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Doerte Pietron, la donna che ha bissato Cerro Torre e Fitz Roy

Doerte Pietron (Photo R. Garibotti)

Doerte Pietron (Photo R. Garibotti)

EL CHALTEN, Patagonia — Doerte Pietron. Questo è il nome della prima donna al mondo che ha salito due volte il Cerro Torre, due anni fa dalla via dei Ragni e pochi giorni fa dalla via del Compressore di Cesare Maestri. Compagno di cordata della Pietron, in quest’ultima performance, è stato Rolando Garibotti: insieme i due hanno salito, nel giro di 5 giorni, sia il Torre che il Fitz Roy. Abbiamo intervistato per voi questo “astro nascente” dell’alpinismo patagonico.

Le salite femminili al Torre si contano sulle dita di una mano. “Prima della Pietron – racconta Garibotti – solo Rossana Manfrini, la slovena Inez Bozic, l’americana Kathy Cosley e ancora le slovene Monika Kambic e Tania Grmonsek (in cordata feminile) sono riuscite a salirlo”.

La giovane alpinista tedesca, 29 anni, guida alpina, ha compiuto l’impresa due volte. La prima, fra l’altro, ad un anno da una grave operazione ai polmoni che rischiava di stroncarle la carriera. Ma lei non si è fermata, e oggi vive la sua passione per l’alpinismo a livelli sempre più alti.

Tra le sue numerosise salite, che spaziano dalle Alpi alla Patagonia, figurano anche due vette al Fitz Roy, il colosso patagonico di 3.375 metri: una cosa che prima di lei aveva fatto soltanto un’altra donna, Milena Gomez. “Sul Fitz si contano molte salite femminili – dice ancora Garibotti – ma solo due cordate completamente di donne: quella di Monika Kambic e Tina di Batista per la via Franco Argentina, e quella di Doerte con l’argentina Milena Gomez per la via Afanasieff sulla parete nord, lo scorso febbraio. Milena aveva fatto la Supercanaleta nel 2009″.

Abbiamo di fronte un talento, insomma, di cui probabilmente sentiremo spesso parlare. L’abbiamo intervistata per voi.

Doerte, hai scalato due volte il Cerro Torre. Perchè? Cosa significa per te?
Prima di tutto perchè è davvero una montagna bellissima, la più bella che abbia mai visto. E il panorama dalla cima, è ancora più bello. Ma non è solo questo. Salire la Ovest nel 2008 è stato qualcosa di molto speciale per me, perchè l’avevo sognato per tanto tempo e perchè un anno prima avevo sofferto di un edema polmonare che mi aveva quasi ucciso, e mi ha tolto una parte dei polmoni. La diagnosi è stata: mai più in montagna. Ma solo un anno dopo ero in cima al Cerro Torre. Ecco perchè mi piace ritornarci.

Ci sono molte donne alpiniste in Patagonia?
No, non molte. Veramente non sono molte da nessuna parte. Ho scalato solo con due altre alpiniste ed entrambe erano argentine: sono molto brave, tanto quando gli uomini. Ma per loro scalare è molto meno importante di quanto lo sia per me. Loro scalano quando hanno un’occasione, ma non vogliono costruire la loro vita sull’alpinismo, come invece voglio fare io. Forse le donne, specialmente le più giovani che amano l’alpinismo, dovrebbero avere maggior supporto perchè c’è ancora un po’ di discriminazione verso le donne guida o le donne in montagna.

Come sei diventata alpinista?
Quando avevo 17 anni mia madre mi fatto provare lo scialpinismo, pensava che mi sarebbe piaciuto e aveva ragione. Lì ho incontrato delle persone che mi hanno portato a scalare, e ho iniziato a passare tutto il mio tempo libero a scalare vicino a Heidelberg, dove sono cresciuta, e ad andare in montagna. A 22 anni sono diventata membro del team dei giovani alpinisti del German Alpine Club (DAV Expeditionskader). Lì ho trovato supporto e dopo aver finito l’università – sono laureata in fisica – ho iniziato a fare il corso guide.

