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Chris Sharma il vero climber anti star

BERGAMO -- E' uno dei climber più forti del momento. Nonostante sia ancora giovane, Chris Sharma è ormai un mito per molti, in Italia come in Spagna e soprattutto in America, da cui proviene. Osannato spesso come "enfant prodige", vanta in curriculum numerose salite di grado 9A. Un grande talento, un giovane modesto e semplice. Ecco l'intervista rilasciata alle telecamere di Montagna.tv durante l'ultima edizione del Trento FilmFestival.

Trento, ore 9 del mattino. Sharma è reduce da una serata di festa, una delle tante che si sono svolte durante l'ultima edizione del Trento FilmFestival dove lo abbiamo incontrato. Degli altri "divi", ospiti della manifestazione trentina, a quell'ora del mattino non si vede neanche l'ombra. Ma lui arriva puntuale all'appuntamento nella hall dell'albergo.

Chris Sharma è un ragazzo modesto, educato, pacato. Parla di sè, della sua storia con grande semplicità, come se la sua esperienza fosse quella di tutti, fosse comune, nella norma.

"Quando avevo 12 anni sono andato in una palestra d'arrampicata vicino casa mia, a Santa Cruz - racconta -, tanto per fare qualcosa. Poi è finita che me ne sono innamorato".

Sharma ha raggiunto i massimi livelli dell'arrampicata sportiva e oggi è davvero uno dei più forti. Il suo modello? Non i suoi grandi predecessori, o quanto meno non solo. "Per me il miglior climber non è necessariamente quello che fa le cose più difficili - dice infatti -. Preferisco quelli che usano l'immaginazione, che scalano in modo passionale".

L' ortica dei climber: l'Edera velenosa

di Kelios Bonetti


L'ortica dei climbers: l'edera velenosa.

Da qualche tempo si parla dell’edera velenosa. Nelle falesie nostrane circolano solo delle voci, molto simili alle leggende metropolitane, mentre in America i climber la riconoscono a vista come noi riconosciamo le ortiche (50 milioni di casi ogni anno negli USA). Dato il numero crescente di episodi, mi sono deciso a scrivere questo articolo anche se non si tratta di una patologia arrampicatoria in senso stretto. In particolare mi ha colpito l’episodio di una comitiva di giovani climber finita al pronto soccorso dopo essere stati alla "Grotta dell’edera" a Finale. In verità alcune testimonianze e alcune foto sembrano mostrare anche la presenza del poison oak, un arbusto con effetti simili.

Il contatto con questa pianta porta a una dermatite allergica da contatto con formazione sulla cute di flittene (bolle). La guarigione è abbastanza lenta, e con la cute rovinata si deve sospendere per un po’ l’attività arrampicatoria per la fragilità della pelle e per il rischio di infezioni delle piaghe che restano se si rompono le bolle. Inoltre la cute interessata rimane per diverso tempo con delle poco estetiche striature scure.

(per chi ha tempo per leggere) L'Edera velenosa (Toxicodendron radicans), è una pianta della famiglia delle Anacardiaceae.Non ha nulla a che vedere con l' edera comune (Hedera helix). Determina dermatite da contatto. Si presente sotto le forme di pianticella fino a 120 cm, o arbusto, o rampicante. Come si può vedere dalle foto le foglie a seconda del periodo di maturazione hanno forme e colori diversi. È tipica del nord america, ove predilige terreni rocciosi con una buona umidità, cresce sotto i 1500 metri di altitudine. Produce delle infiorescenze bianche a piccole bacche.

