovato nuove rocce in alto, a circa 30/40 minuti di cammino dal rifugio.

L’ultimo settore scoperto è “La nave”, poco più in alto degli altri. Prende il nome per dal gigantesco roccione a forma di grossa barca, con tanto di prua, poppa e stiva, il lato dietro ci regala un tetto gigantesco con linee molto belle come “La bestia nera”, un 8b che segue l’unica lunga fessura che taglia in due il macigno.

Anche Marzio Nardi e amici hanno valorizzato parte dei massi che si incontrano lungo il fiume, sulla strada asfaltata per arrivare al rifugio, e se si sommano tutti insieme, allora l’intera zona offre davvero tanti passaggi, con stili opposti: accanto all’acqua su roccia liscia con prese piatte mentre in alto prevale l’aderenza su tacche. L’intero luogo si completa.

D’estate il clima è perfetto, all’ombra o alla sera la condizione e sempre ottimale per scalare, e anche al sole il caldo è asciutto, bisogna tenere presente che l’area del rifugio si trova a 1.800 metri e il tempo può variare velocemente, più volte siamo stati sorpresi da piogge improvvise, per fortuna l’infinità di pannelli strapiombanti si rivelano utili anche in questi casi, inoltre la roccia asciuga abbastanza in fretta, quindi non bisogna perdersi d’animo magari si tratta solo di temporali estivi. Lungo il fiume invece i settori si possono frequentare anche nelle mezze stagioni visto che la quota precipita vertiginosamente, tanto più che d’estate si incontrano tantissimi bagnanti che preferiscono la tranquillità della montagna alle spiagge.

Parlando con il gestore del rifugio abbiamo deciso di realizzare una guida del posto, così che tutti capiscano facilmente come raggiungere i passaggi.

Una copia è sempre fissa all’ingresso del rifugio, spesso aggiornata in tempo reale, altrimenti si può scaricare gratuitamente dal sito internet www.infobulder.com



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Roberto Bocchi

Tengo a dire che l’area blocchi in oggetto non è stata scoperta da me.

Io sono stato portato qui, la prima volta, da un amico di nome Alex Parodi che con Marco Demarchi e Roby Boulard scalava su questi blocchi già negli anni ’80.

Ovviamente l’ottica era quella ‘alpinistica’ di allora, non esistevano crash-pads né scarpette iper-aderenti, per cui si tendeva a scegliere passaggi fessurati o comunque ‘facili’ per i canoni moderni. I pallini rossi che vedrete su alcuni passaggi sono un ricordo di quegli anni.

Tutto quello che ho fatto io è stato vedere con gli occhi di oggi il potenziale dell’area e pulire alcuni passaggi (non dimenticherò mai il giorno in cui, girando da solo, ho scoperto e poi pulito la stupenda linea di ‘Big Mother’).

Tutto il resto del lavoro, la scoperta dei blocchi meno evidenti, la pulizia (per fortuna non erano mai sporchissimi) e ovviamente la salita dei passaggi più duri, è tutto merito di Christian e Stella che tanto tempo hanno dedicato a questo posto, e non solo per scalare.

Dati tecnici:

Accesso:

Regione Piemonte,provincia di Torino.

Dalla Liguria:autostrada Savona-Torino, uscita “Marene-Cherasco”.

Seguire per “Savigliano-Saluzzo”, poi Saluzzo, poi seguire “Cavour-Pinerolo”, a Cavour al semaforo proseguire dritti per “Val Pellice-Campiglione”, poi “Torre Pellice”.



Da Torino:autostrada Torino-Pinerolo,al termine dell’autostrada proseguire a sinistra per Val Pellice lasciando a destra la strada per il Sestriere.

Dopo “Luserna San Giovanni” proseguire sempre dritto arrivando prima a Villar Pellice poi, poco prima di “Bobbio Pellice” girare alla deviazione a sinistra per “Rifugio Barbara”. (Dove c’è una fermata dell’autobus con ampi prati). Risalire la valle fino al rifugio dove termina la strada.

Periodo:

Da aprile-maggio fino alle prime nevicate di novembre.

Roccia:

Serpentinite. Sempre molto compatta, abrasiva e tagliente.

Prevalenza tacche.



TEL. 0121 930077 (chiedere di Roberto)

(si possono affittare crash-pads)

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