Dove preferisci scalare?
Il terreno dove mi diverto di più e dove scalerei ogni giorno è la roccia, le lunghe vie di roccia con molti tiri e preferibilmente con protezioni naturali, senza chiodi. Come le lunghe vie in Dolomiti, ad esempio le Nord delle Tre Cime, le Tofane di Rozes, Cima Scotoni, Torre Trieste, Marmolada, Roda di Vael, etc.
Ma se ho voglia di avventura, allora il mio terreno preferito è quello della Patagonia, con picchi spettacolari, poche strutture (non ci sono rifugi, funivie o automobili), vie lunghissime e arrampicata di ogni genere: roccia, ghiaccio, misto. Mi piace stare fuori per diversi giorni, bivaccare sulla montagna, vivere giorni davvero “pieni”.

Sono meglio le Alpi o la Patagonia?
Non direi più uno dell’altro. E’ difficile paragonarli, perchè i posti sono molto diversi. Come dicevo prima sulle Alpi ci sono infrastrutture, bel tempo, avvicinamenti corti, informazioni facilmente individuabili e si scala tanto… è più divertente forse.
In Patagonia è un’avventura tutte le volte speciale. Bisogna selezionare il materiale attentamente, perchè ogni scalata dura giorni e bisogna essere leggeri e veloci per non essere sorpresi dal brutto tempo. Se succede qualcosa sei da sola, non ci sono elicotteri che puoi chiamare o soccorritori che ti vengono ad aiutare. La maggior parte delle vie è poco ripetuta, poco attrezzata, e la discesa è sempre difficile e lunga. Insomma in Patagonia lo sforzo è molto più grande, ma lo è anche quello che provi arrivando in vetta.

Che differenza c’è tra scalare con un uomo o con una donna?
Non so, forse con un uomo mi sento in dovere di provare che sono capace quanto lui di scalare, quindi mi sento più sotto pressione. Ma dipende molto da chi è il compagno di cordata, e potrebbe accadere lo stesso anche con una donna. Ho scalato solo con due donne fino ad ora ed è andata molto bene: non c’era competizione, niente di simile. Ma non trovo una differenza in generale. A parte il fatto che se scali con altre donne è sempre una “grande notizia” qualsiasi cosa tu scali.

Le tue scalate future?
Spero che ce ne saranno molte! Ho molti progetti qui, ma sceglierò in base alle condizioni e non mi piace annunciarli in anticipo, perchè questo mi fa sentire sotto pressione.


Dolomiti, in libreria l’ultimo libro di Messner

Tramonto su Cima della Vezzana e Cimon della Pala

Tramonto su Cima della Vezzana e Cimon della Pala

FUNES, Bolzano — Esce in libreria a novembre il nuovo libro di Reinhold Messner dedicato alla sue montagne di casa. “Dolomiti – Patrimonio dell’Umanità” è infatti l’ultima fatica del celebre re degli ottomila, un volume, a cura della giornalista e scrittrice Ursula Demeter, che contiene oltre 250 scatti del fotografo Georg Tappeiner.

I Monti Pallidi sono un ambiente montuoso assolutamente unico al mondo, e proprio in virtù di questa peculiarità morfologica e geologica sono diventati, il 26 giugno 2009, patrimonio dell’Unesco. A distanza di un anno esce in libreria un’opera interamente dedicata a queste montagne delle Alpi Orientali, un volume che porta la firma di uno dei più celebri abitanti di queste terre.

Messner coordina l’edizione, contenente il contributo di diversi autori, e guida il lettore alla scoperta delle splendide montagne e vallate che si estendono dalla Val Pusteria all’Isarco, dal Brenta al Cadore. Oltre alle cime, che sono naturali protagoniste del volume, si parla di fauna, flora, antiche tradizioni locali, turismo e storia dell’alpinismo, che sulle Dolomiti ha scritto alcune delle sue pagine più importanti.