Tutta la pianta secerne (ma soprattutto contiene al suo interno) una resina ricca in urushiolo un irritante della cute, responsabile di una dermatite da contatto su base autoimmune. L’urushiolo si lega a delle proteine della membrana cellulare e le modifica facendo sembrare al corpo che siano estranee, così il corpo produce contro di degli anticorpi per una risposta T-mediata, auto dannengiandosi. Può causare anche reazioni anafilattiche. Il 20% circa della popolazione ne è immune in America, in Europa la percentuale è probabilmente molto più bassa.Come tutte le reazioni allergiche ha bisogno di un primo contatto con l’antigene. In seguito in un periodo di 5-10 giorni il corpo crea delle immunoglobuline, che vengono poi liberate nei contatti successivi dando luogo alla reazione allergica-autoimmune, che in 6-24 ore si manifesta con un rash cutaneo, arrossamento, gonfiore, prurito più o meno intenso e la formazione di papule, flittene e bolle contenenti un liquido chiaro. Le bolle guariscono in 1-2 settimane, talvolta lasciano delle cicatrici discromiche. Talvolta le bolle o le ulcere che esitano dalla loro rottura si infettano. La tempistica delle manifestazione è influenzata da molte variabili.

È pericolosa anche l’ingestione della pianta e l’inalazione dei suoi fumi. La resina rimane attiva per anni, quindi anche il contatto con piante sradicate, animali, indumenti o materiali impregnati di resina può dare delle reazioni.

Cosa fare: dalla A alla Z

Prima rientrare in contatto:
▼Imparare bene a riconoscerla guardando le fotografie (non sedendoci sopra). ▼Quando possibile estirparla, togliendo anche le radici.
▼Si raccomanda l’uso di guanti, attenzione agli avambracci.
▼Informare anche gli altri climber.
▼Sarebbe consigliabile posizionare un cartello di avvertimento in ogni falesia infestata.
▼Lavare abbondantemente la parte il prima possibile con acqua e sapone, essendo una resina non idrosolubile l’acqua da sola non basta (ma meglio che niente).
▼Utilizzare possibilmente entro 30 minuti dei solventi specifici per questa resina dei tensioattivi non ionici, ad esempio Triton X-100.
In America tra i climber è molto utilizzato un prodotto denominato Teknu.
Questi prodotti sciolgono la resina contenente urushiolo, e devono essere poi rimossi dalla cute con acqua dopo 30 minuti.
▼Attenzione ai solventi alcolici, taluni credono che aumentino la penetrazione della resina nella cute.
▼Se appaiono arrossamenti ghiaccio a cicli di 10 minuti ( o meno se la cute è compromessa) avvolto in un panno asciutto.
▼Rivolgersi ad un medico al pronto soccorso (non esiste un vaccino) o a un dermatologo (portategli pure questo articolo) che inizieranno a seconda della sintomatologia un trattamento con antistaminici e o cortisonici, topici o per via orale.
▼In taluni casi il vostro medico potrebbe eseguire un intervento di svuotamento delle bolle in sterilità e una alcolizzazione della membrana per diminuire il rischio di rottura con la formazione di un ulcera ad alta possibilità di infezione. ▼Non è stata provata l’efficacia di tale trattamento, pur essendo teoricamente corretto se eseguito con presidi di disinfezione ambulatoriale.
▼Monitorare le bolle e le ulcere, l’instaurarsi di segni di infezione pone l’indicazione per l’inizio di una terapia antibiotica specifica per stafilococchi e streptococchi.
▼Lavare bene i vestiti e l’attrezzatura.
▼Un normale detergente e un lavaggio in acqua calda (sconsigliabile sulla cute per non peggiorare i fenomeni infiammatori) generalmente riesce a rimuovere l'urushiolo.


Climbing Festival 2009 - Cuneo 18/19/20/21 giugno 2009

2° Climbing Festival della Provincia di Cuneo

Moschettoni, corde, tacche e polvere di magnesite.
Alle Vele di Chiusa Pesio si sta per alzare il sipario sul nuovo “Climbing Festival della Provincia di Cuneo”. Dopo il primo evento “di rodaggio”, che l’anno scorso raccolse appassionati e curiosi oltre ogni aspettativa, l’organizzazione rilancia oggi con la stessa formula di gara e ancora più spazio ad amatori, famiglie e bambini.La filosofia è sempre la stessa, avvicinare a questo bellissimo sport il maggior numero di persone, dimostrare che grandi nomi – e quest’anno ce ne saranno di veramente grandi – e semplici appassionati possono andare a braccetto, mescolarsi e vivere questa tre giorni di sport in modo sereno e divertente.Rimane invariata la formula della gara vera e propria, dove “pro” e amatori si mescoleranno per lanciarsi su boulder, difficoltà, total dry, velocità e slacklining, ma la novità più importante di questa edizione 2009 è certamente il “Climbing Festival Junior”.
“L’idea di fondo – dicono gli organizzatori – è semplice: questo evento non è mai stato pensato come una competizione tra professionisti, chiusa ad un giro ristretto di persone. Il festival ha un altro obiettivo, mescolare chi già sa cosa vuol dire arrampicare a chi non ha mai visto come si usa una corda in vita sua. Per questo abbiamo deciso di creare un piccolo circuito per i bambini. L’anno scorso erano tanti, quest’anno c’è un’intera sezione del festival dedicato a loro”.Sarà la mascotte “Climby” – e un congruo numero di istruttori qualificati – a guidare i più piccoli alla scoperta di tre discipline in tutta sicurezza: l’arrampicata, la mountain bike e la ginnastica artistica. In un’area dedicata i bambini saranno seguiti dalle guide alpine “ChiodoFisso”, da istruttori della “Cuneoginnastica” e dai maestri di mountainbike dell’associazione "Natura360". Il tutto mentre padri e madri si potranno “rilassare” arrampicando sui muri e sui funghi allestiti nell’area delle Vele.Naturalmente oltre ad utilizzare muscoli e a consumare le suole delle scarpette, i climbers del Festival avranno molte occasioni per incontrare i grandi ospiti di questa edizione, partecipare a serate con videoproiezioni a tema, festeggiare ai party… insomma veder appagata la propria voglia di montagna a 360 gradi. Occhio, quindi: le preiscrizioni partiranno a breve... Rimanete sintonizzati su Climbing Festival Cuneo


Rotterdam - Riproduzione del Monte Cervino: Il boulder più alto d'Olanda

1350 mq indoor + 1250 mq outdoor

altezza massima 35m




grazie a Giulio per la segnalazione.


Maurizio Oviglia - CapoTesta - Sardegna


Maurizio Oviglia
CapoTesta - Sardegna
Foto Giampaolo Mocci



arrampicare in Olanda e dintorni


a questo link avrete la possiblità di zoommare per poter vedere precisamente dove si trovano le pareti arificiali e le sale boulder olandesi.

un grazie a "Giulio"
del blog "Pastapippo (cose d'olanda)" per la segnalazione!!


Mario Merelli ricorda la rinuncia a 100 metri dalla vetta del Manaslu

news from KATHMANDU, Nepal -- "Pensavamo fosse una montagna più facile. Pensavamo che esistessero ancora alpinisti veri. E invece, non ce ne sono più. Si poteva rischiarla, e forse ce l'avremmo anche fatta. Ma siamo ancora di quella generazione che guarda al ritorno e non punta solo alla cima. Non ho mai rimpianto i 100 metri passati, e non rimpiangerò questi". Così Mario Merelli parla della spedizione della primavera 2009 al Manaslu. E racconta la dura salita verso la vetta, la difficile rinuncia a 8000 metri, e la complicata discesa per il malore di un compagno e il dolore per la perdita di un altro, Giuseppe Antonelli.

L'intervista è stata girata a Kathmandu, nei giardini dell'Annapurna Hotel, lo scorso 7 maggio. Merelli, con Marco Zaffaroni e Marco Rusconi, aveva concluso da pochi giorni il lungo trekking di rientro dal campo base e si accingeva a rientrare in Italia. Ha ancora il dolore dipinto in viso per l'amara conclusione, qualche giorno prima, della spedizione al Manaslu.