Titolo: “Dolomiti patrimonio dell’umanità”
Aurtori: Reinhold Messner – a cura di Ursula Demeter – Fotografie di Georg Tappeiner
Casa editrice: Mondadori
Pp. 288 – Illustrazioni 250 a colori
Prezzo: 49,90


Mauro Calibani su Urban Cowboy - Pietra del Toro


Mauro Calibani su Urban Cowboy - Pietra del Toro
Foto Emiliano Montanaro



Boulder WC 2010 report #6 - Sheffield


Boulder WC 2010 report #5 - Eindhoven


Boulder WC 2010 report #4 - Moscow


Boulder WC 2010 report #3 - Vail


Boulder WC report # 2 - Vienna


Boulder WC 2010 report #1 - Greifensee


nord e sud senza ossigeno: Gnaro nella storia

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LHASA, Tibet -- E' il secondo europeo dopo trent'anni a salire l'Everest da entrambi i versanti senza ossigeno. Soltanto otto persone al mondo sono state capaci di tanto. Silvio Mondinelli, con la recente salita all'Everest, è entrato nuovamente nella storia. Ma dal campo base, l'alpinista afferma: "Ce l'abbiamo fatta perchè siamo sempre rimasti uniti. Ci siamo aspettati e siamo arrivati in vetta tutti insieme, lasciando gli ultimi metri a Michelino e Marco che salivano per la prima volta. Anche Gerlinde è stata importante: non potevamo mica mollare se lei andava avanti!!". Ecco racconti e commenti nell'intervista di Montagna.tv.

Mondinelli, un commento a caldo...
Siamo uno squadrone: vecchi e giovani, tutti insieme sulla cima. Adesso siamo al campo base, stiamo tutti bene e siamo contenti. C'è chi ha già fatto la doccia chi ha bevuto l'acqua minerale, chi si sta rimettendo in ordine e facendo la barba... Ne hai bisogno perchè quando torni dalla cima non sai più chi sei, un po' per la quota un po' perchè non mangi e bevi da giorni.

Come è andata la salita?
E' stata dura. Salendo, a campo 3 abbiamo dormito in una tenda tutta rotta con i paletti fatti da bastoncini da sci. Il tempo poi era piuttosto brutto, ma per fortuna la temperatura era abbastanza alta e non faceva troppo freddo. C'era la spedizione di Kari Kobler che andava in cima e così abbiamo tentato. E' andata bene.

Dura, ma da campo 3 scrivevi che mangiando una mela ti sentivi in paradiso...
Sì... che dire. Sono le piccole cose che fanno bella la vita. A noi non servono Ferrari e Yacht...

Siete arrivati in vetta tutti insieme?
Sì è stata la cosa più bella. Ci siamo sempre aspettati e siamo saliti tutti insieme. Gli ultimi metri abbiamo mandato avanti Michelino e Marco, che erano giovani e l'Everest non l'avevano mai salito. Per loro è stato speciale. Peccato che era brutto e abbiamo fotografato solo 4 bandierine in terra, sulla cima. Ma va bene così.

Con voi c'era anche Gerlinde Kaltenbrunner?
Sì, è davvero una macchina da guerra. E' stata fortunata a trovare noi, se no era da sola, e noi a trovare lei: la sua presenza ci ha anche spronato. Quand'era più dura, magari pensavi di mollare poi dicevi: e no, non posso mica mollare, c'è una donna con noi! Scherzo. Però insomma siamo stati fortunati, anche se la discesa non è stata bella.