"E' difficile che la gente capisca finchè non prova a rinunciare a 80-100 metri dalla cima - racconta Merelli -. Sulle Alpi non è la stessa cosa. L'ossigeno c'è, il freddo è meno, insomma 100 metri sono un breve salto. Invece a 8000 metri sono un'ora e mezza, da fare stanchi e in condizioni difficili. Non ho mai rimpianto i 100 metri passati e non penso rimpiangerò questi. Ci sono dei segnali che ti arrivano quando sei lassù. Sono anni che vado in Himalaya, e ormai sono convinto che chi muore qui, non per incidenti e cause naturali ovviamente, è perchè non è stato capace di recepire questi segnali".Merelli parla poi del tentativo di fine aprile, del duro lavoro per attrezzare la fascia ghiacciata sopra il campo 3, del dietrofront a pochi metri dalla cima e della difficile discesa. In conclusione, si lascia andare ad un commosso ricordo di Giuseppe Antonelli, compagno di spedizione deceduto improvvisamente a campo 2 per una probabile trombosi. Merelli, Zaffaroni e Rusconi hanno appreso della sua morte durante la discesa e dopodichè hanno deciso di rientrare in Italia.

trekking Dolomiti - Croda da lago

Partenza: Ponte di Rucurto tra Cortina e il Passo Giau
Arrivo: Idem
Dislivello: 750m
Tempo: 4h30'
Difficoltà: E
Cartografia: Tabacco (Foglio 03)

Lasciata la macchina all'altezza della località "Ponte di Rucurto" (1708m), lungo la statale che da Cortina porta al passo Giau, si prende il sentiero 437 che, in leggero saliscendi immerso nel bosco, porta fino in prossimità della Croda (20 min circa). Passato un ponticello su un bell'orrido (ho sempre sognato di scriverlo!) si incontra un bivio.Si prende il sentiero 435 che attraverso la val Formin sale verso Forcella Rossa del Formin (2461m), punto più alto dell'escursione (ore 2,5).

Il sentiero non presenta nessuna difficoltà alpinistica, ma nonostante questo rende molto l'idea di montagna. Superba la vista sui Lastroni di Formin. Dalla forcella il sentiero comincia a scendere per un breve tratto ripido che muta presto in un sentiero via via più largo fino ad arrivare alla forcella Ambrizola (2277m) (stupendo panorama del lago). Qui si prende sulla sinistra il sentiero 434 che in mulattiera arriva al Rif. G. Palmieri (2046m). Consiglio ai più esperti (discesa impegnativa) di non arrivare fino alla forcella Ambrizola, ma di tenere la sx per l'unica forcella che si vede accessibile (diverse tracce di sentiero). Da quest'ultima lo sguardo spazia dal Pelmo e Civetta fino alle Tre Cime di Lavaredo. Dalla forcella si scende per ripido canalone fino al sentiero 434. Lasciato il Rif. dopo un tratto piano si affronta una ripida discesa in comodo sentiero immerso nel bosco che riporta al ponticello incontrato al mattino.

spedizione valtellinese del Cai all'Alpamayo

SANTA CATERINA VALFURVA, Sondrio -- Una spedizione valtellinese del Cai di Santa Caterina Valfurva è in partenza per l'Alpamayo, una delle cime più belle e famose della Cordillera Blanca e delle Ande peruviane. Il gruppo, composto da 12 alpinisti, lascia l'Italia oggi, 28 maggio.

l gruppo è composto di una decina di valtellinesi, un bergamasco e una alpinista altoatesina. Partiranno per il Perù sabato 30 ma prima di avvicinarsi all'Alpamayo punteranno ad altre vette di oltre 5.000 metri per acclimatarsi.

La prima sarà l’Urus, una cima di 5.495 metri. Poi all’Ishinca, un'altra montagna di 5.550 metri. Quindi torneranno a Huaraz per poi trasferirsi a Vaqueria, località da cui parte il percorso di avvicinamento al Campo Base dell’Alpamayo, la vetta di 5.947 metri di altezza meta della spedizione valtellinese.

Con un trekking a piedi di circa 2 giorni e mezzo raggiungeranno il campo base del monte, che tenteranno di scalare in 5 giorni. Il gruppo dovrebbe poi far ritorno in Italia il 17 giugno.

arrampicare indoor ad Amsterdam

Dal blog "Pastapippo (cose d'Olanda)" mi è arrivata una segnalazione riguardanti 2 centri sportivi per l'arrampicata indoor e sala boulder.


De Klim Muur