Problemi?
Ci sono stati brutti momenti nello scendere. Abbiamo trovato un'ora di bufera fortissima e, insomma, quando non hai più energia è difficile. Però siamo sempre stati uniti. Abele, il saggio, che ci ha tenuto calmi due mesi, prima di partire da campo 3 ha detto: "se stiamo vicini portiamo casa la cima". Così facendo abbiamo salvato anche la pelle. Ma sai cosa c'è di brutto? Che abbiamo già dimenticato le fatiche...

Quindi pronti per un'altra cima?
Eh sì... te le dimentichi così in fretta che poi sei subito pronto per ripartire, anche se il fisico è provato. In cima ti abbracci, piangi e non t'interessa niente del resto. Adesso non so cosa farà Abele, aveva in programma di andare all'Annapurna... se va ha proprio una bella testa, una gran voglia, perchè dopo due mesi qui, non è facile tentare un altro ottomila.

Sai che con la salita di ieri sei entrato nella storia? Solo otto persone sono salite da entrambi i lati dell'Everest senza ossigeno.
Davvero? Non lo sapevo nemmeno... comuque, record o non record, credo che siamo una combriccola di umili e questa è la cosa più bella. Senza inventare tante storie, l'altra notte siamo partiti che era brutto. Era un po' di giorni che c'era quasi la testa di mollare, l'attesa è stata lunga. Ma abbiamo tenuto duro pensando che fosse da stupidi tornare a casa dopo due mesi passati ad aspettare il bel tempo.

E ci siete riusciti...
Abbiamo avuto fortuna, perchè non era freddo, poi anche preparazione, testa, ma siamo sempre stati umili. Non abbiamo chiacchierato ma fatto i fatti. Andare in cima all'Everest senza ossigeno non è una cosa facile, ci vogliono tante componenti. C'era una banda di valdostani che stava facendo il giro del Kailash tra cui la moglie del Marco, sai che strisciano per terra per pregare. Gli abbiamo detto di strisciare due volte al giorno per noi, forse è anche merito loro...

E' molto discussa la salita in vetta del 13enne, Jordan Romero. Tu che hai un figlio di quell'età cosa ne pensi?
C'era anche Marc Batard che tentava il record in non so quante ore, ma è tornato indietro. Il ragazzino non l'ho incontrato, ma ho già detto a mio figlio che se fa l'alpinista mi sente... No seriamente. In generale, credo che i record siano anche belli perchè innalzano il livello e le persone. Ma un bambino di 13 anni in cima all'Everest... Non so che cosa voglia dire. Non mi interesserebbe proprio che mio figlio ci arrivasse, soprattutto per un motivo così.

Il record?
Sì, la montagna non è solo record: è bello salire, fare foto, stare con gli amici. Non è una competizione in pista. E' anche rispettare delle regole, preoccuparsi dell'ambiente, saper gestire il fisico. Allora sì è una bella esperienza. Guarda Abele: poteva andare all'Annapurna dove tutti finivano i 14 ottomila e invece ha voluto tornare qua e non usare l'ossigeno. E' da ammirare. Lui ha portato Marco e io Michelino... o Michelino ha portato me, non so bene come è andata. Comunque c'è da ringraziare tante persone, a partire da Kari Kobler che ci ha aiutato in questo periodo, ci ha fatto le previsioni e ci ha ospitato nelle sue tende. C'è un lavoro di tantissime persone anche di chi ci hanno dato i soldi, non mi piace dire sponsor, è gente che ci ha aiutato ad andare in cima, senza di loro non saremmo stati qui.


La notizia del record di Mondinelli arriva dagli archivi di Eberhard Jurgalski, che ha ricostruito la storia degli uomini che hanno salito Everest da nord e sud senza ossigeno. Il primo è stato Messner, salito da Sud nel 1978 e da Nord nel 1980. Poi ci sono stati l'australiano Timothy Macartney-Snape, i nepalesi Ang Rita Sherpa e Lhakpa Dorje III, il kazako Anatolii Boukreev, l'americano Ed Viesturs e l'ecuadoreno Ivan Vallejo.